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Bangladesh: il coraggio dei liceali contro la strage sulle strade

Per protestare contro la scarsa sicurezza stradale in Italia o in Europa ci vuole coraggio, costanza, determinazione. Per farlo in paesi autoritari queste qualità vanno elevate all’ennesima potenza.

Per questo vogliamo raccontarvi una storia che ha caratterizzato quest’estate, sfuggita ai telegiornali: la storia della rivolta degli studenti liceali e universitari in Bangladesh.

Il 29 luglio due bambini di età scolare nella capitale del Bangladesh, Dhaka, sono stati uccisi, investiti da un autobus. L’autista del mezzo stava guidando velocemente, in competizione con un suo collega/rivale, per arrivare prima alla fermata successiva e quindi assicurarsi dei passeggeri/clienti. Già solo questo fatto racconta bene lo stato del trasporto pubblico e della sicurezza stradale a Dhaka, capitale di un paese in cui i morti per incidenti stradali non vengono neanche contati (secondo alcune stime dell’OMS sarebbero circa 25mila all’anno).

Due morti come tante altre, quindi. E invece no, perché questa ennesima tragedia ha spinto gruppi di studenti a protestare, prima sui social, e poi lungo le strade. E non si è trattato di proteste isolate o simboliche: decine di migliaia di studenti liceali sono scesi per le strade, bloccando gli incroci e fermando di fatto la città intera. Hanno fermato camion, bus e automobili, chiedendo di vedere le patenti di guida e controllando le condizioni dei mezzi. “Vogliamo che le patenti di guida non siano più distribuite come caramelle”, ha affermato uno studente 17enne alla BBC.

La protesta è andata avanti per molti giorni, fino a quando non è intervenuta la polizia, con gas lacrimogeni e proiettili di gomma; a supporto della polizia, alcuni gruppi violenti di studenti legati al partito al governo. Nei giorni successivi la polizia è intervenuta anche nei campus e nelle residenze universitarie, dopo che anche gli studenti di maggiore età si erano uniti ai loro colleghi più giovani nelle proteste. Persino giornalisti e l’ambasciatore degli Stati Uniti sono stati attaccati dai gruppi pro-governo. I servizi di internet via rete mobile sono stati sospesi per impedire agli studenti di organizzarsi.

Il governo ha promesso di riformare le leggi sulla sicurezza stradale, promettendo anche la pena di morte per i reati di omicidio stradale; pochi giorni dopo una legge sulla sicurezza stradale ferma da tempo negli ingorghi burocratici è stata approvata.

Al momento la situazione sembra tornata alla “normalità”, se così si può dire. Ma la rabbia degli studenti sembra pronta a esplodere nuovamente da un momento all’altro.

Questo caso fa tornare alla mente l’esperienza olandese: nei Paesi Bassi la sicurezza stradale per bici e pedoni non è sempre stata alta come oggi. Negli anni Settanta la campagna “Stop de Kindermoord” (fermate gli infanticidi) è stata ampia, dura, efficace: qui raccontiamo questa storia. Agli studenti del Bangladesh non possiamo che augurare altrettanto successo, ma non sarà facile.

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