Bici

Vita da Rider | “Io, in bici e con la precedenza, investito da un automobilista distratto”

Alla fine, la più grande paura dell’uscire in bici per fare le consegne si è concretizzata: ho avuto un incidente.


Non so quante volte mi sono interrogato su come mi sarei dovuto comportare in caso di sinistro, su dove si sarebbe potuto verificare e con quali modalità (tamponamento? apertura improvvisa di una portiera? auto che mi taglia la strada? ubriaco che mi prende in pieno?).

Mi era già capitato di assistere a due interventi della Polizia Municipale per incidenti di alcuni giovani colleghi in motorino e, il solo fatto di vedere il mezzo a terra con i borsoni, mi aveva fatto raggelare il sangue.

Ebbene, dopo 10 mesi di lavoro come rider in bicicletta, sono finito anche io in ospedale. È successo giovedì 11 febbraio, lo stesso giorno di Fernando Alonso, colpito da un’automobile mentre era fuori in bici.

Per fortuna, niente di grave ma certamente questo episodio ha accentuato la mia paura di morire investito.

Venendo ai fatti, verso le 20.30 circa, ripartivo dopo aver preso l’ordine, iniziando a pedalare in una zona tranquilla, dove si trova il parcheggio di un fast food che fa anche drive in. La serata era poco trafficata: tipica serata fredda da zona arancione che non invoglia ad uscire. Avevo le luci accese (luce anteriore da 500 lumen), giubbotto arancione e catarifrangente, il parcheggio era ben illuminato, niente nebbia, nessun punto cieco che diminuisca la visibilità ai veicoli. Insomma, condizioni perfette.

Passo davanti all’uscita del drive in e vedo una macchina che sta ripartendo dopo aver preso la cena.

Incidente auto bici
Collisione auto-bici (foto di repertorio)

Io pedalo tranquillamente e ho la precedenza, in quanto c’è lo stop per la macchina. Con la coda dell’occhio vedo che la vettura, invece di fermarsi, accelera. Penso che sicuramente appartiene alla categoria di automobilisti che frenano di colpo, all’ultimo momento. Inizio a guardare dentro all’abitacolo, cercando di capire se l’automobilista mi abbia visto o meno. La velocità piano piano aumenta ma, nonostante ciò, mi convinco che si fermerà: è impossibile che non mi abbia visto! Neanche il tempo di terminare il pensiero che l’auto accelera ancora di più. Mentre provo a spostarmi, mi domando cosa fare, se pedalare ancora più forte nel tentativo di schivarla oppure se frenare bruscamente. Ma ormai è troppo tardi: l’auto mi prende in pieno. Inizio ad urlare e la macchina si ferma subito: mi ritrovo steso per terra insieme alla bici del tutto cosciente.

Sento subito dolore. Dopo qualche secondo inizio a imprecare ma capisco di essere ancora vivo. L’automobilista mi soccorre, si scusa, prova a farmi rialzare ma gli dico di lasciarmi per terra e di chiamare l’ambulanza. Candidamente, ammette che era impossibile non vedermi dato che ero ben visibile eppure, nonostante questo, mi aveva preso. Solo il giorno dopo mi ha confidato che era stanco per il lavoro e distratto. La distrazione!

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Mentre aspettiamo i soccorsi inizio a “sbrigare” la pratica assicurazione da infortunio sul lavoro. Tramite la chat con il call center dell’app, avviso del sinistro, precisando che la consegna che avevo preso in carico non sarebbe di certo arrivata a destinazione e dicendo loro di far rifare l’ordine. Contemporaneamente, mi inoltrano tutti i fogli da compilare con anagrafiche e dettagli incidente.

Passo la notte in ospedale, otto ore prima di poter avere il via libera da parte del medico per tornare a casa: 5 giorni di riposo, trauma cranio-facciale e qualche livido qua e là.

E pensare che dopo aver preso in carico l’ordine ero indeciso tra due strade da percorrere per arrivare a casa del cliente. Alla rotonda, se avessi svoltato a sinistra, anziché andare dritto, non mi sarebbe successo nulla. Invece ho preso la strada che ritenevo “meno trafficata” e quindi meno pericolosa.

Il giorno dopo, tornato a casa dall’ospedale, ho iniziato a sbrigare tutte le pratiche riguardanti l’infortunio: inoltrare il foglio dell’ospedale al datore di lavoro e all’Inail nonché fissare appuntamento con il perito dell’assicurazione. Dunque, per 5 giorni mi è stato bloccato l’accesso all’ app per evitare di lavorare durante il periodo dell’infortunio.

Dopo un giorno, vado a recuperare la bici e il borsone dalla Polizia Municipale e a fare la denuncia. La bici ha resistito abbastanza bene: solo il cerchione anteriore è da cambiare.

Mi rendo subito conto che, per quanto sia stato piuttosto veloce avviare la pratica, ci vorrà del tempo prima di riuscire a chiudere tutto.

Dopo due settimane ricomincio a lavorare e per qualche giorno la mia attenzione si è focalizzata sui comportamenti degli automobilisti in prossimità del segnale di stop o di una rotonda: rallenteranno oppure no?

La mia fortuna è stata quella che l’automobilista, distratto, andasse piano, altrimenti avrei subito danni ben più gravi.

Purtroppo, la mancanza di attenzione al volante può costare caro ed è incredibile pensare a quanti siano gli automobilisti che usano il cellulare mentre guidano: una marea!

Dopo il lockdown, ho notato il cambiamento sul traffico cittadino. In poco tempo, si è passati dalla tranquillità del girare su strade deserte al pericolo di pedalare su vie trafficate, dove ci si imbatte continuamente in esempi di comportamenti scorretti.

Velocità eccessiva, distrazioni varie, uso del cellulare mentre si guida e auto sempre più grandi hanno reso le strade italiane dei luoghi davvero pericolosi. E, in caso di incidente, l’utente debole ha sempre la peggio.

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Commenti

  1. Avatar Lamberto Rosselli ha detto:

    Innanzitutto ringraziamo che tutto si sia concluso con pochissimo danno e che tu ora stia bene… io parto sempre da un presupposto, cioè che nessun automobilista si alzi la mattina con il preciso intento di falciare un ciclista e che quando questi eventi accadono si tratti proprio di incidenti; rimango anche convinto (e parlo da ciclista, cicloturista e motociclista) che le utenze più deboli debbano necessariamente assumere SEMPRE un atteggiamento di maggior autotutela, nel loro interesse, in pratica devono avere occhi anche per chi non li ha e prevedere anche i comportamenti che possono essere messi in atto dagli automobilisti più distratti o più menefreghisti, fidarsi del fatto che si ha diritto alla precedenza o del fatto che si hanno i gillet ad alta visibilità non è mai una garanzia. Per contro, vedo nel mio comune di residenza, dove vengono spesi soldi ogni anno per nuove ciclabili ben fatte, che queste vengono quasi sempre inutilizzate e i ciclisti continuano a usare la carreggiata, o per abitudine, o perché hanno la bici da corsa o per chissà che altro motivo, quindo per assurdo, dove la sicurezza viene ampiamente offerta non viene adeguatamente usufruita…

  2. Avatar Maria Gonnella ha detto:

    Purtroppo, fosse solo la distrazione saremmo meno vulnerabili come ciclisti. Quella conta in qualche caso. Poi ci sono i casi in cui l’automobilista considera il ciclista ‘abbastanza lento’ per conservare il diritto di precedenza ad un incrocio ed ecco, zac!, gli taglia la strada svoltando a sinistra, pur guardandolo bene negli occhi mentre si prende una precedenza non concessa. Poi ci sono quelli in cui ‘ignoro assolutamente le precedenze e non voglio saperne’, come l’automobilista che se ne infischia della pista ciclabile e taglia la strada al ciclista, pur uscendo da un accesso privato. Ecco in questo caso, ho cercato gli occhi dell’automobilista, come il rider che racconta, guardava dalla mia parte, io pensavo ‘beh sono su una ciclabile, saprà che deve fermarsi’, ma sono rimasta col dubbio che guardasse oltre la mia sagoma, attento solo ad altre auto, oppure avesse la convinzione di avere precedenza. Per fortuna non mi ha preso, avevo spazio per allargarmi ed ha frenato in tempo. Ma avrei dovuto fermarmi a chiedere quale punto non fosse chiaro.

  3. Avatar Ciro Scalera ha detto:

    Un caloroso augurio di una tua pronta guarigione. Il ciclista ovviamente è sempre quello più svantaggiato in caso di incidenti con una automobile.
    Parlando da ciclista però, non posso fare a meno di notare che purtroppo molti rider hanno comportamenti simili.
    Nella città dove abito, Bologna, è frequente vedere i rider sfrecciare sotto i portici, con pericolo per bambini ed anziani, non rispettare la segnaletica, pedalare mentre si è al telefono, ecc.
    Non voglio criminalizzare tutta una categoria ovviamente, e capisco che spesso si tratta di un lavoro sottopagato dove si è costretti a correre, però credo che certi comportamenti siano da condannare, a prescindere al mezzo su cui si fanno.
    In bocca al lupo.

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