Avevo appena scritto di quanto potesse essere romantica una gara senza radioline quando quell’assenza di radioline si è trasformata in un incubo.
Muriel Furrer, 18 anni, è caduta ai Mondiali di Zurigo, ha battuto la testa ed è rimasta quasi due ore senza soccorsi. Due ore lunghissime, in cui nessuno si è accorto della sua assenza dalla gara. Nessuno sa cosa sia successo, come sia caduta. Non ci sono riprese, non ci sono ammiraglie o moto che l’abbiano vista. Nessuna compagna di gara era con lei. Se ne è andata il giorno seguente.
Non possiamo affermare con assoluta certezza che gli auricolari avrebbero fatto la differenza, ma, forse, la squadra svizzera si sarebbe accorta subito, o perlomeno prima, della sua assenza dal circuito.
O forse Muriel stessa avrebbe potuto chiamare i soccorsi – sempre che fosse stata cosciente.
Quello che è accaduto il 26 settembre è lo scenario peggiore immaginabile per una gara di ciclismo: una tratta ripida e in diverse occasioni definita “pericolosa”, l’asfalto reso scivoloso dalla pioggia. Una caduta in mezzo agli alberi. Nessuno che se ne accorge. Per quasi due ore.
The show must go on
Quando Muriel è morta, non ci aspettavamo che le gare sarebbero state sospese. Non succede mai. Infatti non è successo. Lo spettacolo è andato avanti con il solito, abusato minuto di silenzio dopo il comunicato stringato dell’UCI.
Inutile indignarsi, troppi interessi, soldi e fatica già investiti. Non si può gettare tutto al vento perché una ciclista, una ragazza, è finita fuori strada. Non faccio alcuna polemica a riguardo, in fondo anche io ieri ho guardato la gara in linea maschile, senza troppi rimorsi.
Gli italiani ai Mondiali di Zurigo
E dire che erano partiti bene questi Mondiali, con il titolo conquistato dal giovanissimo Lorenzo Mark Finn che riaccende le speranze per il futuro del ciclismo italiano. Con la medaglia dello splendido Mixed Team Relay, il bronzo dell’inossidabile Elisa Longo Borghini e le medaglie nella crono di Ganna e Affini.
E che dire degli azzurri del paraciclismo? Il bilancio dell’Italia è di 14 medaglie, di cui tre titoli mondiali e nove medaglie d’argento. Un risultato frutto non solo di atleti eterni come Luca Mazzone e Fabrizio Cornegliani ma anche di giovani come Martino Pini.
Sempre lui, Tadej
Nonostante tutto, non posso non rendere omaggio a Pogačar, che se non fosse stato per l’incidente di Muriel Furrer, avrebbe in qualche modo confermato il romanticismo della gara senza auricolari. A 100 km dalla fine, infatti, cambia idea sulla strategia. E nessuno può ordinargli di fermarsi.
Il campione è evidentemente annoiato dal ritmo delle altre squadre, parla con i suoi e parte. Vola verso il traguardo pedalando gli ultimi 50 km in solitaria, mancando pure una borraccia “ai box”, mantenendo la soglia del distacco sempre a un minuto, illudendo gli avversari – forse – di poterlo raggiungere.
In un altro momento, vi avrei parlato solo di questo. Della follia o dell’estrema intelligenza di gara dello sloveno che come solo lui può fare, ha lanciato un attacco “stupido” (parole sue) per completare la sua personale tripletta – Giro, Tour e Mondiale – come solo Merckx e Roche prima di lui.
Invece non riesco a pensare ad altro che alla giovane Muriel Furrer, da sola, in mezzo agli alberi e la pioggia, senza che nessuno potesse aiutarla. Un’immagine immaginaria che mi perseguiterà a lungo. Non avete anche voi un magone fortissimo?
E infine, confermo i dubbi sulle misure prese dall’UCI per salvaguardare gli atleti. Per me restano misure superficiali e poco efficaci, soprattutto se, per il gusto del brivido e dello spettacolo, si continuano a inserire tratti non sicuri nelle gare.
Occorre sicurezza in primis.Sicuramente qualcuno si sarà accorto dell’accaduto .Chi lo sa se è caduta causa sua o di qualcun altro .Non avrebbe fatto la differenza. La differenza è che c’è stata omissione di soccorso.Forse a qualcuno avrebbe fatto comodo non averla nel circuito.Sono troppe domande a cui una sola risposta darei….Cattiveria pura.
Come nelle formula uno o nelle moto di una volta senza tanta elettronica, la bravura del pilota contava tanto, anche in queste gare di bici senza radioline la bravura, l’intelligenza e anche un po’ di furbizia del corridore a volte fanno la differenza! Io non tornerei indietro! Invece ci sono altri sistemi x aumentare la sicurezza. GPS installati sulle bici, dispositivi (tipo non so i Salvavita Beghelli) azionabili con un pulsante dai corridori in caso di necessità, più sicurezza lungo il percorso della gara!! Poi purtroppo, forse sembrerò cinico, c’è anche la fatalità di quello che può succedere nella vita. Resta il tanto dolore x la famiglia di quella ragazza! 😔
Confermo con chi dice che basterebbe obbligare gli atleti ad inserire la funzione emergency call sul Garmin o il loro ciclocomputer. Ce l hanno tutti i dispositivi ormai. Una segnale che arrivi in ammiraglia o direzione gara.
Quanto è successo è incredibilmente triste.
Visto che purtroppo non è la prima atleta a cui capita una brutta caduta (e speriamo sia l’ultima) forse sarebbe il caso di dotare le biciclette con degli pneumatici più larghi ed in caso di asfalto bagnato anche più scolpiti. Sicuramente diminuirebbero le velocità e “la spettacolarità”, ma sicuramente ne guadagnerebbe la sicurezza.
Sono d’accordo! Comunque basta un ciclocomputer Garmin che alla caduta avvisa le persone care. Così per dire una tecnologia direi alla portata di tutti. Un cellulare ed un ciclo computer che per altro hanno già tutti sulla bici, anche i pro. Basta riflettere, forse un sms avrebbe potuto salvarle la vita?
condivido in pieno
Condivido pienamente le tue parole, è una scena terribile anche solo da immaginare, riempe di dolore e magone. Il minuto di silenzio lo stiamo sentendo troppe volte, è inconcepibile che accadano incidenti così gravi…in un mondiale poi….
Una morte assurda forse evitabile da un’organizzazione diversa. Basta con la spettacolarizazione delle discese a velocità da moto GP con il tachimetro che segna “a tre cifre” o gare che proseguono invariate con qualunque condizione atmosferica.
Dovrebbe comunque essere obbligatoria la sospensione delle manifestazioni in caso di incidenti così gravi in questo modo si toccherebbero gli interessi degli organizzatori che automaticamente limiterebbero a priori i rischi degli atleti. È immorale continuare uno show mentre una famiglia chiude in una bara una ragazzina che proprio di questo spettacolo faceva parte.