Il racconto dell’Umbria Trail 2020, attraversando in bici una delle regioni più verdi e selvagge d’Italia in tempo di pandemia.
Premessa
Dopo quasi due anni mi ritrovo a raccogliere le idee e le emozioni provate durante la prima edizione dell’Umbria Trail (settembre 2020), evento di bikepacking organizzato dall’amico Fabio Lucantoni assieme ad Andrea Cottini. Il Trail in questione fa parte della mia ultima tripletta di Trail italiani antecedente al mio trasferimento in Olanda e racchiusa nell’arco di un mese.
Pur attirato dall’idea di partecipare a questa prima edizione, mi ritrovai ad iscrivendomi all’ultimo momento. Sarei dovuto andare con la mia nuova Niner Air 9 RDO, ma non essendo ancora pronta, decisi di affidarmi alla mia fedele Salsa El Mariachi, hardtail in acciaio in assetto con forcella rigida in carbonio, una bici perfetta per trail più o meno tecnici, come si sarebbe rivelato questo UT (Umbria Trail).
La cena pre-partenza
Arrivo verso le 18 col mio furgone Ducato a Passignano sul Trasimeno e parcheggio nel posto riservato agli iscritti all’UT, da qui si nota subito un’organizzazione attenta alle esigenze dei partecipanti. Una volta messo piede sul lungolago, mi tornano in mente gli anni universitari, quando il Trasimeno era, per noi studenti dell’Università di Perugia, un luogo di relax e di grandi mangiate di torta al testo e fritti dalla mitica Maria (Ristorante Da Faliero e La Maria).
Come spesso accade a questi eventi, rivedo amici e conoscenti di Trail e iniziamo subito a riempirci la pancia di cibo, tra prodotti tipici e birra, della cena pre-partenza presso il ristorante sul lungo lago “Sualzo Beach”.
L’idea di arrivare con il mio Ducato sottintendeva la scelta di dormire in furgone ma gli amici William Grassi e Claudio La Mura mi informano che si è liberato un posto letto nella loro camera in hotel e ne approfitto per dormire riposato, tanto più che ho intenzione di chiudere i circa 400 km del Trail senza dormire (o quasi).
L’Umbria Trail (2020)
La partenza è alle 8 di mattina dal lungolago di Passignano. Tutto è perfettamente organizzato rispettando le normative anti-Covid; ognuno dei partecipanti (circa 150) è, tramite l’utilizzo di birilli colorati, distanziato di 1,5 metri e con mascherina. Sulla griglia di partenza saluto gli altri amici giunti la mattina e, in una atmosfera frizzante e al tempo stesso rilassata, inizia questa avventura.
Comincio a pedalare a un buon ritmo con il gruppo di testa. Si sale a Castiglione del Lago e si continua tra dolci saliscendi fino a Paciano, che ci accoglie con le sue mura marrone chiaro, mattonatura tipica umbra, e una via abbellita da centinaia di ombrelli colorati appesi sopra le nostre teste. Poco dopo il paese perdo il gruppo ma decido di non sforzarmi per recuperare e andare, invece, al mio passo per risparmiare le energie, mangiando in sella e pedalando per non fermarmi più fino ad Orvieto.
Pedala pedala riprendo comunque il gruppo di testa che si era fermato a mangiare un panino in una norcineria e, fedele al mio piano, continuo senza fermarmi e mangiando barrette. Due/tre del gruppo di testa, tra cui l’amico Roberto Superrob, mi riprendono e mi passano su una salita abbastanza impegnativa sia per dislivello che per fondo. Ormai sono vicino ad Orvieto. Giungo ad Orvieto scalo ma qui sbaglio traccia e salgo in centro passando da quella che doveva essere la discesa, in pratica mi trovo a pedalare su un muro talmente ripido che a un certo punto decido che è inutile continuare a pedalare e quindi scendo dalla bici e spingo. Giunto in cima, e dopo aver fatto una sosta per gelato e coca cola, mi accorgo dell’errore e allora decido di scendere da quella che doveva essere la salita ufficiale, incrociando inevitabilmente i vari partecipanti che salivano in centro dalla giusta direzione.
Lasciata la rupe della Vetus Urbs (antico nome romano di Orvieto), la traccia si dirige verso il bacino idrico del Lago di Corbara da dove si diramano una serie di strade bianche da fare invidia alla Toscana. È abbastanza caldo e soprattutto non ho mangiato nulla di importante dalla partenza e quindi, puntuale, arriva la prima crisi di fame da gestire, è tempo di mangiare qualcosa di completo. Arrivo a Montecchio dove mi fermo a un minimarket per mangiare della pizza e far scorta di cibo. Pedalata dopo pedalata, mi riprendo e raggiungo le mura di Amelia che inizia ad imbrunire.
Monto le luci per affrontare la notte con l’obiettivo di fare un’altra sosta cibo a Narni, prima del Centro Geografico d’Italia, una delle parti più impegnative del Trail. Arrivato a Narni, cittadina umbra arroccata su una collina che domina il Fiume Nera, trovo un antico fontanile con annessa panchina, vorrei fare un micro-sonno di dieci minuti ma non riesco ad addormentarmi, sono troppo eccitato. Mi riposo comunque un po’, mangio, bevo e riparto. Per arrivare in Valnerina, gli organizzatori hanno, ovviamente, scelto la via più dura e al tempo stesso più affascinante. La traccia prevede di salire fino ai circa 1.000 metri dei Prati di Stroncone con i loro sentieri sassosi ma non prima di essersi districati tra gli altrettanto impegnativi sentieri del sopraccitato Centro geografico di Italia. Arrivo a Stroncone, ai piedi dei Prati, che sono le 11 di sera a circa 40 minuti dai primi due bikers che stanno andando alla grande.
Mi fermo al bar subito fuori dal centro abitato. Qua mangio nuovamente pizza e gelato e faccio scorta di cibo e batterie per il gps.
Dopo la sosta, inizio a salire verso i 1.000 metri ed è circa mezzanotte. La salita ai Prati inizia prima su uno scorrevole asfalto per poi addentrarsi su sentieri sassosi, che affronto – un po’per stanchezza un po’per risparmiare energie – camminando e spingendo la bici oltre che pedalando.
Dopo circa un paio di ore o forse più, inizio la discesa verso il Lago di Piediluco, ma prima di raggiungere la valle ho un incontro, per fortuna amichevole, con un cinghiale in cerca di cibo nel villaggio di Miranda, giusto prima di passare vicino alla famosa Cascata delle Marmore. Giunto a Piediluco, la vista del paese illuminato sul lago mi scalda il cuore e mi dà la motivazione per continuare. Amo pedalare la notte; chi dice che non si vede nulla non sa che cosa si perde, invece, a livello di emozioni.
Una macchinetta self-service 24h mi disseta e rifocilla. Dopo il paese, devo affrontare altri strappi tremendi su cementate e asfalto per poi finalmente raggiungere in discesa la Valnerina. Sono abbastanza cotto, ho fame e decido, quindi, di fermarmi a Precetto per dormire un’ora su una panchina, sono circa le 5 di mattina. Riparto che sta albeggiando e punto dritto verso la ferrovia Spoleto-Norcia, uno dei punti clou del Trail.
La Valnerina è stupenda si costeggia il fiume Nera su facili sentieri, si attraversano borghi pittoreschi come Scheggino e il già citato Precetto e si gioisce alla vista delle alte pareti di roccia con fortificazioni ai lati, ci si sente infinitamente piccoli circondati da queste imponenti montagne. Prima della ferrovia, a Sant’Anatolia di Narco, trovo un bar, tripla colazione (che consiste in cappuccino per due più espresso e tre cornetti con cioccolata, crema e marmellata) e via verso Spoleto per il sentiero della vecchia ferrovia.
La ferrovia Spoleto-Norcia era una ferrovia a scartamento ridotto a trazione elettrica nell’appennino umbro, inaugurata nel 1926 e dismessa nel 1968. Nel 2006 il comune di Spoleto iniziò l’opera di “messa in sicurezza” del dismesso tracciato ferroviario da Spoleto a Piedipaterno con trasformazione in percorso ciclopedonale i cui primi 34 chilometri vennero inaugurati nel 2014.
Una volta giunto al punto più alto della ferrovia nei pressi di Caprareccia dopo una serie di gallerie e viste panoramiche notevoli, il Trail devia su alcuni sentieri più impegnativi che conducono all’acquedotto di Spoleto con una vista mozzafiato sul Paese dei fiori. Giunto a Spoleto e dopo aver attraversato il suo meraviglioso centro storico, deciso di cambiare le pasticche dei freni (ero partito con delle vecchie pasticche già parecchio consumate, errore, che se evitato, mi avrebbe fatto risparmiare almeno 20 minuti, ndr).
Dopo la manutenzione riparto, spingendo i pedali sulla famosa ciclabile Assisi-Spoleto in direzione Bevagna, anche qua gli organizzatori si sono impegnati a farci deviare più volte dalla piatta ciclabile per esplorare le ripide colline circostanti. Il caldo inizia a farsi sentire e le salite anche. A Trevi devo trovare tutte le forze che ho, per non scendere dalla sella e pedalare i ripidi strappi che si inerpicavano tra i vigneti e gli olivi. Mi fermo per un paio di creme al caffè e un panino in un bar a Montefalco e dopo la pausa raggiungo la splendida Bevagna. Si continua nella valle e il caldo aumenta sempre di più, insieme alla consapevolezza che il Monte Subasio, con i suoi 1.300 metri di altezza e per questo Cima Coppi del percorso, si avvicina sempre di più. Supero Foligno, Treggio e arrivo a Spello, ai piedi del Monte.
Mi districo tra i pedoni che affollano il centro storico di Spello. Poco fuori dal paese mi fermo per fare rifornimento d’acqua e prepararmi alla salita. Prima di iniziare la vera e propria ascesa, mi godo i bellissimi single track che costeggiano un antico acquedotto romano e che mi portano alla salita su asfalto per la cima del Subasio. Il cielo promette pioggia. Sul tratto di asfalto inizio ad andare sempre più piano, mentalmente è dura. Mentre arranco in salita, sento arrivare, da dietro un altro concorrente con il quale, almeno mentalmente ingaggio un “duello” che mi permette di non pensare alla fatica e di spingere duro tenendo un buon ritmo fino alla cima. Conquistata la cima, scambio due chiacchiere con Michele, questo il nome dell’altro partecipante, e decido di indossare la giacca di goretex mentre, l’altro concorrente, inizia la discesa dal Monte verso Assisi.
Ci ritroviamo nella città di San Francesco sotto il diluvio e decidiamo di fermarci a mangiare a un ristorante sperando che smetta di piovere. Patate, salsicce e dolce, convinto che il peggio sia passato, mi delizio con dell’ottimo cibo umbro, ma mangio troppo e questo errore lo pagherò per parte degli ultimi chilometri fino all’arrivo, mai rilassarsi e sottovalutare un trail finché non è finito, soprattutto se organizzato dal buon Fabio. Finita la cena, decidiamo di chiudere insieme l’avventura e ricominciamo a pedalare sotto una pioggia battente.
A Bastia Umbra siamo completamente fradici ma siamo ben intenzionati a chiudere in nottata, costi quel che costi. Arriviamo al sentiero delle lavandaie a Perugia che sono le 9 di sera e lo strappo su sterrato a oltre il 25% ci costringe ad un po’di portage. Arriviamo in centro sul bellissimo Corso Vannucci e qua i ricordi dei miei anni universitari si fanno forti, ma non c’è tempo per l’amarcord questo è il momento di andare, tanto più che il maltempo ci sta dando tregua ma le previsioni dicono che la pausa sarà solo momentanea.
Lasciato il capoluogo umbro ci aspettano gli ultimi chilometri 40 chilometri che – vuoi la stanchezza, vuoi le salite a doppia cifra – in una distanza relativamente breve concentrano circa 1000 metri di dislivello, che saranno massacranti. Sull’ultima salita Michele cade, per fortuna senza gravi conseguenze per lui ma storce il forcellino del cambio ed è quindi costretto a usare la bici quasi in single speed.
Ci siamo, ultima discesa e pioggia che torna a bagnare noi e il sentiero, il mio freno posteriore decide di smettere di funzionare e devo quindi affrontare la discesa, già di per sé non agevole anche per la presenza di fango, con il solo freno anteriore. Ma mentre siamo impegnati nella discesa vediamo le luci di Passignano sul Trasimeno e nei nostri cuori cresce la consapevolezza e la gioia che ce l’abbiamo fatta.
Arriviamo al Suazo Beach e Fabio è là, puntuale, ad aspettarci con una birra e a congratularsi con noi. Non ricordo esattamente l’ora dell’arrivo ma credo che fosse all’incirca mezzanotte. Dopo alcune chiacchiere con l’organizzatore, dove realizziamo di essere i secondi arrivati sugli oltre 100 partecipanti, ci indirizziamo soddisfatti e cotti verso un hotel poco distante dall’arrivo per il meritato riposo.
Conclusioni
Un trail bello e vario e alla portata di tutti in un territorio altrettanto bello e vario. Come sempre la scelta di come affrontare questi eventi è assolutamente personale e il mio racconto rispecchia la mia che non vuole assolutamente fungere da esempio. Le cose che più ho apprezzato di questa esperienza, oltre al già menzionato territorio umbro, sono la ricerca di sentieri e passaggi mai banali operata dagli organizzatori e la cura nel dettaglio dell’organizzazione. Non so se percorrerò nuovamente questo trail e se sì con che spirito, ma mi sento di consigliarlo a chiunque cerchi un evento impegnativo il giusto che permetta di godere anche di ottimo cibo in una regione bella e accogliente.
[Daniele Bifulco – 22/02/2022]