“Continente” Sardegna in bici (Est, Sud, Ovest): 6°, 7° e 8° Tappa
Costa Sud – tappa 6
(28/06/2016 camping Torre Chia-camping La Tonnara)
La bellezza del luogo, la cortesia dei gestori del campeggio, la compagnia di un’altra coppia camperista ci convincono a rimanere fermi per ben quattro giorni, tutto bello ma non vedo l’ora di riprendere la bici. Alle 6,00 di oggi la riprendo, il sole deve ancora fare capolino, quando accade è bellissimo. Mi fermo ed osservo a lungo.
Bellissima la strada malgrado qualche pendenza al 9% ma ormai sono rodato.
Niente auto ma anche nessun ciclista, c’è solo la mia ombra a farmi compagnia.
L’asfalto, anche in questo caso, è in ottime condizioni.
A rovinare l’assoluta bellezza della costa ci pensa il solito scempio urbanistico che convalida il proverbio: “la mamma dei cretini è sempre incinta”.
Dopo questa bruttura la strada abbandona il mare e non presenta più particolari attrattive fino all’isola di S. Antioco dove riacquista sapore.
Il campeggio che ci ospita è La Tonnara, molto pulito ed in bella posizione.
Costa est – tappa 7
(29/06/2016 camping La Tonnara-Cala Domestica)
Basta una foto per capire l’ottima posizione del campeggio. Riattraverso l’isola di Sant’Antioco e dopo il ponte che la collega alla terra ferma imbocco la SP 75 che mi conduce a Portoscuso; strada anonima e senza fascino mi consente di arrivare in uno dei posti peggiori della Sardegna (sempre a mio giudizio). Gigantesche pale eoliche, inquinanti depositi abbandonati, fumose centrali elettriche e rumorose zone industriali sono l’opprimente compagnia fino a quando, finalmente, riesco a dirigere la “prua” verso Gonnesa e lascio alle mie spalle tutto questo degrado urbano, assurdo retaggio degli anni dell’industrializzazione selvaggia e “indispensabile” al progresso ed al benessere!
Dopo Gonnesa inizia un altro tratto di costa meravigliosa che termina con Masua ed il suo Pan di Zucchero. Poco prima di Masua, a Nebida, si possono ammirare i resti di antichi edifici al servizio delle miniere ormai abbandonate. Lascio Masua e affronto la non prevista salita di circa 3 km che, con tratti anche al 16%, mi stronca le gambe già provate dal caldo afoso di oggi (il cartello stradale, mentitore, riporta “solo” il 13%).
Come sempre dopo una salita c’è una discesa (meno male) che rapidamente mi porta a Cala Domestica dove mi ricongiungo con Marisa ed i nostri nuovi amici (Marisa (anche lei) e Danilo). L’idea iniziale era di fermarci nell’area attrezzata prospiciente il mare ma decidiamo diversamente ed in camper ci dirigiamo alla volta del campeggio Ortus de Mari posto ad un paio di chilometri scarsi nell’entroterra di Portixeddu.
Costa est – tappa 8
30/06/2016 camping Ortus de Mari-Marceddi)
Il campeggio Ortus de Mari è, nella sua semplicità, un gioiellino da provare senza indugio; oltre ad una ombreggiatura notevole e ad una tranquillità invidiabile il gestore, su prenotazione, consente di trovare alla mattina pane fresco e cornetti caldi! Evito di sgranocchiare i cornetti per non trovarmi tra qualche chilometro con bruciori di stomaco e pesantezze relative. Solita colazione con biscotti secchi, miele e tè (alcuni preferiscono indicarlo con: the oppure thè, rimane pure sempre acqua calda o poco più) che mi garantisce la sopravvivenza fino a metà mattina dove ricorro alle barrette di muesli.
Inizio la pedalata odierna poco prima delle 6,30, il sole è coperto dalle nubi e non fa caldo per nulla. Dopo 6 km di pianura inizia la salita, non omogenea; alterna pendenze molto diverse tra loro che terminano alla Cantoniera e all’omonimo Passo Bidderdi. Con una “quasi discesa” di circa dieci chilometri entro in Arbus con una salita tosta, la attraverso con una salita tosta, esco da Arbus con una salita tosta; mi sembra di essere un tostapane. All’uscita del paese c’è il cartello del passo.
Nel comune successivo, Guspini, entro in discesa e ne esco in pianura; da qui e fino a Marceddi, luogo del ricongiungimento con Marisa, Marisa e Danilo, la strada è vallonata ma senza problemi fatto salvo il vento che soffia contro. Le nuvole mattutine si sono dissolte ed un bel sole mi scalda la schiena, non sono stanco e mi godo gli ultimi chilometri; niente auto, incrocio solo un paio di ciclisti, sicuramente del Nord Europa, carichi come muli e completamente a torso nudo, ci scambiamo il saluto di rito e poi ognuno per la sua strada.
La caratteristica di Marceddi è lo stretto ponte che la collega all’altra sponda dello stagno che porta lo stesso nome del paese. Le auto possono percorrerlo solo a senso alternato anche se un cartello ne vieta la percorrenza ai mezzi non autorizzati; in Italia i divieti non sono prescrizioni ma solo consigli.
Mi metto all’ombra dei pochi alberi della piazzetta e mi mangio un gelato, devo solo attendere l’arrivo di Marisa e degli amici. Il tempo passa e di loro nemmeno l’ombra, ho tempo per riflettere su quanto visto oggi e la prima riflessione è: ma come e di cosa vivono ad Arbus? E’ lontana dal mare e dal suo turismo, non ho visto industrie, le strade per raggiungerla sono tortuose e quindi poco veloci. Penso a soluzioni brillanti che diano impulso al paese ma ecco che arriva Marisa, ben un’ora di differenza, e con aria serafica mi dice che non ha sentito la sveglia e ha dormito a lungo e bene. Le donne, se non ci fossero bisognerebbe inventarle (ma tanto che ci siamo inventiamole meglio). Due o tre minuti ancora ed ecco che arrivano anche Danilo e Marisa, siamo al completo; salgo in camper e ci spostiamo ad Is Arenas a nord di Oristano che non ho voluto attraversare in bici per non immergermi nel traffico, così come non mi interessa pedalare sulla poco interessante pianura che anticipa e segue il capoluogo.
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