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Ciclabili occupate e come liberarle: il caso di Brescia

Ciclabili occupate e come liberarle: il caso di Brescia

Mi chiamo Paolo Gaffurini, sono un collaboratore di Bikeitalia, da due anni e mezzo ciclista “Bike To Work” 365 giorni all’anno. Abito e lavoro a Brescia.

Brescia è conosciuta per essere la Leonessa d’Italia. I bresciani si dichiarano grandi lavoratori, sempre indaffarati tra commissioni e cose da fare. Il bresciano ama l’auto e non è un caso che la Mille Miglia, definita come la corsa automobilistica più bella del mondo, parta ed arrivi dal/nel centro storico di Brescia.

Brescia da 6 anni è governata da un’amministrazione comunale di centro-sinistra, guidata dal sindaco Emilio del Bono, al secondo mandato dopo la rielezione di Maggio 2018, che moltissimo sta investendo nel tentativo di riconversione della città a polo attrattivo turistico. Tale sviluppo ha coinvolto anche la mobilità sostenibile con grossi investimenti in ambito di Bike Sharing comunale (progetto BiciMia) e realizzazione, avvenuta e in divenire, di nuove ciclabili di stampo “nord europeo”; ciclabili ad alto scorrimento, in sede protetta che attraversando interamente la città stimolino all’utilizzo della bicicletta come mezzo alternativo all’auto di proprietà.

È stato in occasione dell’inaugurazione della nuova ciclabile che ho deciso di iniziare a battagliare in modo deciso, per quello che ritengo un sopruso che ogni giorno vivo nel mio tragitto su un’altra arteria dedicata alle due ruote.

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Il tratto più bello, funzionale e scenografico della nuova ciclabile bresciana. Un sottopasso dello svincolo della tangenziale eseguito con un efficace “ricciolo”, molto bello anche dal punto di vista “estetico”

Nel ritorno dal lavoro a casa (16 km circa tra andata e ritorno) mi trovo a transitare su una vecchia ciclabile, di quelle segnalate solo con la vernice gialla a terra, che si trova di fronte all’uscita di una scuola primaria.

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La ciclabile di Via Zadei a Brescia. In corrispondenza delle strisce pedonali c’è il cancello della scuola primaria.

Proprio in quella fascia oraria, dalle 15.50 alle 16.10 la ciclabile è perennemente occupata dalle auto in sosta selvaggia. Il problema non è da poco: se io venissi urtato da una delle auto, trovandomi con la bicicletta fuori dallo spazio dedicato, finirei per essere nel torto senza poter ottenere alcun rimborso o risarcimento (come specificato dal codice della strada).

Praticamente dall’inizio del mio Bike To Work, avevo iniziato talvolta a segnalare la cosa alla Polizia Municipale con telefonate ed email, senza notare però alcun cambiamento della situazione. Ho così deciso di filmare ogni giorno la situazione e diffondere i video sui vari social network per tentare di sensibilizzare la mia rete di amicizie e conoscenze. Grazie a questi video, con la collaborazione di Legambiente Brescia e agli Amici della Bici, il 25 Ottobre siamo riusciti ad organizzare un flash-mob di occupazione della ciclabile dove abbiamo cercato di spiegare la situazione agli automobilisti che, arrabbiati, ci accusavano di inquinare l’aria perché loro dovevano “girare” per trovare un parcheggio. Una delle motivazioni che gli automobilisti ci avevano riportato in occasione del flash-mob era quella che, in quella zona di Brescia, i parcheggi fossero impossibili da trovare e la ciclabile risultasse l’unico luogo dove poter sostare in attesa dei pargoletti. In quell’occasione ho anche avuto la conferma, che in altre zone della città, dove si trovano scuole di vario ordine e grado, in orario di ingresso ed uscita le ciclabili divengono “parcheggiabili”.

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Il flash mob del 25 Ottobre organizzato con Legambiente Brescia e Amici della Bici

Nel frattempo, le mail che avevo inviato ogni giorno dall’inizio di Ottobre a tutti gli Assessori del Comune, non avevano mai ricevuto alcuna risposta tranne quella di Roberta Morelli, Assessore con delega alle Politiche Giovanili e alle Pari Opportunità. Nella gentile risposta mi riferiva di essersi adoperata con la dirigente di quella scuola per veicolare ai genitori un messaggio educativo di “non occupazione” della ciclabile. Nel testo della email, la dottoressa Morelli sottolineava come “[…] quella è una zona ad alta concentrazione di istituti scolastici e le vie attorno sono strette e già congestionate da molte auto parcheggiate; pertanto non possiamo pensare che i genitori trovino un posto altrove, perché il posto non c’è […]”

Così, inesorabilmente e lentamente, quasi mi stavo convincendo che tutte queste persone avessero ragione; se i posti non ci sono, la mia proposta estrema al comune di togliere la ciclabile per uscire da questo assurdo controsenso di occupazione illecita ma tacitamente permessa, era l’unica via davvero percorribile. Prima di darmi per vinto però, ispirato dai miei colleghi di Bikeitalia e dal corso “Realizzare la Città delle Biciclette” ho voluto applicare un approccio scientifico al problema, verificando davvero e non sulla base di luoghi comuni, la situazione di persona, prima usando le immagini di Google Maps e poi con un’osservazione più attenta durante il mio transito.

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La situazione vista da Google Maps. Il punto giallo al centro è la scuola con la ciclabile incriminata. In azzurro i potenziali parcheggi nelle vicinanze.

Come ben visibile dall’immagine, negli spazi azzurri ci sono parcheggi abbastanza ampi per poter accogliere numerose auto. Il raggio di 300 metri permetterebbe ai genitori di raggiungere la scuola a piedi, in un tempo ragionevole di circa 5 minuti. E garantirebbe ai bambini di svolgere un minimo di attività fisica giornaliera, altro argomento ampiamente discusso sulle pagine di Bikeitalia.

Nei video che seguono si può osservare la situazione reale delle zone indicate nella mappa con la freccia verde, a conferma che il problema della mancanza di parcheggi sia una totale mistificazione della realtà.

Io quindi non smetterò di segnalare in maniera puntuale precisa l’occupazione della ciclabile; trovo insensato che nella mia città, un’amministrazione comunale da me pure fortemente sostenuta, da un lato mostri notevoli passi avanti verso una mobilità dolce e sostenibile e dall’altro lasci al degrado tratti, magari secondari di rete ciclabile, ma che darebbero un senso ad una pianificazione urbana di collegamento delle arterie principali dedicate alle due ruote.

Soprattutto in un momento storico dove l’inquinamento non può più essere ignorato e siamo chiamati ad azioni concrete per migliorare la qualità dell’ambiente nel quale viviamo. È scomodo, richiede pazienza e costanza, ma se tutti i ciclisti facessero la stessa cosa, segnalando, inviando email e telefonate alle forze dell’ordine, invece che passare e scuotere la testa, penso che i problemi potrebbero essere risolti molto più rapidamente.

È fondamentale fare massa critica perché le Amministrazioni, in quel caso, non potrebbero più fingere di ignorarci o fornire risposte evasive e scontate alle richieste dei ciclisti, soprattutto di coloro che interpretano la bici quale mezzo di spostamento alternativo all’auto, ancor prima che strumento di svago domenicale.

Commenti

  1. simone flegoni ha detto:

    Ciao Paolo sono anch’io di Brescia ed anch’io come te vado al lavoro in bici ( circa 20 km al giorno ). Io mi muovo verso sud però, direzione Folzano. Sposo in pieno la tua battaglia, anzi mi piacerebbe aiutarti e collaborare ( ho appena terminato un corso presso l’università di Verona, sulla promozione della mobilità ciclistica ). La situazione a Brescia 2 e verso Folzano non ha picchi così estremi come il caso di via Zadei ma è comunque fortemente complicata. Tuttavia temo che si rischi, con questo tipo di proteste, di creare una bolla, uno scontro dove noi ciclisti siamo destinati alla minoranza. E’ assodato che l’amministrazione sia sulla giusta strada tanto quanto la maggioranza degli automobilisti consideri il ciclista una scocciatura. C’è bisogno di un vero e proprio cambio di cultura, ma condiviso. C’è da fare un gran lavoro di comunicazione . Purtroppo nel caso esempio di via Zadei, come in altri casi, nessun cambiamento, se non condiviso, sarà destinato ad essere longevo nel tempo.

    1. paolo gaffurini ha detto:

      Ciao Simone, grazie per i complimenti. Dobbiamo tutti imparare a telefonare ai vigili e mandare delle email di segnalazione, cortesi ma precise e vedrai che piano piano (come forse avrai sentito nell’ultima settimana) le acque si smuovono anche a Brescia.

  2. Francesco ha detto:

    Lavoro di documentazione e impegno sociale, ben coordinato, certamente lodevoli, da parte di un cittadino dotato di senso civico e che, come me, ha una spiccata e doverosa sensibilità ambientale, consapevole dei gravi problemi di inquinamento e consumo eccessivo di suolo dei mezzi motorizzati inquinanti (diffusissimi in tutta la pianura padana).

    La congestione del traffico dei veicoli circolanti e la saturazione degli spazi urbani delle altre tantissime auto parcheggiate ovunque, rendono proibitivo lo sviluppo ecosostenibile, efficace efficiente e sicuro della mobilità dolce. Io, lo preciso, abito fra la provincia di Venezia e Treviso.
    In vaste aree dell’Italia settentrionale la situazione è analoga, spostandomi di frequente nel lombardo-veneto ogni volta che sono in bici mi informo, anche preventivamente, sulla situazione comunale pertinente in cui mi troverò a circolare. In questi casi emergono sempre dei problemi di finanziamento,di politiche conflittuali sui lavori infrastrutturali e problemi burocratici e normativi in genere che rallentano o rinviano i lavori per ogni opera benefica e utile, come ciclabili dedicate e complete, o introduzione di più mezzi pubblici moderni a emissioni inquinanti zero.

    Non risiedo, come già specificato, vicino a Brescia, ma ringrazio comunque questo concittadino italiano per il suo atto meritorio e le informazioni contestuali portate all’attenzione del suo comune e di tutti noi.

    1. paolo gaffurini ha detto:

      Grazie mille del commento Francesco. Piano piano, anche con l’aiuto di associazioni come Legaambiente, stiamo smuovendo qualcosa. Dobbiamo fare tutti il nostro dovere e vedrai che le cose piano piano cambieranno.

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