Maxiraduno su alcune mitiche salite del Giro d’Italia.
Ogni anno si svolge uno dei raduni cicloturistici più affascinanti delle salite alpine, la StelvioBike organizzata dall’azienda di promozione e dedicata alla scalata del Passo dello Stelvio che costituisce, assieme con il Passo Gavia, uno dei tetti d’Italia con i suoi 2758 metri. Strade di accesso al passo chiuse al traffico su tutti i versanti fin dalla mattina alle ore 9 così da restituire a noi amanti della bici, almeno per un giorno, il fascino incontaminato di questa splendida salita. Si tratta di una delle storiche scalate del giro d’Italia, che tanti campioni ha visto scattare sui suoi tornanti, ed offre paesaggi eccezionali che solamente oltre la soglia dei 2000 mt di quota si possono ammirare.
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È una giornata di festa del ciclista che affrontiamo assieme al gruppo festante del mare di ciclisti che accorrono per godere di questa meraviglia. Per noi la mattina inizia presto con tutti i preparativi necessari per questa impresa, abbondante colazione, scherzi a volontà e le solite sfide a chi sarà il primo sulla vetta, ma sono i soliti gesti di cameratismo che affratellano i ciclisti, sempre pronti a sostenersi moralmente nel momento del bisogno (ed anche sempre pronti alla sfida) ed occorre davvero dire che oggi sarà una di queste occasioni. La comitiva è varia, da chi ha già affrontato altre volte questo passo e desidera mettersi alla prova con se stesso, a coloro che per la prima volta si cimentano con questo gigante e sono ansiosi di vincere questa prova di resistenza.
La salita inizia a Prato allo Stelvio costeggiando il Rio Solda, che scende dal monte, pendenze inizialmente tranquille all’ombra del bosco e della montagna che ancora copre il sorgere del sole, l’aria del mattino è fresca ed invita al ritmo cadenzato nel pedalare, ed anche il gruppo dei ciclisti in movimento ci fa tuffare nelle atmosfere tipiche di una splendida giornata di sport quasi come essere davvero al Giro d’Italia. Giunti in località Gomagoi inizia l’assaggio della salita, quella vera, ed anche l’approssimarsi del tornante etichettato dal numero 48 ci fa capire di essere come al cancello di partenza. Siamo dunque ai piedi del gigante, la cui pendenza media si aggira sul 7,3 % e che raggiunge, in alcuni tratti, un massimo del 15 %.
Si avvia dunque la “bagarre” ed i primi scatti di coloro che, grazie al maggiore allenamento ed al minore peso, allungano il ritmo; è la giornata del “grimpeur” dello scalatore che si alza sui pedali e guarda in viso la salita con il piglio di chi è deciso a non mollare. Mancano solo le parole “un uomo solo al comando” per una cronaca della salita ma tutto il resto del contorno c’è per davvero, i tornanti permettono di tirare un attimo il fiato ed anche il numero che si abbassa via via verso la trentina, la ventina, la decina…la bici macina chilometri. Ma senza esagerare, è giornata di festa ed anche il folclore non manca, sono diversi coloro che affrontano la salita con mezzi particolari, trasporto bimbi, carretti con birra al seguito, bici anomale e particolari, oggi c’è di tutto e va bene così, è un mare di sorrisi, una pioggia di voci festanti e i commenti si rincorrono di tornante in tornante.
Ad otto chilometri dalla vetta il bosco dirada, lasciando spazio alle ampie vedute sul maestoso paesaggio dell’Ortles e mano a mano che ci si avvicina alla vetta, la piramide di tornanti che raccorda con il passo appare sempre più prossima. Ormai il traguardo è a portata di gamba, quando il numero dei tornanti scende sotto la decina ed inizia il “count-down” non c’è tregua, si alza la testa e lo sguardo si abbatte letteralmente contro l’ultimo muro, ancora poco ma è duro davvero. È fatta, la vetta è conquistata e dopo 28 chilometri, anche noi possiamo alzare le braccia al cielo e dire “ce l’ho fatta!”.
Dopo la salita, anche la discesa ha il suo fascino particolare ed assaporare l’ebrezza della velocità senza doversi curare dell’assillo del traffico (e del rischio di incrociare un auto che magari taglia un tornante contromano) è un emozione che avevamo dimenticato. La strada è tutta nostra, il silenzio della montagna, il fischio del vento sul viso oppure il fragore della cascata che ci coglie di sorpresa dietro ad un tornante. Tutto il panorama che ci abbraccia nel tuffo verso Bormio è una deliziosa scoperta e ci porta anche a pensare quanto sia invasivo il traffico stradale (e non solo per i ciclisti).
Per alcuni di noi ancora non basta, come si dice abbiam fatto trenta e quindi facciamo anche trentuno e dopo lo Stelvio affrontiamo la salita per il Passo Gavia. Un altro titano, con i suoi 2621 mslm che impone tutto il timore reverenziale necessario, specie dopo aver affrontato lo Stelvio ed avere ancora nelle gambe le tossine a ricordarci quando sia dura la salita. Fino a non molto tempo fa le strade di questo gigante erano ancora sterrate e la salita riportava alle eroiche gesta dei ciclisti del dopoguerra, ma ora il manto è interamente asfaltato.
Si inizia da Bormio, verso la Valfurva, ed è subito salita anche se a brevi tratti e con pendenze non ancora impegnative, attraverso gli abitati di San Nicolò, S.Antonio per 13 chilometri fino a S.Caterina dove il cartello con l’indicazione “Passo Gavia” sta a monito e ad avviso dell’inizio della nuova sfida. La pendenza media è meno impegnativa, circa 5,4 %, ma alcuni tratti toccano anche il 14 %. Tutto sommato la salita procede tranquilla, forse il nostro ritmo più blando e l’aria fresca, forse le pendenze meno impegnative, forse ancora gli scorci panoramici sui monti circostanti e sulla valle sotto alle pendenze della salita, ma la fatica oggi ancora non si avverte. È solo pia illusione, un cartello che indica la distanza dalla vetta, gli strappi più duri e la strada che si restringe ci richiamano alla realtà. Sono queste le occasioni in cui vorresti avere ancora un rapporto più morbido da inserire e rimpiangi di non averlo mai montato, ora la sfida si fa appassionante ma ormai mancano solo 2 chilometri e fortunatamente la strada spiana.
Il rifugio Berni (2545 mslm) è in vista ed il monumento ai caduti della Grande Guerra che ci ricorda che questi monti furono teatro di tanti episodi cruenti (ed il fiato corto) impongono un momento di riflessione. Ora manca davvero poco, alzato lo sguardo dopo i 26 chilometri della salita ci si sente in vetta al mondo e, letteralmente, con le braccia alzate si tocca il cielo con un dito. Sono emozioni difficili da trasmettere e raccontare, credo ci resteranno dentro l’anima per tutta la vita, per una volta anche noi abbiamo avuto un giorno da leoni. Perdonate quindi il rigurgito poetico conclusivo dedicato ad ogni ciclista tra di voi che, a modo suo, è pur sempre un campione.
“Gira la ruota
Sfreccia il ciclista
È passata una bici
Qualcuno l’ha vista !
Ma non è una visione..
Saranno un milione..
Son tutti in salita
Pare lunga una vita..
Ma non son dei pedoni
Sono tutti leoni!”
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