A Milano lunedì 3 ottobre si è scatenato l’inferno. No, non sono arrivati i missili di Putin, ma è scattato il divieto di accesso per i diesel euro 4 e 5.
Nonostante la cosa fosse stata decisa e ribadita da tempo – non comunicata, ché la comunicazione è tutta un’altra cosa – la sua attuazione è piovuta su un popolo ignaro che, a quanto pare, si era rimpinzato di diesel euro 5 fino alla sera prima, e così è partita inevitabile la rivolta.
Certo il momento non è dei migliori con le bollette che ci esplodono nelle tasche, ma il passo era dovuto se vogliamo respirare un po’ meglio.
Però, però… il 3 ottobre mattina, e così i giorni seguenti al nuovo divieto, uscendo di casa, mica ci si è accorti del cambiamento: soliti bus fermi in coda, solite soste sui marciapiedi, in tripla fila e in ogni buco, solite sgommate ai semafori, solite prepotenze verso pedoni e ciclisti; perché le auto escluse dal provvedimento alla fine non erano poi così tante, e perché le auto che continuano a poter entrare – e a queste, statene certi, non si potrà applicare alcun divieto per molto tempo – sono sempre, esageratamente troppe.
Tutta questa vicenda ha quindi lasciato un messaggio profondamente sbagliato, e cioè che esistono auto ‘cattive’ ed esistono auto ‘buone’, e che se abbiamo un’auto ‘buona’ potremo continuare a comportarci come sempre: da cattivi.
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