Diari

Un viaggio lungo le Alpi (parte 6)

Aosta-Briga, Colle del Gran San Bernardo, 2743 metri

Dopo aver passato una bella giornata a zonzo nella Valle d’Aosta, sono pronto a riprendere il mio viaggio. Oggi raggiungerò il punto di partenza in auto, infatti il mio amico Max, essendo di strada, si è offerto di darmi un passaggio fino a Variney – Chez Roncoz: è qui che inizierà la mia ascesa al Gran San Bernardo.

Accostiamo in una piazzola, siamo a due passi dal centro di Aosta; il tempo è abbastanza buono, purtroppo però sono ben consapevole che non sarà così fin su al valico: le previsioni di questa mattina non lasciavano spazio ad interpretazione alcuna. Non appena inizio a pedalare incontro un vento abbastanza forte che rallenta un po’ il mio passo, ma, tutto sommato, si riesce a salire senza troppi affanni.

La parte iniziale scorre tranquilla tra i bei panorami offerti da queste splendida valle, è sabato mattina ed il traffico è decisamente sostenuto, soprattutto quello proveniente dalla Svizzera, ma non mi crea particolare disagio.

Percorsi una quindicina di chilometri in tutta tranquillità e superati i pittoreschi centri abitati di Condemine, Echevennoz, Saint-Oyen, giungo in prossimità della località turistica di Crevacol e di alcuni altri centri abitati, davanti a me una splendida visuale dell’alta valle ed un ampio svincolo, qui la strada principale prosegue diritta dando inizio, poco più avanti, all’imbocco del traforo del Gran San Bernardo.

Ovviamente il transito di biciclette nel traforo è vietato, quindi bisogna abbandonare l’arteria e svoltare a destra, per risalire la vecchia strada che porta allo storico valico. Percorrendo questa via incontro due primi tornanti, al termine dei quali mi fermo per fare una breve sosta ed una telefonata, in questo momento c’è un bel sole caldo ma i nuvoloni a monte non fanno ben sperare.

Poco più avanti incontro altri due tornanti che attraversano il piccolo centro di Saint Rhemy, l’aria cambia rapidamente ed il tempo comincia ad essere un po’ più capriccioso, le nuvole ora coprono il sole, l’aria è abbastanza pungente e di tanto in tanto avverto anche qualche goccia.
Oramai è chiaro che su troverò un tempaccio a farmi compagnia, ma senza abbattermi troppo continuo la mia ascesa, ho fatto così tanta strada per arrivare fin qui e non sarà di certo un po’ di cattivo tempo a fermarmi.

Il paesaggio intorno è comunque molto suggestivo e lo si può apprezzare malgrado le nuvole incombenti inizino a coprire gradualmente le vette intorno a me; continuando si incontra un altro tornante molto ampio, dopo il quale ha inizio una bella e dura salita avvolta da alte conifere.

La salita termina con un secondo tornante a destra superato il quale si inizia a costeggiare, dal basso, la strada del traforo per poi affiancarla poco più avanti in uno scenario un po’ contrastante: da una parte la vecchia strada che risale discreta i declivi della montagna mentre dall’altra, alla mia destra, quella più moderna del traforo, rinchiusa in una struttura che pare essere più una lunga serie di serrande di garage.

Finalmente lo stradone vira bruscamente a destra per poi sparire, dopo qualche centinaio di metri, nel ventre della montagna, ora rimane solo il bello del paesaggio; davanti a me in tutta la sua imponenza si staglia la parte alta del massiccio, che si perde alla vista tra cupi nuvoloni, più in basso la strada che audace risale i pendii in due tornanti, un primo sulla destra ed un secondo, invece, a sinistra, per poi scollinare in alto, di nuovo a destra, ed entrare nell’ultimo tratto di salita.

Da una parte questo maltempo un po’ mi demoralizza e si fanno strada nella mia mente molti dubbi, ma dall’altra ne sono anche molto affascinato: in questo momento so per certo che sarà un passaggio molto duro del mio viaggio e che mi metterà a dura prova, ma sono più che deciso nel portare a termine anche questa giornata.

Mi armo di tanto coraggio e continuo per la mia strada, nonostante tutto apprezzo profondamente questo momento di solitudine, di intimità con la natura selvaggia che mi circonda e nella mia mente inizio a canticchiare uno splendido pezzo di Eddie Vedder: Society.
Le condizioni del tempo continuano a peggiorare con l’aumentare di quota, il vento è sempre più forte e trasporta con sé del nevischio che si infila nei miei occhi, aggiungendo ulteriore disagio.

Anche il traffico veicolare è sempre più scarso, non che ce ne sia stato molto negli ultimi chilometri. Alcune macchine mi passano accanto e posso vedere i volti dei passeggeri che mi guardano con uno sguardo interrogativo, come a dire “questo è scemo”, ma io oggi devo arrivare a Briga e basta.

Man mano che mi avvicino alla cima realizzo che il peggio deve ancora arrivare: già ora ho tanto freddo, figuriamoci durante la lunga discesa!
Valicato un primo colle si affrontano gli ultimi spettacolari chilometri di strada tra una serie di tornanti, ponti in pietra e numerosi pascoli, il tutto sotto la severa presenza di imponenti e slanciate guglie rocciose che solitarie si innalzano verso l’alto, mi sento così piccolo in questo momento!

A volte capita però che il brutto tempo, e tutto ciò che ne consegue, passino in secondo piano e l’immensa bellezza della natura con le sue meraviglie riesca perfino a mutare uno stato d’animo negativo; l’angoscia ed il freddo svaniscono e, per un attimo, vivo un momento di distensione che mi accompagna negli ultimissimi metri che mi separano dal valico.

Dopo questa bella risalita al fresco arrivo su, al Colle del Gran San Bernardo; la visibilità è veramente molto bassa, il lago si vede a tratti, come tutto il resto intorno a me; il cartello per la foto però riesco a vederlo; oltrepasso la dogana, solo ora si intravede la sagoma dell’Hospice du Grand-St-Bernard. Il valico del colle del Gran San Bernardo ha una storia millenaria, è sempre stato un importante punto di comunicazione tra Italia e Francia, già conosciuto dai romani, che qui avevano anche eretto un monumento al dio Giove Pennino. Intorno all’anno Mille venne anche edificato, ad opera di San Bernardo, l’ospizio per offrire ricovero ai viandanti e pellegrini che percorrevano quegli impervi sentieri di montagna, il valico è un passaggio della Via Francigena.

Mentre costeggio il lago sono avvolto in un’atmosfera surreale, che alimenta un turbinio di forti emozioni contrastanti tra loro, l’eccitazione per essere arrivato in cima si contrappone ad un forte senso di inquietudine e di spaesamento, complici anche questa fitta nebbia ed il freddo inatteso, la temperatura infatti è scesa a zero gradi e non ne ero propriamente preparato.

Ho freddo e non ho più nulla da indossare, ho già tutto addosso, devo tenere duro un po’ finché non sarò a valle, la discesa in queste condizioni sarà ostica. Intanto, mentre volo verso valle, il nevischio diventa fitta pioggia, così, almeno, per oggi le avrò provate tutte.

Arrivo finalmente a valle e mi fermo poco prima dell’abitato di Orsières, tra due ampissimi tornanti che accompagnano al paese; tra i grigi nuvoloni è spuntato un po’ di sole e approfitto di questa breve tregua per scaldarmi un attimo, ho mani e piedi intirizziti, ma non mi faccio troppe illusioni in quanto il cielo è bruttissimo e non fa ben sperare.

Riprendo il mio viaggio in direzione della cittadina di Martigny, come immaginavo la pioggia non tarda ad arrivare, quello che non mi aspettavo però, era la sua intensità, viene giù un acquazzone tremendo ed il morale mi cade sotto i piedi, fortuna che la mantellina mi tiene asciutto… con quello che mi è costata!
Continuo pesante nel mio tragitto e proprio all’ingresso di Martigny la pioggia cessa, anche il cielo sembra decisamente migliore, e meno male visto che mi mancano ancora molti chilometri di strada per arrivare a Briga.

Lentamente attraverso buona parte della cittadina elvetica prima di ritrovarmi su di un grande stradone, che solca la valle costeggiando il fiume Rodano, da qui si percorre un lungo tratto ad una velocità decisamente più sostenuta grazie anche alla larga sede stradale che ospita ai suoi lati due comode corsie per bici. Lo scenario è quello tipico di una grande vallata, caratterizzata da numerosissimi vigneti sia nella piana che sulle pendici dei monti, alla mia sinistra corrono i monti delle Alpi Bernesi, mentre a destra quelli delle Alpi Pennine, che cederanno il passo alle Alpi Lepontine proprio a ridosso del territorio di Briga.

Essendo un amante delle salite trovo poco entusiasmante questa parte del viaggio, una veloce e monotona pedalata nel fondovalle, fortuna che di tanto in tanto ci sono dei tratti di strada interdetti alle biciclette che obbligano a deviazioni più panoramiche, tra minuscoli paesini inerpicati sui fianchi delle montagne.

È più o meno ora di pranzo quando mi ritrovo ad attraversare la città di Sion, capoluogo del Canton Vallese, approfitto per una bella pausa pranzo in un locale incontrato sulla strada, prima di affrontare l’ultima parte della tappa.

Da Sion sono una cinquantina ancora i chilometri da percorrere prima di arrivare a Briga, dove avrei voluto chiudere la giornata con la scalata del passo del Sempione, ma, ahimè, non me la sono sentita di intraprendere questi ultimi chilometri in quanto un deciso e costante vento contrario ha decimato le mie forze.

Come alternativa decido di fare un bel giro per il centro. In tutta tranquillità trascorro un’oretta a visitare la cittadina, finché non decido che è ora di andare in hotel, quindi cerco sulla cartina e vedo che è a soli quattro chilometri dal centro, nessun problema, se non fosse che l’albergo si trova in cima ad una salita, tutta tra il dieci ed il dodici per cento, non male per chiudere la giornata!

L’hotel non è niente di eccezionale, ma il personale è molto gentile e disponibile, la cucina per questa sera è chiusa a causa di una manifestazione teatrale all’interno del locale, ma viste le circostanze il proprietario non si tira indietro e mi fa apparecchiare in un angoletto per una cena fugace. È un tipo giovanile ed atletico, quando ha saputo che ero in viaggio in bici ha voluto scambiare due chiacchiere e sapere qualcosa di più sulla mia avventura, fa sempre molto piacere ricevere l’interesse delle persone e la loro stima.
162 chilometri percorsi e 2553 metri di dislivello positivo.

Commenti

  1. Avatar Gianmaria Di Loreto ha detto:

    Buongiorno, c’è un piccolo errore proprio nelle prime righe, è 2473 metri. Ciao

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