Pedalata rotonda: tutta la verità

Quando si parla di bike fit e biomeccanica, spesso l’accento si pone sulla “pedalata rotonda”, un gesto atletico perfetto, in cui le forze sono equamente distribuite. Si dice che Miguel Indurain padroneggiasse perfettamente questa tecnica e che ciò gli abbia consentito di fare ciò che ha fatto. Il gesto della pedalata rotonda viene insegnato da schiere di preparatori ai ragazzi sin dalla più tenera età. Ma cosa c’è di vero dietro al mito? Ha senso imparare a pedalare “rotondi”? Abbiamo deciso di scoprirlo, effettuando dei test scientifici, e questo è ciò che è emerso.

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Indice
Cos’è la pedalata rotonda
Come abbiamo condotto il test
Pedalata rotonda vs pedalata “standard”
Risultati del test
Imparare la pedalata rotonda
Concludendo

Cos’è la pedalata rotonda


Semplificando, possiamo suddividere la dinamica di pedalata in quattro fasi:
Fase 1: è la fase di maggior spinta e corrisponde alla pedivella orizzontale al terreno, dove si attivano i muscoli del quadricipite (retto femorale e i vasti);
Fase 2: è il momento in cui si estende maggiormente la gamba per passare per il punto morto inferiore, attivando i muscoli flessori di ginocchio (bicipite femorale, semimebranoso e semitendinoso);
Fase 3: è una fase di trazione, in cui il pedale viene “tirato” verso l’alto;
Fase 4: passaggio per il punto morto superiore e preparazione alla fase di spinta successiva, con passaggio di attivazione dal bicipite al quadricipite femorale.

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La continua alternanza di spinta-trazione determina un’oscillazione della potenza che ha un andamento a sinusoide,, con cicli di picco di potenza alternati a fasi di scarsa propulsione sul pedale. In tutte queste fasi il piede accompagna il pedale (che assume diverse inclinazioni) con movimenti di flessione plantare e dorsiflessione, attivando i muscoli del tibiale anteriore e del polpaccio (gastrocnemio e soleo in primis).

La teoria della pedalata rotonda afferma che se il ciclista è in grado di coordinare i movimenti del piede con le fasi della pedalata e di gestire al meglio la contrazione dei muscoli interessati, si ottengano benefici in termini di potenza espressa, di efficienza di pedalata e di miglior risparmio energetico.

Come abbiamo condotto il test


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Per analizzare nel dettaglio la reale potenzialità della pedalata rotonda, insieme a me, erano presenti Giuliano Martiniani, fisioterapista e consulente bike fit e Paolo Gaffurini, membro dello staff dei corsi di formazione in biomeccanica.

In laboratorio, abbiamo simulato una pedalata “standard” e una invece controllata con movimenti del piede e attivazioni muscolari, analizzando il tutto con l’ausilio di:
Elettromiografia di superficie: rileva il potenziale d’azione (cioè il segnale elettrico) della contrazione muscolare. Permette di capire quanto lavora un muscolo e con che intensità;
Sensore di potenza: per determinare i watt sprigionati sui pedali;
Sensore di dinamica di pedalata: permette di comprendere come viene distribuita la potenza nell’arco di pedalata e in tutte le quattro fasi, oltre a valutare singolarmente il lavoro di ciascun piede;
Analisi video: per analizzare i movimenti del piede nel ciclo di pedalata.

Pedalata rotonda vs pedalata “standard”


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Abbiamo così messo a confronto la pedalata rotonda con un tipo di pedalata più diffusa, detta “standard” o “a stantuffo”, ovvero dove il ciclista predilige e si cura solo della fase di spinta, senza controllare i movimenti delle restanti fasi.
I risultati sono stati i seguenti:

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Efficienza biomeccanica: è la misura di quanto sia effettivamente produttivo uno stile di pedalata rispetto a un altro. In sostanza abbiamo valutato quanti watt sono stati prodotti per ogni millivolt di contrazione muscolare. Il risultato è stato di 250 watt/mV per la pedalata rotonda e di 125 watt/mV per la pedalata “standard”. Significa che con lo stesso grado di contrazione e di sforzo muscolare, una pedalata rotonda è in grado di produrre il doppio della potenza;

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Potenza espressa: quanto è possibile sprigionare, in un singolo “giro” di pedale, con entrambi gli stili di pedalata? Con la pedalata rotonda la potenza generata è stata di 65watt mentre con quella “standard” è stato possibile sprigionare 45watt;
Attivazioni muscolari: il lavoro dei muscoli della gamba cambia notevolmente a seconda dello stile di pedalata scelto.

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I muscoli del quadricipite (in particolare il retto femorale) nella pedalata “standard” ha un picco nella pura fase di spinta (pedivella orizzontale) e poi non lavora, nella pedalata rotonda cambia la sua attivazione, lavorando per più tempo.

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Il bicipite femorale invece ha un andamento più regolare nella pedalata rotonda, mentre lavora di più in quella “standard”.

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Il gluteo invece lavora solo in fase di spinta nella pedalata “standard” mentre è pressoché sempre attivato in contrazione isometrica nella pedalata rotonda. Questo poiché non deve generare spinta ma deve anche stabilizzare il bacino, alleggerendo il compito dei muscoli stabilizzatori come i lombari;

pedalata “standard”

pedalata “standard”

Bilanciamento della spinta: con una pedalata “standard” è facile spingere in modo asimmetrico, poiché non si cura molto il movimento. Infatti il test ha dimostrato un netto predominio della gamba sinistra, che lavorava il 30% in più della destra.

pedalata rotonda

pedalata rotonda

Lo stesso ciclista, prestando attenzione al movimento, riusciva a distribuire in modo uguale la spinta, che arrivava a essere equilibrata al 50% tra le due gambe;

pedalata “standard”

pedalata “standard”

Distribuzione della spinta: nella pedalata “standard” non c’era similitudine tra il lavoro delle due gambe. La sinistra e la destra infatti avevano dei gradi di spinta totalmente diversi.

pedalata “standard”

pedalata “standard”

Nella pedalata rotonda invece il range di lavoro si somiglia di molto, con pochi gradi di scarto. Da notare inoltre (nei grafici sono quei segmenti più “spessi”) la posizione dei picchi di potenza, cioè dei punti di massima spinta. Nella pedalata “standard” questi erano molto diversi tra destra e sinistra, mentre nella pedalata rotonda avvenivano nello stesso punto. Da qui il risultato di un’andatura più equilibrata.

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Sensazioni: controllare il gesto della pedalata rotonda è risultato più difficoltoso, con un rapido affaticamento neuromuscolare. Cosa che non si è verificata nel caso di pedalata “standard”.

Risultati del test


La pedalata rotonda è decisamente più efficiente di una pedalata “standard”, poiché permette di sprigionare maggiore potenza, gestire meglio la forza e attivare in modo più uniforme i muscoli. Il problema è l’affaticamento mentale che consegue al lavoro di attenzione maggiorata all’attivazione muscolare e al gesto.

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Seguire il lavoro dei muscoli è faticoso e porta velocemente a un esaurimento mentale, che ha poi una ricaduta negativa sulla capacità di mantenere la stessa concentrazione e quindi di pedalare rotondi. Nella pedalata “standard”, che è molto più automatizzata a livello del sistema nervoso centrale, questo problema non si pone.

Imparare la pedalata rotonda


Ha senso quindi imparare la pedalata rotonda? Sicuramente e i vantaggi sono innumerevoli. Il problema è che questo richiede un’attenzione notevole, che non può durare per molto tempo e soprattutto non può essere fatto in strada, poiché distoglierebbe la concentrazione dal resto dell’ambiente, con conseguenze molto pericolose.

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Il solo modo di apprendere la pedalata rotonda è quindi in una situazione indoor, sui rulli, attraverso un complesso lavoro di allenamento ideomotorio. Questo allenamento (faticoso a livello neuromuscolare) dovrà essere effettuato fino a che il gesto non venga “assorbito” a livello dei fusi neuromuscolari e degli apparati tendinei del Golgi e diventi uno schema motorio automatizzato. In sostanza ci si deve abituare a pedalare rotondi fino a che non diventi un movimento naturale.

Concludendo


Abbiamo analizzato in profondità le potenzialità della pedalata rotonda rispetto a una pedalata “standard” che enfatizzi solo la fase di spinta. I risultati del test hanno dimostrato come imparare questa tecnica sia fondamentale per il ciclista per migliorare le proprie prestazioni.

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