Torino, ingorghi nel sottopasso da 7,5 milioni di euro appena inaugurato
Inaugurato in mattinata, al pomeriggio già intasato. Sono bastate poche ore per vedere, ancora una volta, scene già conosciute altrove. Che si ripetono, ciclicamente, come se dal passato non volessimo imparare nulla. «Dieci minuti per fare 170 metri», lamentava sul Corriere della Sera una persona chiusa in auto, bloccato nel traffico. «È un’altra piazza Baldissera».
A quasi 5 anni dall’inizio dell’abbattimento della vecchia sopraelevata degli Anni Settanta, il 21 giugno 2022 è stato aperto al transito il nuovo sottopasso di Largo Grosseto – fra i corsi Grosseto e Potenza – coperto in superficie da una grande intersezione a raso, semaforizzata.
4 anni di lavori, 7,5 milioni di euro di spesa
Un’opera della Regione Piemonte (S.C.R. Piemonte S.p.A) da 7,5 milioni di euro, che rientra nel progetto da oltre 220 milioni di euro del nuovo collegamento Torino-Ceres, una grande operazione di connessione ferroviaria dell’aeroporto di Caselle con il centro di Torino (questa sì una rivoluzione importante per chi parte e arriva in città, ndr).
La gestione della mobilità urbana è un tema complesso, non vi è dubbio, oltre a rappresentare uno degli argomenti più divisivi anche sui social – e chissà perché -, quando invece basterebbe mettere, al centro delle scelte politiche, le persone e il benessere collettivo, della società, al di là dei propri egoismi e delle abitudini con cui siam cresciuti sin dall’infanzia.
- Il traffico non si “scioglie”, se attiri ancora più auto di prima, propri lì, tutte insieme, in quel tratto che magari le persone evitavano.
- Il traffico non si “inghiotte”, se sposti solamente il problema al prossimo incrocio, qualche centinaio di metri più in là, al semaforo successivo.
- Il traffico non si “fluidifica”, se crei un’autostrada urbana piena di auto vuote, con il guidatore attorniato da quattro amici immaginari, comodamente seduti sui sedili vuoti.
Sono tutti verbi usati nelle recenti dichiarazioni apparse sui media tradizionali, che però si sono subito sciolti – questa volta sì, per davvero – di fronte alla realtà che ha seguito le giacche e cravatte delle istituzioni presenti in mattinata all’inaugurazione, tra cui gli assessori regionali Marco Gabusi, Andrea Tronzano e Fabrizio Ricca, oltre al sindaco Stefano Lo Russo e gli assessori Chiara Foglietta e Francesco Tresso.
Il fenomeno della domanda indotta è proprio questo: nel facilitare l’uso dell’auto con strade più larghe, si ottiene l‘effetto che più gente è invogliata a usare l’auto, aumentando di conseguenza il traffico automobilistico. Se invece si creasse un’infrastruttura che comprenda anche mezzi alternativi, volti a favorire la mobilità attiva e sostenibile, in uno spazio pubblico più equamente distribuito tra i vari utenti, le persone avrebbero una possibilità di scelta in più, su come spostarsi in città.
Si fosse almeno riqualificata l’area in superficie, con qualche albero, delle panchine, nuove aree pedonali, invece solo pezzetti verdi di risulta, come spartitraffico, pressoché inutilizzabili. Le case prospicenti si affacceranno adesso su uno svincolo autostradale a 4 corsie per senso di marcia, che nemmeno la A4.
Si fosse almeno progettato un anello ciclabile sull’intero perimetro, invece nulla (per ora). Mancano ancora i collegamenti con le ciclabili esistenti nelle vicinanze, su c.so Grosseto e su via Lanzo, oggi monche, le famigerate ciclabili spezzatino, e non raggiungibili in sicurezza.
Stiamo vivendo una fase storica, la transizione ecologica, che non è solamente sostituire il motore endotermico di un’auto con uno full electric, come qualcuno è portato a pensare. Necessario sì, ma non sufficiente. Perché l‘auto elettrica starà pur sempre imbottigliata nel traffico, non saprai mai dove parcheggiarla e rischierà di investire, ferire o uccidere delle persone, se la si continua a guidare con superficialità e in maniera distratta. Che l‘elettrico serva piuttosto a migliorare il trasporto pubblico su corsie riservate, la micro-mobilità, i mezzi in sharing.
Là dove nelle principali città europee si limita lo spazio per le auto private, a Torino invece lo si aumenta. E nel frattempo ci si è candidati, rientrando tra i vincitori del bando, per diventare una delle “100 climate neutral cities by 2030 – by and for citizens”. I tempi sono stretti, strettissimi.
L’obiettivo è laggiù, di fronte a noi, che ci aspetta. A volte sembra così distante, con tutto il rumore di fondo e alcune folate di vento contrario, che tentano di rallentare il cambiamento. Così come la Consulta della Mobilità Ciclistica e Moderazione del Traffico ha più volte ribadito all’Assessora Foglietta: una città 30, a misura di persona, sicura, vivibile e accogliente, non solo un grande parcheggio a cielo aperto, per lo più gratuito.
Un seme che crescerà lento, col tempo, affinché i nostri figli possano vivere in un mondo migliore di come l’abbiamo ereditato dai nostri genitori, e di come lo stiamo maltrattando ancora adesso.
Masterclass in Meccanica Ciclistica
Trasforma la tua passione in una professione
Torino è tutta una coda: d’altronde deteniamo il triste primato di città più inquinata d’Italia..
Torino è tutta una coda: d’altronde deteniamo il triste primato di città più inquinata d’Italia..
La redazione cancelli pure il mio commento, ma almeno essa saprà che uno dalla loro parte c’è:
“Ci provo proprio gusto che sia andata così! Spero solo che l’amministrazione Sabauda abbia imparato qualcosa”.