Un ponte ciclopedonale viene abbattuto da un camion con la gru che ci passa sotto e sfonda tutto, tagliando in due la mobilità ciclabile nel quadrante Sud della città di Roma, impedendo di fatto il collegamento sicuro a pedali dell’Eur con la dorsale di Via Cristoforo Colombo.
Il fatto è accaduto ieri, 8 ottobre 2020, a Roma in Via Laurentina e ha messo a nudo la fragilità di un sistema di mobilità da ristrutturare, dove la messa in sicurezza dei punti nevralgici e la necessità di creare una vera e propria rete ciclabile “continua e fruibile” si scontra con una realtà viaria fatta di autostrade urbane che rappresentano enormi barriere per lo sviluppo di una ciclabilità diffusa.
L’immagine del ponte abbattuto (e non “crollato”, come hanno titolato erroneamente molte testate giornalistiche come se si fosse trattato di un cedimento strutturale, ndr) può essere vista anche come la metafora dello scollamento tra ciò che è stato promesso e ciò che è stato fatto a Roma per la mobilità post-Covid: il piano ciclabile di 150 chilometri (da completare entro la fine del 2020) nei primi 4 mesi è stato realizzato per circa il 10%, anche se proprio ieri sono partiti nuovi cantieri (Viale Jonio e Via Gregorio VII) che speriamo possano procedere spediti.
Il problema – e il tema di attualità – è che le ricuciture ciclabili che bypassano svincoli autostradali, come appunto il ponte ciclopedonale di Via Laurentina, molto spesso uniscono soltanto spezzoni di percorsi per bici/pedoni realizzati in passato dove davano “meno fastidio” alla viabilità principale, come appunto è la stessa dorsale della Cristoforo Colombo realizzata quasi integralmente sul marciapiede e/o attraversando i parchetti e le aiuole ai margini di un’autostrada urbana a 8 corsie, che peraltro si interrompe laddove ce ne sarebbe più bisogno e cioè nel tratto tra Via Laurentina e Piazza dei Navigatori.
La ciclopedonale di Via Cristoforo Colombo – bidirezionale, promiscua, sul marciapiede – è stata in passato anche teatro di investimenti mortali: perché gli attraversamenti e gli incroci – come quello nei pressi della Regione Lazio – non sono stati realizzati pensando alla fragilità dell’utente a pedali, ma alla comodità di chi deve svoltare a destra e può prendere la curva senza la necessità o l’obbligo di rallentare.
Ora, oltre a ristrutturare e riaprire il ponte ciclabile e pedonale di Via Laurentina, sarebbe il caso di fare una seria riflessione sulle ciclopedonali realizzate nel passato con concezioni ormai superate: bisogna continuare a disegnare la nuova mobilità a pedali della Capitale con le corsie ciclabili transitorie su carreggiata, da trasformare in definitive come sta pensando di fare Londra o come ha già fatto Parigi guidata dalla sindaca delle biciclette Anne Hidalgo.
Le infrastrutture ciclabili urbane vanno ripensate e ristrutturate nel profondo: soltanto così potranno diventare parte di una Rete realmente attrattiva e fruibile da un numero sempre maggiore di persone.
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