Domenica 23 luglio, ultima tappa della Grande Boucle, ore 18.33: è appena finita la passerella della Maglia Gialla al Tour de France. Scatta, ancora, Tadej Pogačar, il gruppo insegue e ricuce la distanza. Anche oggi è gara vera, fatta di scatti e contro-scatti.
È l’ora dell’aperitivo e si sta per concludere un’edizione bellissima del Tour de France. Quando nel 2022 è iniziata la sfida Vingegaard – Pogačar, abbiamo cominciato a sognare e a paragonare questo dualismo ad altre rivalità, altri inseguimenti, riesumando passati fasti e celebri corse a due. Ma questi due campioni non somigliano a nessuno. Non sono meglio, ma sono qualcosa di nuovo, di fresco, di sorprendente.
Quest’anno, sin dalle prime tappe si è capito che la conquista della Maglia Gialla sarebbe stata un gioco a due. Una gara tra il danese e lo sloveno che però non hanno monopolizzato punti e traguardi, ma la nostra attenzione sì. Tanto che persino la regia ha spesso snobbato i vincitori di tappa per seguire gli scatti e gli inseguimenti tra i due ciclisti che per due settimane sono rimasti incollati a 10 secondi di distanza: Vingegaard in Maglia Gialla, Pogačar in Maglia Bianca, secondo in classifica generale.
Tadej scattava e Jonas inseguiva. Dando (a me, perlomeno) l’impressione che ad un certo punto ci sarebbe stato il sorpasso. E invece no. Una crono micidiale prima e una tappa di montagna dura, durissima e bellissima hanno chiuso i giochi: Jonas Vingegaard vince per la seconda volta di fila il Tour de France. La tappa incriminata è la diciassettesima, la Saint-Gervaise Mont-Blanc – Courchevel. Vinta da un superbo Felix Gall, rimarrà nelle cronache soprattutto per l’audio della radio UAE: “I am gone, I am dead“. E a pronunciare quelle parole di resa è stato proprio Tadej Pogačar.
Pagella sentimentale della Grande Boucle
Non troverete tutti i ciclisti, né tutte le tappe, ma 8 tra corridori e situazioni a cui ho deciso di assegnare dei nobilissimi cuoricini. Il Tour in generale si prende 9 cuori, bello come non se ne vedevano da decenni, difficile, intenso, epico per certi versi.
Quanta strada deve ancora fare il Giro d’Italia per riuscire ad essere così avvincente e per convincere le squadre a mandare plotoni di campioni come se ne sono visti qui. Il giorno in cui anche la Gazzetta dello Sport dedicherà la prima pagina al ciclismo invece che al calcio, forse – e dico forse – sarà il segno di un cambiamento, ma per ora aspettiamo.
Piccola nota: non do un 10 a questo Tour solo perché ho appena scoperto che la tappa finale del Tour del 2024 (che partirà dall’Italia) sarà a Nizza e non a Parigi (le Olimpiadi: ubi maior, minor cessat). Io sono abitudinaria, non lo posso accettare.
Tadej Pogačar: 10 cuori +
Non ha vinto, ma chissenefrega. Per me è il personaggio più intrigante del circo del ciclismo. È giovane, spiritoso, generoso con i compagni, rispettoso nei confronti degli avversari. Non cerca mai scuse, ammette i propri limiti. È autoironico e non si arrende mai. Atleta completo, si è allenato meno degli avversari per l’incidente al polso. Ha chiuso secondo. Ma avesse chiuso anche centesimo, per me resterebbe il preferito. 10 cuori. Ma anche 11.
Menzione speciale al suo compagno di squadra Adam Yates, terzo classificato, un gregario dal talento inarrivabile.
Wout Van Aert: 9 cuori
Eroico. Nessuno come lui. Quest’anno non riesce a vincere nemmeno una tappa, ma ci ha provato innumerevoli volte; la Jumbo Visma gli deve un monumento perché ha tirato, fatto l’andatura, stoppato le fughe e cercato di portarne al termine più di una. Si è ritirato prima della passerella finale, ma per un’ottimo motivo: il piccolo Jerome, nato il 20 luglio. Congratulazioni, ci vediamo presto Wout.
Una maglia a pois, Giulio Ciccone: 9 cuori
Nemmeno Giulio è riuscito a vincere una tappa, ma ha lottato, è fuggito, ha scalato le salite più difficili sempre con grande determinazione. La maglia a pois, la più amata (avete visto quanti pois c’erano sulle Côtes?) è sua. Grande Giulio!
Jonas Vingegaard: 8 cuori
Non è simpatico come il rivale sloveno, ma è un campione indiscusso e indiscutibile. È tenero agli arrivi con la famiglia, spietato nella caccia a Pogačar. Ha vinto la crono senza cambiare la bici nel tratto di salita staccando tutti di minuti lunghissimi. Chapeau, come ha detto il suo compagno Van Aert. Non gli do il punteggio pieno perché nella tappa di San Sebastiàn è stato egoista e non ha aiutato proprio Van Aert. Ma la sua storia è bella e romantica, non potrei mai dargli meno di 8 cuori.
Il Puy-de-Dôme e il Grand Colombier: 10 cuori
Tappe senza bisogno di commenti e spiegazioni. Se non capite perché i 10 cuori , vi dico solo Michael Woods e Michał Kwiatkowski. I due Micheli sono stati splendidi. Superbi. Ci siamo divertiti tanto, grazie.
I “dernières-Tour-de-France”: 10 cuori
Tanto amore ai corridori che non vedremo più al Tour: Peter Sagan, Thibaut Pinot, Mark Cavendish. Il primo è un amore di lungo corso, quindi gli avrei assegnato cuoricini anche se non avesse partecipato; Pinot si ritira a soli 33 anni e per lui la Francia degli appassionati si è letteralmente alzata in piedi. Un’ondata di rispetto e affetto tributati a un grande scalatore. Adieu Thibaut.
E poi Cavendish. Ci aspettavamo il record di vittorie al Tour, e invece per una bruttissima caduta rimarrà per sempre appaiato al grande Eddy Merckx con 34 vittorie di tappa. Caro Mark, per me sei e rimarrai uno dei più valorosi ciclisti di ogni epoca (esagero? Non importa!)
Il pubblico: 5 cuori
Entusiasta, caloroso, pazzo. Il pubblico del ciclismo su strada è sempre più giovane e scalmanato. Pure troppo. Sulle cime si sono viste situazioni agghiaccianti e in più di un’occasione la smania di riprendere il passaggio dei corridori ha causato incidenti pericolosi e bloccato scatti. Mi spiace, ma il pubblico per me è la grande delusione del Tour. Incapace di godersi il momento e pieno di smanie di protagonismo dimentica anche le basi dell’educazione. Forse 5 è persino troppo.
Le cadute: 0 cuori
Tante, troppe cadute. Sono state così tante che non saprei nemmeno quale raccontare. Sono caduti praticamente tutti (tranne Vingegaard), troppi si sono dovuti ritirare. Questo Tour è stato bellissimo, ma non mi toglierete mai il dubbio che per lo spettacolo si tenda a sottovalutare la sicurezza degli atleti. Sono fatti di carne, ossa e sentimenti, non sono uomini bionici. Forse bisognerebbe tenerne conto.
E qui si chiude la mia personalissima pagella sentimentale del Tour de France 2023. Non resterò a lungo digiuna di emozioni, fra un mese cominciano i Mondiali. Sono pronta.
Sono le 19.34, aspetto il fotofinish della volata finale. Il risultato, quando leggerete, lo saprete già. Au revoir, mon Tour adoré.
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