Il bike sharing a Torino avrebbe chiuso per vandalismo: colpa degli imbecilli?
Bike sharing chiuso per vandalismo. A Torino il servizio di bici in condivisione ToBike ha chiuso i battenti il 12 febbraio 2023 e la società che lo gestiva, Bicincittà Italia Srl, ha pubblicato una lettera aperta dal titolo “Hanno vinto gli imbecilli” in cui addossa la responsabilità della chiusura al vandalismo, pubblicando anche numerosi video a supporto di questa tesi. La versione di ToBike è chiara: noi abbiamo fatto di tutto per rendere il servizio funzionale e funzionante, il vandalismo ci ha messo i bastoni tra le ruote, le Istituzioni locali non ci hanno aiutato e siamo stati costretti a chiudere. Ma è andata davvero così?
La versione di ToBike
Nella lunga lettera aperta firmata da Bicincittà Italia Srl si ripercorrono le tappe della presenza del servizio di bike sharing a Torino, un’esperienza iniziata più di 10 anni fa. I problemi di vandalismo hanno bersagliato il servizio fin dalle prime fasi: “L’inizio è stato incoraggiante: le bici gialle in giro per la città aumentavano, prima in centro, poi in periferia, poi in cintura. Sono arrivate anche le prime difficoltà, lo abbiamo ammesso, senza nasconderci. Furti e vandalismo hanno iniziato ad un certo punto a diventare un problema serio, a compromettere la stabilità dell’intero progetto”.
“Solo nel 2022 – prosegue la lettera aperta – abbiamo contato circa 900 bici vandalizzate o rubate, oltre ai ripetuti e immotivati danni alle stazioni. Abbiamo denunciato, ovviamente. Ormai i nostri dipendenti erano impiegati in due attività principali: sporgere denunce e raccogliere rottami in giro per la città”.
In un ulteriore passaggio della lettera aperta Bicincittà Italia Srl lamenta anche un mancato supporto da parte dell’amministrazione comunale: “L’amarezza è enorme, sia dal punto di vista imprenditoriale che da quello umano. Sappiamo di non essere stati perfetti, per carità, ma siamo anche sinceramente dispiaciuti di non aver ricevuto un sufficiente supporto dalle istituzioni locali nel fronteggiare questi attacchi sistematici alle biciclette e alle stazioni. Infatti, a nostro parere, non può essere addossata al privato la responsabilità di difendersi dall’inciviltà di alcuni”.
Questa in sintesi la versione di ToBike, che si trova per esteso a questo link.
Ma vale la pena approfondire il tema sentendo quali sono le reazioni alla notizia della chiusura del servizio di bike sharing di Torino e raccogliendo le voci di alcuni addetti ai lavori che operano con successo nel mercato del noleggio delle bici in condivisione sia in Italia che sul mercato estero. Partiamo da Torino.
Il parere della Consulta della Mobilità Ciclistica e Moderazione del Traffico
La Consulta della Mobilità Ciclistica e Moderazione del Traffico di Torino aveva appreso tramite i giornali che l’Assessora Chiara Foglietta ha ritenuto, alla sua naturale scadenza e a valle di una precedente proroga, di non rinnovare la concessione per il bike sharing a stazioni fisse in città. Vista l’importanza di un servizio di biciclette condivise sotto la regia pubblica, la Consulta già il 7 febbraio 2023, a una settimana dalla chiusura del servizio, aveva stilato un articolato parere sul futuro della mobilità attiva in sharing della città.
I problemi evidenziati
- Attualmente, non essendo stato individuato un nuovo gestore, ci sarà un periodo di “vacanza” del bike sharing comunale
- “Molti abbonati al servizio hanno riscontrato, nel tempo, una qualità sempre peggiore, ovvero poca disponibilità di biciclette in uno stato dignitoso: rumori e cigolii, componentistica rotta. E poi stazioni interamente vuote, o troppo piene”
- “Il prezzo era accattivante, forse troppo, per un servizio davvero competitivo. La cattiva manutenzione e la scarsa qualità/facilità nell’utilizzo globale del servizio di noleggio, quindi, sono stati i problemi che tutti ci hanno sollevato”.
Le proposte per il futuro
- “La Consulta ritiene fondamentale trovare quanto prima un nuovo operatore. Diversi operatori in altre città in Europa (Clear Channel a Milano e Verona, JCDecaux in diverse città francesi, Vélib a Parigi) dimostrano che un servizio a stazioni fisse può essere efficiente, ordinato, ben distribuito anche nell’area metropolitana”.
- “Un bike sharing pubblico e di qualità – un servizio a prezzi calmierati e distribuito sul territorio, indipendentemente da logiche di profitto – è un tassello fondamentale per la crescita della mobilità attiva così come del trasporto pubblico, e la Città di Torino non può permettersi di non offrirlo”.
- “Densità delle stazioni: al recente rilancio del servizio ToBike, è corrisposta una riduzione delle stazioni, secondo una logica di ottimizzazione. L’invito per il nuovo bando è di progettare una maglia fitta ed omogenea, che sia attrattiva per l’utenza, prevendendo un’estensione che comprenda anche le aree periferiche e i comuni limitrofi dell’area metropolitana”.
Il parere si completa con una serie di indicazioni tecniche sullo sviluppo e l’ottimizzazione del servizio e può essere consultato integralmente scaricando il documento da questo link.
Bike sharing e vandalismo: come fanno gli altri?
Bikeitalia, alla luce di quanto successo a Torino con la chiusura del bike sharing comunale gestito da Bicincittà Italia Srl, ha chiesto a due importanti operatori a livello internazionale del settore – uno station based e uno free floating – quali sono le pratiche che mettono in atto per affrontare il tema del vandalismo sulle loro flotte di bici, posto che il problema delle bici in condivisione vandalizzate e rese inservibili è da sempre connaturato al servizio.
NextBike: tecnologia e gestione operativa
Pietro Peyron – International Business Development Manager di Nextbike, realtà leader nel settore del bike sharing station based – spiega a Bikeitalia come la sua azienda affronta compiutamente il problema del vandalismo: “Non è semplice, per combatterlo agiamo in due direzioni: la prima è lo sviluppo di un sistema di bike sharing affidabile e sicuro, risultato di 20 anni di esperienza sul campo. Penso alla stazione essenziale e solida o al gps direttamente sulla bicicletta che ci permette di localizzare i mezzi o di renderli inattivi in qualsiasi momento da remoto. La seconda strategia riguarda la gestione operativa: grazie ad una stretta collaborazione con le città in cui operiamo, con le forze dell’ordine e grazie a processi operativi rodati, chiari ed efficienti, abbiamo un monitoraggio costante della flotta su strada e riusciamo ad agire rapidamente in caso di problemi”.
Una task force contro il vandalismo
“Abbiamo una persona a livello centrale esclusivamente responsabile del vandalismo, che quindi coordina i diversi dipartimenti centrali e la squadra locale per trovare la soluzione migliore al problema specifico. Per citare due episodi, la soluzione può essere la chiusura temporanea del sistema come nel caso di Cardiff o l’interlocuzione con TikTok per cancellare un video che mostrava un utilizzo scorretto del nostro sistema diventato virale in poche ore. Tutte queste misure ci consentono di mantenere oltre il 90% delle nostre oltre 100.000 biciclette funzionanti e attive in oltre 300 città europee”, conclude Peyron.
Ridemovi: innovazione tecnologica e di prodotto
L’amministratore delegato dell’operatore di bike sharing free floating Ridemovi Alessandro Felici sostiene che, ad oggi, per la sua azienda il vandalismo non è rilevante: “Grazie alla tecnologia e a come è stata progettata la bici. Come stiamo sul mercato? Innovazione tecnologica e di prodotto”. Poi ci sono le scelte amministrative che pure sono importanti per lo sviluppo del servizio: “A Bologna e Firenze, città che hanno deciso di affidare il servizio di bike sharing a un unico operatore scegliendo Ridemovi, c’è 1 bici ogni 150 abitanti (1 ogni 100 nei mesi estivi, ndr)”. Mentre nelle città dove c’è concorrenza la situazione è ben diversa: “Milano ha circa 1 bici ogni 300 abitanti; Torino circa 1 bici ogni 590 abitanti Roma circa 1 bici ogni 933 abitanti. L’alta densità aumenta notevolmente il numero di noleggi inoltre fornisce un servizio molto uniforme in tutta l’area urbana”.
Non è solo colpa degli imbecilli
Tornando per concludere a Torino Elisa Gallo, presidente di Fiab Torino Bike Pride, ha scritto un articolo di commento su La Stampa in cui sottolinea, tra le altre cose, che: “La responsabilità del fallimento di questo servizio non può quindi essere solo imputata agli ‘imbecilli’; se così fosse smetteremmo di avere un sacco di altri servizi”.
Specificando che: “In un momento in cui stiamo lottando e dovremmo lottare molto di più per combattere gli effetti evidenti della crisi climatica e in cui soffochiamo in un’aria inquinata, aver fatto morire un servizio di sharing che per quanto potesse essere limitato comunicava alla cittadinanza, ma anche ai turisti, che la bicicletta era lì alla loro e nostra portata anche solo per provare con pochi euro a pedalare, e che l’amministrazione ci crede come un bene comune per cambiare un po’ le strade auto-centriche. Ora mi chiedo che ne sarà di quel vuoto? Che cosa faremo per sopperire a quel servizio e quel messaggio a favore della bicicletta?”.
La questione, quindi, è complessa: resta da capire quale direzione prenderà il prossimo servizio di bike sharing di Torino per affrontare compiutamente il problema del vandalismo, anche alla luce delle migliori esperienze internazionali in materia.
Valencia è un paradiso x i mezzi alternativi, quali bici o monopattini.
Credo sia anche questione di mentalità e rispetto reciproco, cosa per cui gli spagnoli( almeno a Valencia ),sono anni luce davanti a noi, anche a livello di impegno statale
Una goduria girare in bici in quella città
I monopattini, essendo “utenti fragili”, rispetto alle auto dovrebbero usare le piste ciclabili, come ad esempio avviene a Valencia.
ho vissuto un paio di anni a Bruxelles ed ho utilizzato le bici disponibili in bikesharing della societa’ locale. Le bici si staccano da stalli fissi e solidissimi solo dopo avere impegnato la propria carta di credito, l’utilizzo e la conseguente spesa si blocca solo quando la bici sara’ reinserita in un altro stallo, disimpegnando anche la carta di credito. In questo: a) modo e’ (quasi) impossibile vandalizzare le bici o rubarle, tant’e’ vero che di bici distrutte in giro a Bruxelles non se ne vedono (anche perche’ quelle guaste o forate vengono subito rimosse) e b) non esiste l’intralcio di bici lasciate ovunque. Inoltre, le bici stesse sono solide e pesanti quasi come dei motorini (quasi non equiparabili alle normali bici) quindi poco indicate per chi volesse farle proprie. Ma perche’ un sistema cosi’ in Italia non puo’ essere applicato?
Sarà, ma a fronte dei soldi spesi (investiti) dai vari Comuni nello bike sharing, sostanzialmente utile solo a scopi di comunicazione (e molto poco di più) io vedo la “contro comunicazione” o pubblicità negativa dovuta proprio al vandalismo al quale aggiungerei la “distrazione” degli utenti “non vandali”. Mi spiego, vedere bici vandalizzate già dà una pessima immagine del Comune, vederle parcheggiate sui marciapiedi, davanti alle porte delle abitazioni, tra le auto parcheggiate, ecc. suscita un tremendo giramento di balle che finisce per scaricarsi su chi gestisce il servizio
Va tolto spazio alle auto e moto, poi diventa tutto più facile di conseguenza: la strada viene maggiormente vissuta, ci si sente più sicuri a muoversi a piedi, in bici e altri mezzi leggeri, aumenta la sicurezza in numeri e diminuiscono gli atti di vandalismo. Se poi ci mettiamo uno sforzo maggiore delle forze dell’ordine a contrastare furti e vandalismo ai danni delle bici, che attualmente sono veramente poco considerati, allora cambierà tutto.
Grazie per l’articolo, molto completo e utile per capire, con diversi punti di vista, i problemi che si trovano ad affrontare tutte le città che stanno sperimentando queste possibilità. Biciincittà è stata una delle prime aziende a portare il bike sharing nelle città italiane, ma non può funzionare ovunque. Il freefloating dei monopattini sta avendo più successo, ma le città non sono state preparate: con aree dedicate al parcheggio, evidenziate e tolte alle auto, indicandole sulle mappe della app; avvisando i cittadini che ci sarebbero state PERSONE in strada su mezzi alternativi, meno inquinanti, comodi ma esposti a molti rischi.