Secondo quanto riportato da un’indagine realizzata da Goudappel Coffeng & Gemeente Amsterdam e condivisa sui social dall’Urban Cycling Institute di Amsterdam i ciclisti della capitale olandese sarebbero così propensi all’uso della bicicletta per via della soddisfazione che questa consente di raggiungere.
Ma quali sono i fattori che determinano la soddisfazione di andare in bicicletta? Tra i principali che hanno portato a incoronare il fascino del percorso come uno degli elementi più apprezzati da chi si muove sulle strade di Amsterdam c’è la qualità dell’aria che si respira, molto più pulita di quella che circola all’interno degli abitacoli delle auto. Poi il contatto diretto con natura e paesaggio, frutto delle aree verdi si riescono a vedere e attraversare in bicicletta.
Ma anche la curiosità generata dalla diversità del paesaggio che circonda chi si muove in bici e infine i suoni che si riescono a cogliere pedalando anziché guidando un’auto.
Secondo l’indagine, sono il comfort di pedalata dato dalla qualità dell’infrastruttura e il fascino del percorso su cui pedalare: se questi due aspetti fossero presi in maggior considerazione da chi si occupa di pianificare e realizzare le infrastrutture ciclabili genererebbero un crescente uso della bicicletta. Ricreando un circolo virtuoso a beneficio di tutti.
L’argomento velocità, come il tema sicurezza, non è poi così preso in considerazione dai ciclisti olandesi, evidente effetto di infrastrutture che già oggi garantiscono una buona velocità di movimento e un ottimo grado di sicurezza.
Possiamo inoltre dire che, a riprova del dato sulla qualità di ciò che circonda chi si muove in bici, la velocità con cui si raggiunge una destinazione non è poi un elemento così determinante rispetto al piacere e al comfort di viaggio.
Ma quanto cambierebbe questa indagine se fosse svolta in un’altra città rispetto ad Amsterdam? Il tema sicurezza sarebbe così marginale anche in una città italiana senza un’adeguata rete ciclabile e con strade perennemente in ostaggio del traffico motorizzato?
Reduce da una salita vicino a dove abito in provincia di Torino, non posso che confermare lo stato pietoso della rete viaria italiana rispetto, ad esempio, a quella francese: discesa a zig-zag onde evitare buche e asfalto eroso e compromesso. Vorrei potervi scrivere a lungo per dettagliare esempi terribili, come le recenti ascese al Montegrappa; oppure le cosiddette ciclovie o strade ciclabili (poche invero, dalle mie parti), invase da pedoni, mamme con carrozzine e altro che nulla ha a che vedere con la strada esclusiva per biciclette; oppure i ciclisti del sabato e della domenica, “razza invisa e a noi fatale” (Verdi, “Aida”); e così via.
Il problema della velocità, semmai, me lo pongo o laddove è passato il Giro d’Italia (ad esempio scendendo da Montoso, ora, prima era impossibile non cadere) o in prossimità di elezioni amministrative, tanto per non riproporre discorsi da bar (del ciclismo).
Avete toccato un argomento scottante e, reduce pure da Ferrara, devo riferire di uso della bici come ci si trovasse al Tour de France per la velocità impressa dai numerosi utilizzatori del velocipede, che reputano (al contrario) che il pedone non esista; ovvero del ruolo ormai delirante delle e-bike o dei cosiddetti monopattini elettrici, veri pericoli costanti per la velocità che riescono a raggiungere (e, temo, lo scarso sistema frenante se poi l’utilizzatore in una mano trattiene l’onnipresente cellulare).
Il problema da voi toccato, quindi, è – sto per scrivere – ontologico, ininfluente, in una nazione laddove le regole valgono per nessuno tranne che per qualche “scemo” di paese come posso essere io, che rischio di cadere seguendo ciclovie il cui stato penoso è pari a quello del viadotto di Genova dopo il crollo. Manca l’educazione, mancano i fondamenti educativi, manca la scuola anche per l’uso (=abuso) anche solo della bicicletta.
Il resto “sono solo canzonette”, barzellette, puro “flatus vocis”.
Grazie di esistere ma, come cantava Battiato “la rivoluzione sociale non serve al popolo, se non è preceduta da una rivoluzione di pensiero”. Il pensiero, ciò che manca a troppi che pedalano mentre guardano il cellulare. E non solo.