L’Italia potrebbe diventare una delle mete cicloturistiche più importanti del mondo. Oltre al patrimonio culturale, storico e naturalistico, è dotata infatti di un potenziale ancora in buona parte inespresso: la rete delle ferrovie dismesse.
Ci sono infatti 5.000 km di sedimi ferroviari a disposizione da cui sarebbe possibile ricavare piste ciclabili (fonte FIAB-Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta). Di questi 5.000, attualmente solo 1.000 sono stati convertiti in ciclovie, con interventi di recupero che hanno portato concreti benefici all’economia dei territori. Si noti che queste soluzioni non sempre sono realizzabili, ma sono auspicabili quando recuperare le ex ferrovie con nuovi interventi destinati alla mobilità su ferro non è possibile.


Nel 2010 FIAB-Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta ha realizzato una prima indagine dal titolo Dalle rotaie alle bici per raccontare la situazione. La ricerca serviva inoltre come strumento per promuovere presso gli amministratori la riconversione di queste tratte in percorsi dedicati al turismo lento.
Dopo 10 anni si fotografa il nuovo stato dell’arte delle ferrovie dismesse e si scopre che, per fortuna, non si è rimasti fermi. Infatti, sono stati realizzati altri 360 chilometri di ciclabili che si vanno a sommare ai 640 presenti già nel 2010.
Come spesso accade, non tutte le regioni italiane si muovono alla stessa velocità, ci sono alcune situazioni virtuose altre meno. La regina, per chilometri realizzati è il Veneto che ha realizzato 165,5 km e ha creato le molto amate tratte Treviso-Colzé, lungo la ciclovia Treviso-Ostiglia, e la Calalzo-Cimabanche lungo la montana Calalzo-Cortina-Dobbiaco (al momento parzialmente danneggiata dalla tempesta Vaia). Fanno altrettanto bene Emilia Romagna (132,2 km realizzati) e Lombardia (121,3 km). Menzioni d’onore per Umbria, Basilicata e Abruzzo, non tanto per i chilometri realizzati, quanto per il dinamismo e la capacità di integrare e sviluppare questi percorsi in una più ampia politica di promozione del turismo in bicicletta.
Insieme ad Antonio Dalla Venezia (coordinatore regionale di FIAB Veneto e presidente del comitato tecnico scientifico Bicitalia.org) che ha supervisionato la ricerca, vogliamo approfondire il tema della ricaduta, non solo economica, sul territorio.


Dalla Venezia spiega a Bikeitalia che la ricaduta sul territorio dipende da molti fattori. Tra questi, la lunghezza del recupero (quanti chilometri, in pratica, sono stati realizzati) oppure il fatto che la pista sia parte di un itinerario più lungo in grado di attirare molte più persone. Inoltre, a decretare il successo di un itinerario, è anche la raggiungibilità: un vantaggio si ha ad esempio quando le ferrovie recuperate sono varianti di tracciato, la cui accessibilità è garantita dalla nuova linea ferroviaria che transita nei pressi. Ed ancora, lo stato di manutenzione: la qualità e la fruibilità della ciclabile sono determinate anche dalla continua manutenzione. Laddove non venga effettuata, l’infrastruttura si deteriora e perde appeal (come purtroppo succede in Sicilia lungo la Godrano – Ficuzza – San Carlo, in provincia di Palermo).
A contribuire al valore di una pista ciclabile, infine, ci sono i servizi essenziali per chi si muove in bicicletta. La presenza di ristori, meccanici, alloggi e negozi di prima necessità sono fattori che incidono sul potenziale successo di una tratta.
Quali sono le ciclabili su ex ferrovia che hanno maggior successo?
In termini di presenze e di effetti economici, Dalla Venezia ci segnala in particolare due percorsi che hanno valorizzato il territorio e sono stati in grado di attirare moltissimi cicloturisti.
In Friuli Venezia-Giulia la Tarvisio-Venzone-Gemona, che è una variante di tracciato della ferrovia Tricesimo-Austria, lunga circa 60 km. Si tratta di un’opera di pregio che si avvale di un efficiente servizio di intermodalità treno+bici sia da Udine che da Trieste, che mette a disposizione centinaia di posti bici ogni giorno sui diversi treni. Oltre al tracciato sono state recuperate due stazioni ferroviarie, quella di Ugovizza, che oggi ospita un punto di ristoro per cicloturisti con bar, servizi, aree verdi e giochi per i bambini, e quella di Chiusaforte. Quest’ultima costituisce un vero e proprio punto d’appoggio per i ciclisti, infatti oltre al punto ristoro, ospita delle camere, una sala relax con biblioteca, un ufficio informazioni oltre al noleggio e al servizio di riparazione.


In Liguria un caso di eccellenza è la Ospedaletti-Sanremo-San Lorenzo al Mare. Ogni anno vi transitano più di 1 milione di persone e in pochi anni sono sorte molte attività imprenditoriali come bar, b&b, noleggi bici e si sono attivati servizi di ciclo-guide turistiche. La struttura costituisce in sé un’attrazione, perché si tratta di una pista affacciata sul mare larga circa 4 metri a cui si aggiungono altri 2 metri per i pedoni.


È evidente che le conseguenze positive generate dalla trasformazione delle tratte di ferrovie dismesse in piste ciclabili sono molte. Con questi recuperi si favorisce la valorizzazione, ad esempio, di territori meno frequentati come alcune località di montagna. Inoltre si immette nuova linfa nelle economie locali e si stimola la creazione di nuove attività. Non da ultimo, si tratta di un valido contributo alla promozione del cicloturismo e delle vacanze sostenibili.
“Una tratta di ferrovia dismessa rinata e convertita il percorso cicloturistico, diventa già da sola un’attrazione verso quel territorio”, conclude Antonio Dalla Venezia che aggiunge: “L’appetibilità e il fascino che regala un percorso di questo tipo è ampiamente superiore a una normale ciclovia, perché significa pedalare nella memoria e godere di emozioni diverse”.
??? E la Sardegna???
Almeno una volta alla settimana percorro la ciclabile che da Sant’Antioco Ponti porta verso Carbonia, pista che corre su un vecchio tracciato ferroviario importantissimo ai suoi tempi in quanto permetteva il trasporto del carbone dalla grande miniera di Serbariu al porto di Sant’Antioco, dove veniva caricato su grosse navi per poi venire trasportato verso il continente, tra l’altro fu il primo tracciato a doppio binario in Sardegna… tracciato che come da progetti, da un ramo, partendo da Carbonia, dovrà proseguire verso Iglesias ancora per altri 25 km circa, e dall’altro, partendo dal punto di interscambio di San Giovanni Suergiu, raggiungere Siliqua attraversando diversi centri del sulcis, in parte già fruibile, vedi nel territorio di Tratalias… il tutto dovrebbe svilupparsi per oltre 120 km. Aggiungo, da Sant’antioco verso Calasetta, capolinea della rete ferroviaria, in parte è stata realizzata una ciclabile in sterile rullato, fruibile quindi da mtb o bici da trekking, capolinea da cui col traghetto in 30 minuti si può raggiungere Carloforte, nell’isola di San Pietro. Altra ciclabile della zona, anche se non su tracciati ferroviari, è quella che dalla cittadina di Sant’Anna Arresi porta alla splendida spiaggia di Porto Pino…
Ora, credo che anche in altre realtà sarde, oltre alla mia zona, si stia puntando sulla mobilità ciclabile, sicuramente con altri tracciati già costruiti, purtroppo non sono in grado di quantificare il tutto in km, ma credo che anche la Sardegna debba essere annoverata tra le regioni fruibili dal punto di vista della mobilità ciclistica.