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Milano, strade alle persone: il metodo Dondé colpisce ancora

In una sala gremita di persone si è tenuta questa mattina la conferenza stampa di lancio della seconda edizione di Trentami, una sperimentazione dal basso di zona 30 per restituire spazi ai cittadini sottraendone alle automobili.

Dopo il quartiere Corvetto dell’anno scorso, quest’anno è toccato all’area antistante il Parco Trotter in cui l’architetto Matteo Dondé, che per primo ha portato in Italia il metodo delle sperimentazioni dal basso di zone 30, ha restituito ai cittadini lo spazio sottraendone alle automobili in sosta vietata utilizzando pittura, sedute e qualche pianta ornamentale.


Il progetto promosso dai Genitori Antismog e da Fiab Milano Ciclobby ha incontrato nuovamente il favore dell’amministrazione meneghina che ne ha sposato da subito il modello. L’assessore alla mobilità, Marco Granelli, ha così commentato:“ Le zone 30 sono zone dove l’uso della strada è per tutti, per chi va a piedi, per chi va in bicicletta, per le auto, per i monopattini. Il problema è che se dobbiamo usarle tutte assieme dobbiamo andare più piano. Questa zona 30 esce quindi dai piani e dalle delibere del Comune e prende forma in strada.”

La realizzazione è stata preceduta da assemblee pubbliche grazie al coinvolgimento della corposa social street del quartiere Nolo e ai numerosi volontari che hanno dato il proprio contributo all’operazione.

L’intersezione via Rovereto – via Giacosa prima della cura L’intersezione via Rovereto – via Giacosa dopo la cura

In termini tecnici, l’intervento ha quindi interessato l’incrocio tra viale Monza e via Rovereto dove è stato ridotta la portata dell’attraversamento pedonale, esattamente come avvenuto all’incrocio tra via Rovereto e via Giacosa.

sperimentazione trotter Il piazzale davanti al Parco Trotter prima della cura sperimentazione trotter Il piazzale davanti al Parco Trotter dopo la cura

L’intera via Rovereto è stata interessata da un restringimento di carreggiata e dalla creazione di ostacoli alla sosta illegale sul marciapiedi, mentre l’area di accesso al parco Trotter è stata colorata e ne è stato limitato l’accesso per evidenziare che, nonostante l’uso fatto nel corso dei decenni, quello spaizo non è un parcheggio ma un luogo per la socialità dei cittadini.

Resta da capire se per impedire alle automobili di invadere ogni possibile spazio Milano continuerà a creare barriere architettoniche o se, invece, si deciderà prima o poi a sanzionare i comportamenti antisociali di chi ritiene di aver diritto a una porzione di strada per il solo fatto di aver comprato un automobile.

Commenti

  1. Paolo Volpato Paolo Volpato ha detto:

    Ciao Aliso,

    è vero che con l’espressione “barriere architettoniche” si intendono di solito tutti gli impedimenti alla circolazione dei disabili. Tuttavia, non credo che Andrea si riferisse a questo.
    Qui si sta parlando di ostacoli che impediscono fisicamente alle automobili di raggiungere alte velocità in ambiente urbano.
    Come puoi vedere passeggiando per molte città europee, una città in cui le auto sono costrette a rallentare, e in cui lo spazio urbano è restituito ai cittadini, è anche una città in cui i disabili possono circolare molto più facilmente.

  2. Avatar Aliso Cecchini ha detto:

    Pensi solo per te e non per i disabili e chi porta i bambini in carrozzina.

  3. Avatar Andrea ha detto:

    Barriere architettoniche tutta la vita!
    Le multe sono antidemocratiche, incerte e danno una sensazione di casualità più che di ordine (“mi hanno fatto la multa. Che sfiga!”). Le barriere architettoniche sono il miglior deterrente alla sosta vietata in quanto, multa o non multa, dove c’è la barriera è impossibile parcheggiare.

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