Mobilità

Coronavirus: nel mondo aumenta l’uso della bicicletta

Coronavirus: nel mondo aumenta l’uso della bicicletta

In molte grandi città del mondo l’aumento dell’uso della bicicletta durante l’epidemia globale di Coronavirus è una realtà: New York, Città del Messico e Bogotà rappresentano soltanto alcuni esempi di popolosi agglomerati urbani dove moltissime persone per evitare i mezzi affollati del trasporto pubblico hanno scelto la bicicletta come mezzo di spostamento individuale che minimizza il rischio di contagio.

New York, Riverside Park

Questo massiccio aumento di ciclisti urbani “per necessità” e “non abituali”, come riporta Forbes, ha messo in evidenza le mancanze di sistemi di mobilità pensati e realizzati a misura delle quattro ruote di un’automobile e non delle due di una bicicletta: Bogotà ha introdotto 100 chilometri di piste ciclabili “temporanee” per favorire gli spostamenti a pedali; Città del Messico sta valutando di quadruplicare la propria rete di piste ciclabili.

Il tema non riguarda soltanto l’emergenza di questo “durante epidemia Coronavirus”, ma soprattutto la grande sfida collegata con il post-emergenza. Lo sottolinea il produttore televisivo di Brooklyn Doug Gordon – uno dei tre conduttori del podcast di The War on Cars – che prevede a New York l’aumento più imponente di ciclismo urbano di sempre e chiede che le piste ciclabili temporanee vengano rese permanenti e vanno fatti tutti gli sforzi possibili perché lo spazio riconquistato dalle bici, una volta ritornati alla normalità, non venga destinata nuovamente alle auto.

C’è una questione “tempo” che non va sottovalutata: le città deserte di questi giorni, con le strade che sembrano set delle pubblicità dell’automotive dove non esiste traffico né inquinamento, stanno dimostrando che lo spazio urbano destinato al traffico motorizzato che produce inquinamento – cosa che avveniva fino a poche settimane fa – è stato saturato di automobili e ha modificato radicalmente l’assetto urbano delle grandi città.

Destinare una fetta di questo “spazio liberato” a interventi di urbanismo tattico a favore della bici che possano poi essere resi permanenti quando la situazione sarà tornata alla normalità rappresenta anche un investimento per il futuro, non solo dal punto di vista economico ma anche da quello sanitario.

Non a caso l’accademica statunitense per la salute pubblica Anne Lusk il 14 marzo scorso ha scritto sul British Medical Journal esortando i governi di tutto il mondo a “sostenere le nuove infrastrutture ciclistiche che affrontano alcuni dei maggiori problemi al mondo” come appunto “la sicurezza pubblica, la salute, lo sviluppo economico, l’equità e i cambiamenti climatici”.

Intanto l’ECF (European Cyclists’ Federation) da quando è cominciata l’emergenza Coronavirus sostiene che pedalare – rispettando le regole e le direttive che ciascun Paese ha dato – può essere fatto in sicurezza rispettando le distanze e utilizzando alcuni semplici accorgimenti.

Attualmente le misure per contenere la diffusione del Coronavirus stanno, però, di fatto limitando in molti Paesi anche la pratica della bicicletta e i numerosi benefici di salute e sociali connessi: la bicicletta resta comunque il mezzo più sicuro per spostarsi in città per evitare di entrare in contatto con gli altri a patto di mantenere una distanza di sicurezza.

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