Abbiamo tutti letto sui giornali le entusiastiche dichiarazioni del ministro Salvini*, esultante per l’effetto fulmineo che, a soli 15 giorni dall’entrata in vigore, la ‘sua’ riforma del Codice della Strada avrebbe avuto sull’abbattimento del numero di morti sulle strade: -25% rispetto alle due stesse settimane dell’anno precedente.
Lo ammettiamo onestamente, ci siamo sentiti obbligati a fare autocritica per le nostre posizioni avverse alla riforma e a riconoscere di esserci sbagliati; forse le nuove norme avevano davvero trasmesso un segnale finalmente efficace di severità, capace di indurre molti automobilisti a una condotta maggiormente responsabile; forse eravamo stati fuorviati da discutibili pregiudizi ideologici e da una eccessiva confidenza nelle nostre capacità tecniche e di analisi.
Dato però che l’unica cosa che a tutti deve importare è di non dover più morire o uccidere sulle strade, se un personaggio pur a noi poco simpatico come Salvini davvero riesce ad ottenerlo, non possiamo fare altro che riconoscerlo con onestà, essergli grati e cercare di imparare da quello che ha fatto.
Poi esce il comunicato dell’ASAPS, fonte di indiscussa autorevolezza, che rifà i conti e dimostra che non è così, e che incidenti, feriti e morti sono perfettamente e tristemente allineati a quelli dell’anno precedente: il ministro Salvini si era semplicemente ‘dimenticato’ di considerare anche gli incidenti rilevati dalle Polizie Locali, limitandosi a quelli riportati da Carabinieri e Polizia Stradale.
Sono 61 le persone in questo modo scomparse, persone morte due volte: sulla strada prima, nelle omissioni del Ministro poi.
[*Fonte]
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