Anche Peugeot abbraccia la bicicletta

Bikeitalia è stata, lo scorso 4 giugno, tra gli invitati alla presentazione milanese del Peugeot World Tour, la nuova avventura dell’ultraciclista Andrea Tozzi. Di Andrea Bikeitalia aveva già parlato lo scorso anno, proprio in occasione del suo ingaggio come testimonial del Leone. Andrea è un viaggiatore che ha spesso scelto proprio la bici per le sue avventure. Sul web nasce come travel blogger, avendo la stoffa del narratore. I suoi racconti di viaggio fanno vivere le emozioni più rare nella vita di un normale cittadino, quelle legate alla libertà di una destinazione lontana. I contenuti sono l’avventura solitaria, il divertimento, le avversità del viaggio, la crescita interiore, l’amore per i paesaggi sconfinati. Tozzi è oggi conosciuto come ultracyclist, la dizione che ha di recente sostituito quella di randonneur, ovvero il ciclista capace di attraversare continenti correndo 15 ore al giorno, dormendo poco e subito tornando sui pedali, alba dopo alba.

andrea tozzi

Sorpreso di essere stato scelto da un brand percepito come essenzialmente automobilistico, Andrea ha inaugurato con entusiasmo la sua maglia Peugeot lasciando la sua solida Kona Sutra per una Peugeot da corsa (una RSR 105 in carbonio da 7,8 kg.) correndo in solitaria da Parigi a Milano in poco più di cinque giorni. Dopo altri successi come la Transamerica e Ultrarider 2013, il marchio del leone ha ulteriormente rilanciato la sua partnership con l’atleta fiorentino, ed ecco l’idea di un giro del mondo, un viaggio fuori dai confini sportivi. Stavolta Andrea ha scelto la mountain bike, una RSM 01 in carbonio con ruote da 29”, da lui battezzata “Solaris” (chissà se c’entra Tarkovskij).

I tempi di viaggio della mountain bike sono diversi da quelli di una bici da strada. Con la MTB Tozzi ha voluto abbandonare i ritmi della randonnèe per entrare in un viaggio più consono a raccontare i mutamenti del paesaggio intorno a lui, piuttosto che il suo mondo interiore lanciato a tutta birra. È anche vero che gli itinerari del suo tour sono spesso su piste sterrate, come per la 704, la strada che domina fino a oltre 3000 metri i canyon dell’Alto Atlante marocchino percorsi nella prima tappa, impraticabili su una bici da corsa. L’allestimento scelto per il viaggio è quello del bikepacking, con carichi fissati anche direttamente ai due steli della forcella; la MTB sarà anche più lenta di una bici da corsa, ma quando ti butti giù a tutta su una pista sterrata le borse normali sbilanciano l’assetto, quando non volano semplicemente via. E poi, dove lo metti un portapacchi su quel telaio? A proposito di bagaglio, Andrea si rammarica di dover portare il peso della tecnologia necessaria alla sua attività di travel blogger, come il laptop, la GoPro, la macchina fotografica, etc., ma è il prezzo da pagare nell’era della comunicazione 2.0, ma la sua combinazione di bagagli non gli ha dato per ora problemi.

Ma torniamo a Peugeot. Le Peugeot a pedali sono state le più celebri interpreti proprio del modello randonneur negli anni dai Cinquanta ai Settanta, ma nonostante la qualità della produzione ciclistica la componente automobilistica è preponderante nelle prospettive del brand. Liberata dalle prospettive dell’ultracycling moderno, la randonneur è un’ottima candidata ad essere una bicicletta di successo nei trasferimenti quotidiani, oltre al più scontato impiego nel cicloturismo. È affidabile, elegante, trasporta facilmente il bagaglio di una giornata e può facilmente essere accessoriata con parafanghi e luci, quando non ce li ha di serie. È di fatto il SUV della bicicletta, capace di incarnare più di ogni altro veicolo le caratteristiche di Sport Utility Vehicle, dunque appetibile in una strategia di mercato che metta un prodotto interessante ma poco frequentato dai competitor come protagonista dell’intera gamma. Sempre più spesso l’immagine di questa bicicletta è associata al commuting, magari verso un target manageriale, da SUV, appunto. Peugeot potrebbe usare la tradizione di eleganza e affidabilità dei propri modelli passati come leva di marketing per proporre nuovi modelli di questo tipo di bici, pieno di risorse per l’uso quotidiano. Da un investimento come quello di Peugeot Italia nel World Tour di Tozzi ci si aspetterebbe, a parte le mie speculazioni sul futuro della randonneur, un rilancio del settore ciclo in Italia, ma i fatti dicono cose diverse.

Intanto, nel World Tour non c’è solo la bici: lo stesso viaggiatore ha voluto inserire un itinerario automobilistico sui quattro del programma, 20.000 km. dal finis terrae portoghese del Cabo da Roca a Tokio. Tozzi si è detto ispirato dai raid automobilistici di Ambrogio Fogar, più che dalle performance dal Beppe Tenti di Overland. Il 28 giugno partirà con una 2008 preparata e due compagni di viaggio reclutati sul web: niente solitudine, ma la solidità di un equipaggio in grado di affrontare gli imprevisti tecnici con una logica di squadra. Per il momento, più che i prevedibili guasti da affrontare in prospettiva, sembra sia stata la burocrazia a fare la parte del leone (perdonate il bisticcio con l’animale totem di Peugeot). La vera avventura è stata quella di garantire i permessi a un’auto non di proprietà per muoversi da un continente all’altro e attraverso decine di confini e dogane, altro che imprevisti di percorso; a sentire Andrea, è mille volte meglio trovarsi nel deserto.

La bicicletta invece, da questo ed altri punti di vista, non conosce confini.Burocrazia a parte, con questo World Tour la comunicazione di Peugeot va dritta al suo obbiettivo di fondo, ovvero garantire al brand una associazione diretta con l’avventura e un’affidabilità provata da stress test epocali. Con Tozzi Peugeot si è assicurata un testimonial perfetto, in grado di passare con disinvoltura dall’ultracycling al transworld in bici, ma capace anche di mettersi al volante. È la vocazione di un’azienda che ha un DNA costantemente in mutazione e progressione, nelle cui origini ci sono reggiseni, macinapepe, i celebri utensili e naturalmente i veicoli a due e quattro ruote. In questo World Tour resta in ogni caso la preponderanza data da Andrea Tozzi alla bicicletta, e sorge quindi spontanea la domanda: perché?

Perché Peugeot Italia ha deciso di investire così tanto sull’immagine della (sua) bicicletta se poi di fatto non promuove il settore, con tutta la potenzialità che avrebbero le sue bici? In Italia le biciclette Peugeot sono state per lungo tempo diffuse attraverso la rete ricambi automobilistica: poco efficiente, ma era una base sulla quale poter costruire alternative, ad esempio inoculando un po’ di biciclette negli spazi degli esausti concessionari. Dopodiché la distribuzione è passata alla Bianchi, che non ha certo messo il Leone davanti alla sua Aquila. Adesso i più tenaci fan del Leone a pedali possono rivolgersi alla sezione scooter di Peugeot Italia, ma il fuoco sembra essere tutto sui modelli a pedalata assistita, altro che ultracycling. Del resto, quello delle bipa è il settore che, insieme alle pieghevoli, tira di più.
La risposta all’interrogativo di partenza potrebbe essere il voler saltare sul carro, o biga che sia, della bicicletta come megatrend: sappiamo come le due ruote a pedali siano ormai ospiti inflazionate di qualsiasi contesto di comunicazione B to C (da azienda a consumatore), sia esso una vetrina di abbigliamento in centro o uno spot di yogurt in televisione, per non parlare del web.

Le bici vanno bene anche per vendere automobili. Per Peugeot Italia aver concepito il World Tour con Andrea Tozzi va visto più che altro nei termini di uno spostamento da marketing di prodotto (promuovere un singolo prodotto, l’auto o la bici che sia) a marketing di brand (promuovere i valori e le aspirazioni di Peugeot in generale). Più che mettere in luce il crossover 2008 o la mountain bike RSM 01, parliamo di avventura, di affidabilità del prodotto, di sfida. A chi? Al signore che accende una rateizzazione per poi rimanere bloccato nel traffico? La vera sfida per un brand come Peugeot sembra essere tornare al futuro, investendo nelle due ruote, a pedali.

Commenti

  1. Avatar Oberdan ha detto:

    E’ un bene che marchio così prestigioso(10 vittorie al Tour de France, primato assoluto) torni al ciclismo. A quando una squadra World Tour?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *