Perché dobbiamo tenerci stretto Marino

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Breve premessa: parlo da cicloattivista impegnato da anni nell’impervia scalata alla modernità, qui da noi smarrita, attraverso la rivoluzione delle abitudini stradali. Tutto ciò che segue ha questo punto di vista imprescindibile.

Ho sempre pensato che Ignazio Marino è come un liceale secchione a capo di una classe di coatti, ovvero tutti noi romani. Questo il suo primo problema, che è essenzialmente caratteriale ma non intacca il dato di base: è stato eletto in piena libertà e nessuno può dire che si sia mascherato da coatto, malgrado l’ammiccante slogan “Daje”, evidentemente posticcio.
Inoltre -e torno a parlare da ciclista urbano quotidiano, attivista della ciclabilità e tutta la tarantella conseguente- ha creato a noi ciclisti urbani un enorme danno d’immagine: essendo un potente gaffeur, e pure un pochino buffo a volte, la sua cattiva luce si sta riverberando su tutti noi altri. Un problema che vediamo per strada sempre più spesso, grazie alle irriferibili contumelie che gli automobilisti ci rivolgono e che sempre più spesso tirano in ballo il sindaco. Il tutto non bilanciato da effettive azioni a favore della ciclabilità, che a un anno e mezzo dall’elezione assommano a pochi interventi su orari e accessi ai mezzi pubblici con le biciclette (n.b.: si tratta di interventi che non riguardano la vita in strada).

Detto quanto sopra, ritengo che oggi più che mai Marino debba restare al suo posto.
La guerra che gli fanno i costruttori romani (Caltagirone in primis), gli ormai ex caldarrostai (la famiglia Tredicine, che ha attività economiche su strada di ben altro spessore, altro che caldarroste; e sposta decine di migliaia di voti), la destra estrema e estremicchia (esempio su tutti Tor Sapienza, e la buffonata della marcia delle periferie di sabato scorso, dichiarata apartitica e con dentro tutto il peggio della fascioromanità), la pseudosinistra di livore e di governo, l’ostilità del romano medio, che non si muove di un metro senza la sua privatissima vettura come se fosse solo al mondo e in una città deserta, ha una sola ragione: Marino sta rompendo le scatole a una città aggrovigliata nelle sue pessime abitudini e stratificata nei suoi diecimila interessi privati e pluripersonali.

Marino ha dimostrato di non ascoltare nessuno, nel bene e nel male. Il male è che non ascolta i consigli fattivi che nascono dalle parti migliori della società; il bene è che non ascolta le suadenti parole dei piccoli e grandi potentati che da sempre governano Roma. E quasi con candore va avanti su una linea che, per quanto timida e di piccoli passi, questa città aspetta da decenni. La via del Babuino liberata è poca cosa, ma bellissima. E può migliorare, con la progressiva sottrazione di privilegi concessi alle 21 categorie che ancora oggi possono percorrerla con i mezzi del secolo scorso.

La testardaggine, spesso irritante, dimostrata dal successore di Alemanno (scusate il termine) non è propria di nessuno di coloro che vorrebbero prenderne il posto. L’ex candidato principe al Campidoglio, poi convinto a correre per la regione a causa del possibile scandalo delle torri dell’Eur poi rapidamente dimenticato grazie alla sua scelta, ha al contrario sempre dimostrato una certa pavidità politica, non prendendo posizione praticamente su niente, mai. Un ottimo modo per diventare sindaco di Roma, dal dopo Petroselli in poi. Quindi non ci serve Zingaretti, che non sbaglia mai: ci serve un mulo, secchione e estraneo, come Marino. Anche quando sbaglia, sbaglia ai danni della Roma peggiore.

Un mio vecchio amico, ora scomparso, e profondo conoscitore della romanità più reale, er Poro Guiduccio, diceva sempre: “il problema principale di Roma sono i vigili urbani”. Che oggi, con il tandem Marino-Clemente, si sentono minacciati dal piano anticorruzione, una reazione che tutti gli osservatori stranieri stanno guardando con gli occhi di fuori, non capacitandosi di questa ennesima dimostrazione di illogicità italiana.

Diceva Monicelli: a Roma non succede mai niente. Con tutto l’affetto per il sor Mario, spero che questa volta abbia torto. Probabilmente, continuando il tiro al piccione-Marino, avrà ragione ancora una volta.

Ps sulla Panda rossa: suggerisco a Marino di rottamarla, filmarne la rottamazione e mostrare il video ai romani per dare l’esempio.

Fonte | rotafixa.it

Commenti

  1. Avatar Marco ha detto:

    Io sono d’accordo con l’opinione espresso, Marino rompe le palle a costruttori, automobilisti etc.. LA domanda è: ma per noi ciclisti che programmi ha??!

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