Fino alla fine dell’Argentina

Il giorno della partenza da Belén l’aria è pungente e mentre aspetto che Pinar esca dal supermercato, mi soffermo sull’ennesima scritta su un muro della città che accusa l’industria mineraria di impoverire la popolazione locale e di distruggere l’ambiente.

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La strada scorre via liscia, ci fermiamo di tanto in tanto per mangiare un biscotto o per fare una foto, per il resto rimango assorto nei miei pensieri e non riesco a togliermi dalla mente la chiacchierata avuta qualche giorno prima con Hugo Orquera, minatore.

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Ci sono due modi per estrarre oro da una miniera – diceva – si può usare il sistema tradizionale che impiega molte persone, oppure il metodo moderno, che richiede l’uso di grandi quantità di sostanze chimiche. La chimica è economicamente più vantaggiosa. Maciniamo chilometri e io non riesco a darmi pace e continuo a chiedermi dove possa essere il beneficio economico, se poi si lasciano intere popolazioni senza acqua o, peggio con i fiumi carichi di sostanze velenose.

Ci vuole un giorno per arrivare a Los Nacimientos, un paesino minuscolo abbastanza vicino alle miniere da avere le falde completamente contaminate. Qui l’acqua, la vendono sfusa, al litro.

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Inizia una strada sterrata, il cielo è nuvoloso e il vento soffia dal nord.
È la prima volta che mi avvicino tanto a delle zone di produzione di materie prime per rendermi conto di cosa davvero significhi aprire una montagna per estrarre del metallo, sia esso oro, rame o ferro. Cosa significhi per l’ambiente e per le popolazioni locali.

Ci sono valutazioni che normalmente non si fanno quando si fa shopping: quando compriamo una pentola nuova difficilmente pensiamo all’impatto derivante dall’estrazione del ferro per la realizzazione della pentola; generalmente ci concentriamo esclusivamente sull’utilità del prodotto che stiamo comprando e sul suo prezzo, ma ci sono altri costi che non vengono inclusi nel prezzo di vendita ma che vengono sostenuti dalle popolazioni locali senza che ce se ne renda conto. Forse è per questo motivo che da queste parti la gente tende a riparare le cose vecchie invece che buttarle via.

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La strada scivola via sotto i nostri copertoni e presto ci troviamo a Quilmes, una specie di Pompei dove si possono ammirare i resti di un villaggio Diaguita. La storia di questo posto parla di una deportazione di massa ad opera degli spagnoli che abbisognavano di manodopera per la costruzione di Buenos Aires. Le forze del colonialismo europeo poterono ben più di un vulcano esploso e qui ormai rimane ben poco da visitare, poco più che le fondamenta delle case e qualche centinaio di cactus giganti.

Gli abitanti dei pueblitos attorno alle rovine sono tutti indios Diaguita e sono in preda ad una sorta di schizofrenia: sono assai orgogliosi delle proprie origini, ma la storia ha cancellato ogni accenno alle tradizioni e ai costumi precedenti l’arrivo degli Spagnoli.

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Lasciamo la provincia di Tucuman per entrare in quella di Salta che ci accoglie con vigneti a perdita d’occhio e una serie di cantine che ci invitano a fermarci per un assaggio. Improvvisamente sembra che le condizioni economiche dei locali siano migliori qui: l’enoturismo vale più dell’oro. Tiriamo dritto fino a Cafayate dove finalmente troviamo una cittadina che meriti di essere visitata. Dopo aver stappato una bottiglia di Torrontes fresca è un piacere rinchiudersi nella chiesa locale a fare un po’ di foto.

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Al nostro risveglio il cielo è nuovamente pieno di nubi e tutti non fanno che ripeterci che i prossimi km che abbiamo innanzi a noi saranno i più incantevoli di tutto il nostro viaggio fino a questo momento. Il gestore del camping dove abbiamo passato la notte ci racconta nel dettaglio la Ruta 68 che ci porterà a Salta. Ci parla di formazioni rocciose rosse come il fuoco, modellate dall’acqua e dal vento, di luoghi con nomi affascinanti come l’anfiteatro o la garganta del diablo.

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Ma il vino del giorno prima ci ha lasciato un discreto mal di testa e le gambe molli, la bassa pressione certo non aiuta. Decidiamo di rifugiarci nella nostra tenda molto prima del calare del sole, non appena troviamo un luogo con un panorama abbastanza incantevole a cui affidare il nostro risveglio.

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All’indomani il cielo è un po’ più sgombro e anche noi siamo decisamente più in forma. Ci mettiamo a pedalare di buona lena fino ad incontrare il Noah, un piccolo uomo di 18 mesi che si porta dietro la mamma, il papà ed il cane per il suo primo viaggio in bicicletta dal Cile al Messico per una durata di 2 anni. Ci fermiamo a parlare con questa famiglia particolare per una buona mezzora scambiandoci opinioni e ci lasciamo con un abattuta: “i cicloviaggiatori sono tutti fratelli di madri diverse, esattamente come i politici sono tutti fratelli di padri diversi”.

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Effettivamente il paesaggio è spettacolare, proprio come ci avevano preannunciato e forse anche di più.
Ci fermiamo di tanto in tanto a fare qualche foto e a scambiare impressioni con altri personaggi che incontriamo lungo la strada. Ormai siamo stanchi di rispondere alle domande dei turisti convenzionali che ci chiedono “da quanto tempo siete in giro?”, “di dove siete?”, “Dove andate?” e stiamo iniziando a dare risposte a caso: Siamo Irakeni; siamo in viaggio da tre anni; andiamo alle Isole Fiji.

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Arriviamo nella città di Salta in pieno pomeriggio e, dopo tanti giorni passati in mezzo al nulla, ritrovarsi in una città di mezzo milione di abitanti è frastornante. Non siamo più abituati ai supermercati e vedere della carta igienica doppio strato o avere la possibilità di comprare del latte fresco ci fa venire le vertigini.

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Essere arrivati a Salta è un grande traguardo per noi: significa essere arrivati al confine nord dell’Argentina. Significa aver superato la fase preliminare e che le gambe a questo punto sono rodate al punto giusto. Da qui il gioco si fa duro. Si parla di varcare nuovamente la Cordigliera, passi da 4.500 metri, Deserto di Atacama, notti sotto lo zero, la Bolivia. Tuttavia la gioia di essere arrivati fino qui è incontenibile.

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È il momento di stappare un’altra bottiglia di vino. Malbec, questa volta.

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Note tecniche:

Distanza percorsa fino a questo momento: 1.807 km
Altimetria totale: 15.735 m
Giorni senza fumare: 33
Differenza peso corporeo: -7 kg

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