Guglielmo Barone è uno stimato professore, ordinario di Economia all’Università di Bologna.
Forte della sua autorevolezza, ha ritenuto suo dovere tornare a criticare sulle pagine del Corriere di Bologna del 30/1/2025 l’Amministrazione Comunale dopo la diffusione dei dati sul primo anno di funzionamento della ‘Città 30’.
Il nostro afferma di non avere nulla in contrario rispetto al provvedimento in sé – che purtuttavia aveva preventivamente bocciato al suo avvio un anno fa – ma che però la statistica è una disciplina scientifica e i dati pubblicati non rispettano i paradigmi di tale disciplina.
In particolare non si sa da dove arrivano i dati sull’incidentalità (anche se la loro fonte da diversi anni è ufficialmente codificata e verificata), manca il confronto con un ‘gruppo di controllo’ come si fa per la sperimentazione dei farmaci (in effetti potremmo prendere un paio di altri comuni per testare in parallelo la ‘Città 70’) e mancano dati circa l’impatto sui tempi di percorrenza (un dato che oggi è impossibile raccogliere a Bologna per la concomitante apertura dei cantieri della tramvia).
Comunque, chi siamo noi per contestare un professore? Accettiamo dunque di buon grado la bocciatura e cercheremo d’ora in avanti di fare i compiti con maggiore diligenza, confortati comunque dal fatto che i dati pubblicati sono perfettamente in linea con quanto registrato nelle sempre più numerose città che hanno adottato il provvedimento, anche in quelle più ferrate di Bologna in analisi statistiche.
Ci chiediamo però come mai Barone abbia ritenuto di dover intervenire pubblicamente per disquisire in punta di fioretto sui livelli di affidabilità dei dati di monitoraggio dell’iniziativa bolognese, e non abbia invece ritenuto di dover commentare i dati platealmente monchi – non lo diciamo noi ma l’Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale – utilizzati qualche giorno prima dal ministro Salvini per la sua mirabolante sparata del miracoloso crollo degli incidenti conseguente all’entrata in vigore della sua riforma del Codice della Strada; per non parlare del furore ideologico e privo di qualunque dato in base al quale ha scatenato la guerra santa ministeriale contro la Città 30.
Se Barone, da stimato accademico, ha tutta la necessaria autorità per pretendere il rispetto del metodo scientifico e proteggere così i cittadini dalle comunicazioni non rigorosamente verificate – anche quando chiaramente orientate al bene collettivo come lui stesso ammette -, perché non ritiene suo dovere proteggerli anche dalle comunicazioni rigorosamente non verificabili usate da potenti ministri e che molti ritengono non altrettanto chiaramente orientate al medesimo bene?
Attendiamo dunque con fiducia la sua prossima intervista.
Assolutamente d’accordo con l’articolo. Riguardo la necessità di un gruppo di controllo, mi sembra francamente difficile (servirebbe una città con volume di traffico e viabilità come quella analizzata…) Aggiungo anche che i dati pubblicati dal comune di Bologna NON rappresentano una “ricerca” (per la quale serve ovviamente metodo e rigore adeguato), ma semplicemente quanto risulta da una semplice misurazione di alcuni fenomeni, confrontati con quelli dell’anno precedente; sarebbe senz’altro utile confrontarli con quelli nazionali. Per quanto riguarda il ministro, sinceramente va bene tutto, se è vero che incidenti e morti diminuiscono; non si capisce però il “furore” (davvero ideologico) contro i 30 all’ora in città
Tra di noi bolognesi siamo in molti ad essere meravigliati dei risultati pubblicati dal comune, perchè i 30 sostanzialmente non li rispetta quasi nessuno. In realtà credo che la riduzione di incidentalità sia dovuta non tanto al limite dei 30, quanto piuttosto alla riduzione di traffico veicolare (in piccola parte) e soprattutto ai numerosissimi interventi di protezione degli incroci più pericolosi (nuovi semafori, protezione dei passaggi pedonali, rallentatori). “Città 30” fa figo. “Città dei semafori” sarebbe stato meno d’effetto.