Mobilità

ECF: guida pratica per finanziare la ciclabilità con il Recovery Fund

Sfruttare il Recovery Fund per rendere l’Italia un paese ciclabile è possibile: pochi giorni fa la European Cyclists’ Federation ha pubblicato una guida per illustrare agli amministratori locali italiani come accedere ai fondi del Recovery Fund al fine di investirli in azioni concrete bike friendly, come ad esempio in piste ciclabili o mobilità in sharing.

ecf

In totale le guide prodotte da ECF sono ben 27, una per ogni stato membro dell’Unione Europea, e ciascuna di esse è dettagliatamente cucita addosso alle esigenze e alle problematiche proprie di quella specifica nazione.

L’obiettivo finale di queste guide è infatti quello di permettere alle autorità locali di ogni stato membro di redigere dei progetti concreti così da ottenere i finanziamenti necessari per migliorare in maniera sensibile la ciclabilità e la sostenibilità della loro realtà territoriale.

Perché investire nella ciclabilità

Perché investire nella ciclabilità ECF

Il documento si apre spiegando i tanti motivi per cui oggi è così importante investire in progetti legati alla mobilità ciclistica. È infatti stato calcolato che ogni anno l’ambito ciclismo contribuisce all’economia europea per 150 miliardi di euro, dando circa 650 mila posti di lavoro. Quello della bicicletta è inoltre un mercato in continua forte espansione, si stima infatti che nel 2022 ci sarà un ulteriore tasso di crescita pari al 5,5%.

Tra i benefici economici della mobilità ciclistica si possono elencare il risparmio di carburanti fossili e la riduzione dell’inquinamento dell’aria, ma anche una più lunga aspettativa di vita, gli introiti del turismo ciclabile e quelli del mercato della bicicletta, così come il minor impatto del traffico veicolare sulle strade. Tutti questi sono parametri che fanno risultare gli investimenti nella ciclabilità come molto vantaggiosi sia socialmente che economicamente.

ECF benefici della bici mercato ciclabilità

Le criticità del caso Italia

Secondo ECF nel nostro Paese esistono criticità ben delineate da alcuni dati specifici, come evidenziato nelle guida dedicata all’Italia. Il 23% delle emissioni dei gas a effetto serra è provocato direttamente dal traffico veicolare di cui circa l’80% è dovuto all’uso di un’automobile privata, un dato allarmante e in costante aumento negli ultimi anni. Si stima inoltre che il 3,3% della popolazione italiana (circa 2 milioni di persone) viva in aree dove gli standard europei di qualità dell’aria non vengono rispettati. L’Italia si è già impegnata a ridurre del 53% queste emissioni entro il 2030, un obiettivo non da poco che richiede un netto cambio di paradigma nella mobilità per essere raggiunto.

Per arrivare a ciò fino ad ora sono già stati attivati 35 PUMS, Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, che ogni città dovrebbe seguire per delineare un futuro quanto più ciclabile. Altri 35 PUMS sono stati redatti ma non ancora approvati, mentre ulteriori 88 sono in fase di preparazione. Ma tutto questo sembra non sia abbastanza.

Come cambiare rotta

Le raccomandazione ufficiali che la European Cyclists’ Federation da al nostro paese sono ben precise. “L’Italia dovrebbe focalizzarsi in investimenti sulla transizione green e digitale, in particolare sull’uso e la produzione di energia pulita, trasporti pubblici sostenibili, ricerca e innovazione, una migliore gestione dei rifiuti e dell’acqua così come il potenziamento delle infrastrutture digitali”.

L’ECF, per attivare politiche bike friendly attraverso il Recovery Fund, consiglia vivamente all’Italia di spingere sugli obiettivi elencati nel National Energy and Climate Plan da poco sottoscritto:

  • sviluppo della mobilità ciclistica attraverso la costruzione di piste ciclabili;
  • promozione della mobilità cosiddetta sharing (bike, car e moto sharing con emissioni pari a zero);
  • integrazione dei vari servizi di mobilità sostenibile (ad esempio parcheggi di biciclette in prossimità delle stazioni dei mezzi pubblici e parcheggi d’interscambio), quindi intermodalità.

Quanti fondi e dove

Secondo ECF almeno il 30% dei fondi europei dovrà essere investito in progetti inerenti il cambiamento climatico. Si calcola inoltre che l’Unione Europea, nel periodo 2014-2020, abbia investito circa 2 miliardi di euro in progetti di ciclabilità, e di questi circa 88 milioni sono stati riservati all’Italia. Uno sforzo economico in forte crescita quello della UE, che nel periodo precedente aveva stanziato in programmi con riferimenti diretti o indiretti alla mobilità ciclistica “solo” 700milioni di euro. Cifre che dimostrano come quella di una sempre maggiore ciclabilità sia la strada giusta da seguire, anche e soprattutto nel prossimo futuro.

Dal regolamento UE ai singoli investimenti

Un passaggio fondamentale per riuscire ad accedere a questi fondi è quello di riuscire a tradurre le idee di mobilità ciclistica in progetti concreti e con una strategia coerente che tenga conto del rigido regolamento dell’Unione Europea. Anche qui la ECF si spende in preziosi consigli che le autorità locali e regionali sono tenute a seguire per mandare a buon fine i loro investimenti nel mondo della bicicletta e della mobilità sostenibile.

Esempi concreti

Nel corso della guida vengono poi illustrati alcuni esempi concreti di come alcune città hanno utilizzato o stanno utilizzando i fondi europei per delle opere di ciclabilità particolarmente virtuose ed efficienti. Una fonte di ispirazione che potrebbe trovare terreno fertile anche da noi.

Tra questi esempi virtuosi vengono mostrati El Anillo Ciclista, l’infrastruttura ciclistica nella città spagnola di Valencia, che ad oggi conta più di 150 km di piste ciclabili urbane. La ciclabilità valenciana è guidata da Giuseppe Grezzi – assessore alla Mobilità Sostenibile e Spazio Pubblico – che parlerà del suo lavoro anche al simposio digitale mobilitARS, organizzato da Bikenomist con il Supporto di Selle Royal Group, nella sessione “Intermodalità: una risposta organica” del 17 febbraio 2021 dalle ore 11:15 alle ore 13:15 [per info e registrazioni: www.mobilitars.eu].

ECF velo malopolska
Velo Malopolska (Polonia)

Altre opere analizzate nella guida di ECF sono la Velo Malopolska, ovvero una serie di piste ciclabili turistiche in Polonia, con oltre 550 km di tracciati già realizzati e la Fietssnelwegen nelle Fiandre, una rete di superstrade ciclabili che collegano tutti i centri nel nord del Belgio da Hasselt a Bruges, per un totale di circa 2.400 km.

Fietssnelwegen
Fietssnelwegen (Fiandre)

In conclusione

La speranza è che le varie amministrazioni italiane facciano tesoro di questi utili ed autorevoli consigli che potrebbero essere estremamente utili in fase di scrittura dei documenti di programmazione dei vari progetti.

Trasformare l’Italia in un paese ciclabile non solo è possibile, ma grazie a questa preziosa guida prodotta dalla European Cyclists’ Federation, è ancora più concretamente fattibile, anche se la strada da pedalare è ancora molto lunga e in salita.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *