Le bici/moto a vapore come quella di S.H. Roper non ebbero mai realmente successo, e alla fine del XIX secolo erano due le tecnologie di propulsione più promettenti: quelle basate sui derivati del petrolio, e quelle elettriche. I mezzi su cui si puntava di più erano soprattutto le carrozze, che stavano gradualmente trasformandosi in automobili.
In questo contesto, un altro inventore americano decise di applicare un motore elettrico a una bici. Il suo nome era Ogden Bolton junior. Di lui sappiamo molto poco, tranne che nel 1895 registrò a suo nome un brevetto presso un ufficio statunitense.
La sua idea era semplice ma interessante: installare un motore elettrico sul mozzo posteriore di una bicicletta. Si trattava di un motore a corrente continua, a 6 poli. Il motore poteva assorbire fino a 100 ampere da una batteria da 10 volt, posizionata sotto il tubo orizzontale del telaio. Non aveva degli ingranaggi per demoltiplicare la rotazione, e di conseguenza si può immaginare che dovesse avere una coppia molto elevata, e un’autonomia ridotta, anche perché non erano previsti pedali ad aiutare il motore.
Non si ha notizia di un’eventuale effettiva produzione di questi mezzi, e non è chiaro quanto fossero diffuse bici simili in generale. Già all’epoca comunque c’era un dibattito fra i favorevoli e i contrari alle bici elettriche. In un giornale americano dell’epoca si può leggere di un dibattito fra chi pensava che la domanda per questi mezzi sarebbe aumentata di molto negli anni successivi, e chi invece credeva che i ciclisti fossero attirati soprattutto dalla bellezza dello sforzo fisico, e non avrebbero voluto abbandonare le classiche bici a pedali. Come spesso accade, avevano ragione entrambi.
fonti: http://www.google.com/patents?vid=552271
“Electric Bicycles”, D. Henshaw & R. Peace
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