Piove da ieri pomeriggio, siamo veramente esasperati. Ma in che mesi bisogna venire a queste latitudini per godere di una parvenza di estate? Come ormai da rituale parto sotto la pioggia, immortalo Marisa che rigoverna il camper (nella foto si accinge a riporre i cunei) e via. La direzione è quella indicata. Conto di arrivare ad Aosta e sostare in un campeggio posto nelle sue immediate vicinanze. Sono solo al primo tornante e già la pendenza viaggia tra il 7 e 8 %. All’improvviso sembra voglia schiarire, subito dopo tutto torna come prima. La salita, fino a Bourg St Pierre, oscilla tra il 5 ed il 9%, perlopiù tra il 7 e l’8%.
Prima di entrare nella galleria mi ritrovo con Marisa e mi concedo ad una foto. Ci accordiamo per rivederci al termine della galleria. Tutta la galleria ha, sul lato destro, piloni di cemento che creano vani di luce. La giornata plumbea non riesce a far penetrare troppo chiarore e, quindi, applico la lucetta rossa intermittente sul mio “retrotreno”. La strada è stretta, sulla sinistra la montagna e il manufatto in cemento, sulla destra corre il guard rail; gli spazi di fuga sono risicati, si creano solo quando, interrompendosi il guard rail, si aprono “balconate” sul sottostante Lac des Toules che ho immortalato mentre lasciavo passare un congruo numero di TIR. La galleria dura ben 5,1 km e sembra non finire mai, la tensione con cui la percorro mi pesa come un macigno. Durante la galleria mi sono scordato che piove, appena esco dal tunnel entro in una burrasca. Piove fortissimo, c’è vento e la salita (in galleria è quasi pianeggiante) mi appare subito tostissima.
Marisa mi attende con il motore acceso nel caso volessi riscaldarmi. Pensiero gentilissimo che declino per testardaggine. Affronto la salita e il maltempo! Dall’uscita del tunnel al passo (che si trova, anche se per pochi metri, in territorio elvetico) mancano 6,5 km; tutti in salita. Salita che non scende sotto il 10% ed arriva, in alcuni tratti, al 14%. Il freddo, quello vero, ancora non lo sento, la mantellina e il giubbotto smanicato fanno il loro dovere; le uniche parti che soffrono sono i piedi. Approfitto di alcuni indicatori di ascesa per riprendere fiato e rifocillarmi con tè caldo che la GRANDIOSA moglie ha preparato per confortarmi. Il freddo adesso c’è. Approfitto della “solita” sosta ristoratrice per cambiare le calze e mettere le soprascarpe. Non ho altro per proteggermi. La macchina fotografica la lascio a Marisa, non vorrei si bagnasse. Così lei mi scatta alcune foto fino al passo.
Durante tutta l’ascesa non ho visto nessun ciclista, avrò incrociato un paio d’auto e altrettante mi hanno superato. Sono arrivato alla mia “CIMA COPPI”. Sono contento, anzi arci-contento ce l’ho fatta! Entriamo in Italia, pochi metri e ci fermiamo per il pranzo. Lascio la bici e mi rifugio in camper per cambiarmi e riposare. Mentre stiamo mangiando noto che le nuvole cominciano a lasciare spazio a tratti di azzurro. Chissà se verrà sereno, siamo o non siamo nella patria del bel tempo? Passa un ciclista con varie borse appese al telaio, che fatica! E’ e resterà l’unico visto. Sereno non è venuto ma ha smesso di piovere ed è già gran cosa. Mi dico: “hai sputato sangue nella salita non vuoi godere nella discesa?”. Mi rispondo: “Si voglio godere della discesa”. Mi rivesto con abbigliamento asciutto (sequenza che Marisa immortala con dedizione). Foto ricordo di noi sulla vetta e della strada che si dipana verso Aosta.
La discesa si presenta difficile, la strada è ancora bagnata. In alcuni tratti viene attraversata da rivoli d’acqua che aumentano il rischio. I freni non hanno la stessa risposta dell’asciutto. Mi fermo e scatto una foto (solo dopo ho capito che è stata l’ultima della Via Francigena) Riprendo la discesa e riprende a piovere! Ma basta!! cosa ho fatto di male? Le gocce sono come tanti spilli in faccia e sulle gambe; in un paio di chilometri mi inzuppo un’altra volta. Il rischio, il freddo e più di tutti lo scoramento mi impongono di fermarmi. Attendo Marisa al riparo di una striminzita tettoia di lamiera (residuo di un’opera stradale); ripongo la bici, salgo, mi cambio e ripartiamo. Direzione Aosta e il suo campeggio. Mancano circa 30 chilometri al capoluogo valdostano, sono 30 km di acqua violenta. Giunti nei pressi del campeggio che avrebbe dovuto ospitarci prendiamo una decisione: “BASTA. Rientriamo a casa.”.
Imbocchiamo l’autostrada che ci riconduce in Lombardia. Il tempo continua ad essere piovoso. Solo molto tempo dopo che siamo sulla Milano-Torino smette. Arriviamo a casa con il sole e un gran caldo, oltre al danno la beffa. Parcheggiamo il camper sotto casa ed iniziamo le operazioni di sbarco. Mica vero che quattro gocce (proprio quattro) cadono ancora? Adesso posso dirlo: “che palle!!!” La Via Francigena (che ho ribattezzato Severigena per le abbondanti modifiche apportate al tracciato originale) è cominciata con l’acqua, è continuata con l’acqua ed è finita con l’acqua. Dovrei essere a credito di sole per parecchio tempo. Per sicurezza la prossima “cavalcata” con la bici la farò in Italia.
Mappa
Km 34 (di cui in salita: 25,5) | media 11,3 | max 61,7
Orsieres – Bourg St Pierre – G.S.B. – luogo imprecisato (indicato dalla freccia nera) Poi, in camper, fino a casa.
Conclusioni
La cosa da non fare assolutamente è confrontare il Cammino di Santiago con la Via Francigena. Sarebbe come confrontare pere con mele. Il Cammino è ormai sopravvalutato ed è diventato “obbligatorio” farlo. E’ iper-conosciuto, numerosi siti ne parlano diffusamente con resoconti e diari dei più variegati erranti. Al contrario la Via Francigena ancora fatica a decollare, manca la segnaletica, i siti che ne parlano sono pochi e dedicati, quasi esclusivamente, ai camminanti. Detto ciò ho trovato più “riposante” la Via; i suoi splendidi panorami, dal mare della Manica alle nevi del Gran San Bernardo passando dalle colline coltivate a vino e dai suoi paesini sempre ben tenuti e accoglienti. Tutto questo riempie gli occhi ed il cuore lasciando un piacevolissimo ricordo. Mi piace pensare di rifarla con il sole.
Come per il Cammino la scelta di avere il camper come supporto si è dimostrata vincente; cambiare meta e/o itinerario è gioco da ragazzi e se serve, ed è servito, funge agevolmente da gradito riparo. Di Marisa, splendida autista, cartografa, cuoca e mai musona compagna di viaggio, che posso dire? Grazie, grazie di cuore per aver avallato, condiviso, supportato e sopportato la mia passione. E’ ovvio che senza di lei non avrei potuto nemmeno teorizzare di poter fare la Francigena. Per quanto mi riguarda son arcifelice di aver intrapreso e portato, quasi, a termine la Via Francigena che mi ero prefissato; solo le avversità metereologiche (non poche) hanno avuto il potere di fermarmi. Arrivederci alla prossima avventura.
Ciao.
Marisa e Severino
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P.S.: Una volta a casa ho riordinato le idee, le foto e gli appunti presi al volo ed ho iniziato a stilare il resoconto che avete appena letto (spero senza annoiarvi). Dopo la mia seconda rilettura ho fatto leggere il tutto anche a Marisa che…si è scherzosamente risentita per quanto detto sul suo cantare al volante e sulle conseguenze pericolose a cui mi ha esposto.
La Via Francigena in bicicletta da Calais a Pavia
Tappa 1: da Wissant a Divion
Tappa 2: da Divion ad Amens
Tappa 3: da Fricourt a Le Fère
Tappa 4: da Le Fère a Epernay
Tappa 5: da Mareuil a Gèraudot
Giorno di riposo a Geraudot
Tappa 6: da Geraudot a Digione
Tappa 7: da Digione a Pontarlier
Tappa 8: da Pontarler a Losanna
Giorno di riposo a Losanna
Tappa 9: da Losanna a Orsieres
Tappa 10: da Orsieres a San Giuliano Milanese
Grazie per tutti i vostri illuminanti suggerimenti/esperienze…quest’anno abbiamo percorso il tratto Pavia/ Roma, Agosto con 38°
il prossimo anno da Losanna a Canterbury…
come faccio per mettermi in contatto con queste splendide persone VIAGGIO FANTASTICO veramente tanti tanti COMPLIMENTI Carlo