Viaggio fallito (ma fino a un certo punto)

Distrutto sul colle della Lombarda
E finalmente è arrivata anche questa esperienza. Un viaggio preparato per settimane e pensato per mesi è andato a rotoli. Ma va comunque raccontato perché ci sta che si debba interrompere se sopravvengono problemi seri e, in questo caso, anche cumulativi. Sabato 11 agosto raggiungo quindi Cuneo in treno verso le 13.00, uscito dalla stazione vado a destra per Borgo san Dalmazzo. La mia intenzione avventurosa è raggiungere il colle della Lombarda entro mezzanotte e pernottare al passo.

Stradina da dopo Borgo san Dalmazzo a Vinadio
Raggiunto Borgo san Dalmazzo mi fermo in un bar a mangiare due panini con prosciutto e ovviamente Coca cola. Sto bene e il morale è alto anche se fino ad adesso ho percorso una strada trafficata ma che abbandonerò molto presto. Sono sulla statale 21 del colle della Maddalena (Col de Larche per il francesi). Prima del paesino di Buo entro in una stradina a sinistra della statale che mi porterà fino alle porte di Vinadio. Ombreggiata e con due belle fontanelle, senza traffico, è quanto di meglio si possa desiderare. Ma comincio ad accusare problemi con lo stomaco e la forza comincia a diminuire. Arrivato a Vinadio faccio una visita alla fortezza, mi procuro da mangiare per sera, mi rilasso un po’ e poi esco dal paese alla ricerca della deviazione per il colle della Lombarda che si trova a circa un chilometro a sinistra.

Forte di Vinadio
La salita è subito impegnativa e sorprendentemente trafficata, molto trafficata, e questo mi infastidisce non poco. Chiedo come mai e mi viene risposto che oggi e domani è la festa di Sant’Anna di Vinadio. Santuario che scoprirò costruito su uno splendido balcone della valle che sto percorrendo. Verso il terzo chilometro dei 22 in programma cominciano i problemi e devo rifugiarmi nei cespugli che non mancano fortunatamente. Ma continuo con le forze che calano e la preoccupazione che aumenta. Salgo molto lentamente e molto faticosamente. Dopo un po’ cominciano i primi accenni di crampi, e dopo pochi minuti arrivano i crampi definitivi, quelli che iniziano dall’inguine e arrivano ai piedi, su entrambe le gambe: sono bloccato tra il sesto e il settimo chilometro della salita. Per riuscire a contrastarli mi do una botta dietro le ginocchia e mi trovo in terra a faccia in giù sull’asfalto.

Bellissima fontanella con acqua fresca e tracce di passaggio dell’animale ciclobullista non in estinzione
Sono passate tre macchine e una moto e non si sono fermate con una persona e una bici a terra, solo un camoscio a 50 metri mi guarda con compassione. È il crampo definitivo e mi fermo e decido che lì pianto la tenda. L’unico posto possibile è sul sentiero che porta al Santuario. A fatica riesco a montarla perché non posso fare troppi movimenti, inoltre il terreno è pessimo. Riesco a lavare le mie cose, a lavarmi nel torrente e a rivestirmi, ma il senso di nausea mi impedisce di mangiare. Sono vicinissimo a un tornante e ogni macchina mi passa a non più di tre metri. Ma la sorpresa avviene durante la notte. Da quelle parti è di tradizione un pellegrinaggio notturno a piedi per raggiungere il Santuario e partecipare alla messa delle 9 del mattino proprio di quel giorno.

Unico bivacco possibile, anche se un po’ maleducato
Lungo tutta la notte passeranno vicino alla mia tenda, che ripeto è sul sentiero, decine di persone, che scusandosi, vogliono raggiungere il santuario. Ovviamente non ho potuto dormire, ho solo fatto riposare le gambe e durante la notte ho continuato a pensare come arrivare al colle: farmi portare? Aspettare un furgone? Decido che proverò a spingere la bici fin quando posso, poi si vedrà. Al mattino presto riesco a mangiare un panino e una banana. Smonto piano piano tutto quanto e le gambe rispondono benino. A questo punto incontro due signore intorno ai 60 anni che stanno facendo la salita per raggiungere il santuario. Sono partite alle 10 della sera prima e stanno percorrendo 45 chilometri a piedi e in salita. A questo punto ci facciamo compagnia.

Vista della strada dal settimo km
Comincio a spingere faticosamente, le gambe mi fanno male ma poco. Spingo per circa tre chilometri, poi usciti dalla gola verso il nono chilometro, su un falso piano, monto in sella, vado piano, praticamente al passo, con il rapportino, prendo fiducia e decido di salire con calma ma costante. Mi fermo molte volte. In queste condizioni raggiungo il passo verso le 11 del mattino. Non sono neppure felice di avercela fatta. Trovo un piccolo chiosco e prendo una coca non fredda, ma nella discesa forse prendo freddo e ricomincia la facile ricerca di boschetti. Raggiungo il paesino di Isola in fondo alla valle e mi fermo un’ora. Sembra che tutto sia passato. Mi viene anche un po’ di fame e mi mangio un pizza: non so se è la cosa migliore, ma è pane e prosciutto.

Sant’Anna di Vinadio dalla strada per la Lombarda
Aspetto ancora un’ora, poi mi avvio a nord verso Saint Etienne de Tinèe che è alla base della Bonette. Il Tinèe è il fiume che scendendo verso il mare arriva fino a Nizza. Pedalo benino verso Saint Etienne ma la salita è si e no al 2%. E sto usando il rapportino. A un chilometro dal paese mi fermo su una piazzola e mi stendo su una panchina. Dormirò per almeno un’ora e quando mi sveglio mi rendo conto che sono in trappola. Non sono in forze, e se voglio uscire da lì devo scalare al Bonette, oppure ritornare sulla Lombarda che escludo a priori e in un momento mi rendo conto che neppure domani ce la posso fare a scalare la Bonette in queste condizioni. Inoltre scopro che ho fatto una fesseria. Non ho neppure pensato che per il mio telefonino domenicale (di quelli che tengono la carica per una settimana e che telefonano e basta) fosse necessaria l’attivazione per l’estero. Non posso neppure pensare di lasciare senza notizie a casa per 10 giorni.

Discesa verso Nizza nella valle del Tinèe (parco del Mercantour)
Giro la bici verso Nizza, e poi la rigiro verso Saint Etienne. Farò questo gesto per ben tre volte. Poi guardo il cartello che mi indica Nizza a 85 chilometri. Sono veramente tanti a questo punto, ma sono tutti in discesa. Sommo il problema delle forze al fatto che non posso dare notizie di me e prendo la più saggia delle decisioni: giro la bici e punto verso Nizza. La decisione presa mi mette finalmente in pace. La valle della Tinèe è molto bella e spettacolare ma di domenica è molto trafficata, è infatti l’unico accesso da Nizza verso la zona dell’Ubaye e della Bonette. Scendo con facilità pedalando ma sfruttando l’inerzia della bicicletta. Penso che se non ce la faccio mi fermo, ma alla fine riesco a sera tardi ad arrivare a Nizza a prendere il treno fino a Ventimiglia e lì fermarmi in un albergo. Faccio la doccia e con l’accappatoio mi stendo sul letto un attimo, solo un attimo, poi andrò a mangiare qualcosa. Mi sveglierò la mattina dopo alle 9 con l’accappatoio addosso. Preso un treno arrivo a casa nel tardo pomeriggio di lunedi 13.

Barettino lamierato antico
E’ la prima volta che mi trovo in una situazione del genere. Ma sono contento di averla risolta in qualche modo. Potevo forse aspettare due giorni a Saint Etienne. Ma la mancanza di comunicazioni mi opprimeva. Ho imparato che in queste situazioni occorre andare di testa e di calma, sommare tutti i fattori, nessuno escluso e lasciare l’orgoglio da qualche parte.
Inoltre mi risparmio la fatica di cercare un viaggio per il prossimo anno: si ripartirà da lì.

Alla confluenza del fiume Esteron nel Tinèe c’è una bella ciclabile di 20 km che porta a Nizza
Mappe
Il percorso fino a Saint Etienne Tinèe
E da Saint Etienne a Nizza
E quello che mi sono perso…
bel racconto, decisione giusta presa da una persona saggia.
meglio una ritirata strategica che una disfatta totale.
ciao
rimane comunque il fatto che sull’alimentazione non sono ancora riuscito a trovare una quadra decente
In presenza di diarrea e vomito è inevitabile che calino le forze a maggior ragione in una giornata calda come quella (ero anche io sulla vecchia militare asfaltata di recente da Cuneo a Vinadio dove sono arrivato alle 12.30 circa); l’abbondante sudore aumenta ulteriormente la perdita di liquidi e sali.
In queste occasioni non è tanto importante alimentarsi, quanto bere molto: acqua se possibile addizionata con sali (magnesio e potassio) a litri nel vero senso del termine per reintegrare le copiose perdite.
Sulla coca-cola bevuta durante la pedalata non so cosa dire: a me dà alquanto fastidio perché gonfia lo stomaco; però in presenza di diarrea e vomito un modesto quantitativo (un bicchiere) può essere utile perché riequilibra l’acidosi in cui l’organismo versa.
Spero di incontrarti la prossima occasione che transiti per questi lidi!
Sei forte , hai fatto la scelta giusta nel momento dell’ inconveniente e non lo definirei fallimento ma senso realistico. Però sono d’accordo con Leo , perchè mi suona strano il tuo alimentarti in quel modo nella situazione in cui ti trovavi.Non potevi bere acqua al posto della coca ? E invece della pizza non sarebbe stato più opportuno mangiare del pane ? Ho avuto anche io un episodio di dissenteria in un ciclotour sul deltaPo a causa di una busta di proteine schifose ma dopo le inevitabili scariche ho reidratato in quantità e pedalato lento, mangiando grissini un po per volta. Comunque sia complimenti per la decisione presa , so quanto pesa ma infine è un atto di grande responsabilità.
Magari la prossima volta evita di berti cocacola
probabilmente con il senno di poi devo dire che non ero in formissima quel giorno lì. cosa sia stato lo stiamo verificando perchè è ricapitato. quindi c’è un problema a monte.
per quanto riguarda la coca: è l’unica bevanda energetica che conosco e che digerisco tranquillamente, non riesco invece a digerire gatorade e altri del genere.
comunque le gorges del mercantour meritano una visita.
per Davide il mio indirizzo mail è [email protected]. l’anno prossimo riparto da Vinadio e al ritorno mi visito attraverso le gorges du daluis e del ciant. fatti sentire