L’imbroglio Aci sulle vittime degli incidenti stradali

L’imbroglio Aci sulle vittime degli incidenti stradali

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L’Aci presenta oggi le nuove statistiche sugli incidenti stradali e – come tradizione e grazie all’aiuto dei mass media – farà passare un messaggio distorto dicendo che va tutto meglio ed evitando così che si ragioni sul numero esagerato di morti (3.860) e sulle scelte necessarie per la sicurezza.

La prima trappola è quella della diminuzione delle vittime della strada. Fortunatamente i morti scendono, e questo è vero, ma non si tratta della conseguenza di politiche virtuose. Piuttosto sono diventati più efficaci i sistemi di sicurezza attiva e passiva delle auto e sono migliorate le tecniche della chirurgia d’urgenza che trasformano un morto di ieri in un invalido o un ferito grave di oggi. E la conferma arriva dagli incidenti che coinvolgono chi va a piedi o pedala che non se ne fa nulla di air bag e roll bar e continua perciò a morire come e più di prima: i ciclisti uccisi da un impatto con un veicolo a motore sono aumentati del 7,2% nell’ultimo anno.

Il secondo imbroglio è quello relativo alle cause di incidente: al primo posto c’è la guida distratta poi il mancato rispetto della precedenza e del semaforo rosso. Si potrà così chiacchierare dell’uso del telefonino alla guida (che, intendiamoci, va bloccato), trascurando l’elemento centrale: qualunque sia la causa che determina un incidente è la velocità a determinarne l’esito. Se uno al volante si distrae a 20 all’ora al massimo provoca lividi ed escoriazioni, se si distrae a 50 all’ora uccide un pedone o un ciclista 7 volte su 10. Allora la domanda è: se Aci raccoglie dati col fine di capire come fare a ridurre la mortalità sulle strade perché non si fa interprete di questa campagna di civiltà per la riduzione a 30 kmh dei limiti di velocità nei centri abitati con esclusione delle principali arterie di scorrimento? Investire una persona a 50 all’ora equivale a spingerla giù dal balcone del terzo piano di un palazzo: è folle che in città si possa commettere un’azione omicida protetti dalla legge del codice, anche il Club degli automobilisti dovrebbe capirlo.

C’è, inoltre, una truffa vera e propria (forse anche premeditata) in tutto il clamore montato ad arte sui cosiddetti pirati della strada e sulla guida in stato di ebbrezza. Subliminalmente si tende a far passare il messaggio (e in questo giornali e tv hanno una grande responsabilità) che il cittadino “normale” difficilmente potrà essere protagonista di un incidente grave. Il sangue sulle strade è colpa dell’albanese senza patente, del bastardo senza scrupoli che non si ferma dopo l’impatto, del tossico, dell’ubriaco, del giovane incosciente. In realtà quasi i due terzi dei sinistri che si verificano nei Comuni di grandi dimensioni, coinvolgono nella quasi totalità dei casi gente “normale”, conducenti in pieno possesso delle loro facoltà mentali che però era stata convinta da una martellante campagna propagandistica che mai gli sarebbe potuta accadere una cosa del genere, perché lui non apparteneva a nessuna delle categorie a rischio.

Infine l’ultimo inganno è proprio sul numero delle vittime che non sono i 3.860 morti l’anno (una cifra già tragicamente esagerata) di cui parla il Rapporto Aci. A questi 3.860 lutti vanno aggiunti quelli che passano il resto della vita su una sedia a rotelle, gli invalidi permanenti e i loro familiari. E poi si trascura troppo spesso il fatto che tra le vittime ci sono anche gli automobilisti che l’incidente mortale lo provocano. Come cambia la vita di queste persone dopo aver ucciso un uomo, una donna, un bambino? Complessivamente parliamo perciò di decine di migliaia di vittime ogni anno e un Paese civile proprio non se lo può permettere. Anzi non deve permetterlo.

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