Allenarsi con il freddo fa male?
“Non prendere freddo che ti ammali” è una delle frasi più comuni che fin da piccoli si siamo sentiti dire dai nostri genitori. Ma è davvero così? Il freddo è un grande nemico che può abbattere il nostro sistema immunitario e ridurre la nostra performance oppure può renderci più forti e resistenti? In questo articolo andremo a vedere se allenarsi con il freddo faccia davvero male.
La termogenesi
Il nostro corpo ha una temperatura ottimale che si trova intorno ai 36°C e il mantenimento di questa temperatura ottimale è uno degli obiettivi principali per la sopravvivenza. Il nostro organismo ha lo scopo di mantenere costante l’omeostasi, ovvero l’equilibrio dei suoi parametri vitali, tra cui, appunto, la temperatura.
Quando siamo esposti in condizioni ambientali estreme, dove la temperatura esterna è molto bassa, c’è vento (che ha un effetto wind-chill, ovvero abbatte la temperatura) oppure piove o nevica, il nostro corpo aumenta le reazioni biochimiche della termogenesi, ovvero della produzione di calore. Lo fa perché l’abbassamento della temperatura corporea provoca il rallentamento delle funzioni vitali fino al congelamento e la morte attraverso una condizione fisiologica definita ipotermia.
Ipotermia e reazione del corpo
In brutali e inumani esperimenti svolti dai nazisti nei campi di concentramento (volti a studiare il modo per proteggere i soldati dal freddo), i deportati sono stati costretti a immergersi in acque gelate o a permanere all’aperto in pieno inverno completamente nudi. Da questi esperimenti crudeli è stato possibile capire che l’ipotermia provoca la perdita di coscienza dopo 15 minuti e la morte dopo 20-30 minuti a seconda della rigidità climatica.
Per contrastare l’ipotermia il nostro corpo avvia un processo fisiologico definito “termogenesi”, ovvero creazione del calore, che passa attraverso diverse strategie:
- I muscoli sono presi da tremiti. In questo modo vi è una generazione di calore meccanico;
- Vengono secreti alti livelli di adrenalina, epinefrina e noradrenalina, che sono dei neurotrasmettitori eccitatori, che aumentano la temperatura;
- Viene attivato un tipo di tessuto adiposo “latente”, definito bruno. Questo tessuto adiposo è in grado di utilizzare i trigliceridi stoccati nel tessuto adiposo bianco (il classico grasso corporeo) e il glucosio sanguigno per generare calore;
- I vasi periferici vanno incontro a vasocostrizione, mantenendo quindi il sangue al centro, per proteggere gli organi vitali. È per questo che perdiamo sensibilità a mani e piedi, che sono i primi distretti corporei ad andare incontro al congelamento;
Il tessuto adiposo bruno è molto presente nei neonati: al parto i neonati hanno un sistema nervoso poco sviluppato e non possono tremare per scaldarsi. Per questo il tessuto adiposo bruno entra in gioco per mantenere la temperatura. Crescendo il sistema nervoso si affina e il tessuto adiposo bruno si riduce di volume e diventa sempre meno attivo.
Il freddo come strumento allenante?
Una delle reazioni più ataviche è quella di scappare dal freddo e di ripararci al caldo. È una reazione autonoma, cioè mediata dal sistema nervoso autonomo, della quale non siamo pienamente responsabili. Eppure, il freddo può diventare uno strumento allenante per rinforzare il nostro corpo.
Da millenni l’uomo ha scoperto che la graduale e costante esposizione al freddo rinvigorisce il corpo e lo rende più efficiente. Gli Spartani obbligavano i giovani che facevano parte dell’agoghé (in greco antico: ἀγωγή, l’educazione militare spartana) a dormire all’addiaccio in pieno inverno, per aumentarne la tempra. Gli antichi romani alternavano bagni caldi (calidarium) e immersioni in acqua gelida (frigidarium), per favorire la vascolarizzazione dei tessuti. Nell’Ottocento l’abate Sebastian Kneipp creò un percorso (il percorso Kneipp, che si trova nelle moderne terme) dove con un’alternanza di bagni caldi e gelidi si può rinforzare il sistema immunitario. Gli yogi tibetani si espongono alle temperature estreme vestiti solo con una leggera veste e praticano un tipo di meditazione Tummo, volta a favorire la termogenesi. Nel karate Kyokushin i praticanti vengono costretti a eseguire i kata (forme di allenamento) mentre sono immersi nella neve o sotto cascate gelide, per temprarne la salute.
Allenarsi con il freddo
Negli ultimi anni è salito alla ribalta Wim Hof, un atleta olandese che, grazie a una combinazione di respirazione, esposizione al freddo e meditazione, è in grado di sopravvivere a immersioni in acque gelide (tanto da essere soprannominato “The Iceman”).
Il freddo può diventare uno strumento allenante? Secondo lo studio “The brown fat secretome: metabolic functions beyond thermogenesis” (Wnag, Trends in Endocrinogical Metabolism, 2015), quando ci alleniamo al freddo, istintivamente il nostro sistema nervoso autonomo attiva il tessuto adiposo bruno, che rimane latente in condizioni normali. Il tessuto adiposo bruno attiva la movimentazione del tessuto adiposo bianco, dal quale vengono sequestrati i trigliceridi. Questi vengono utilizzati dal tessuto bruno per aumentare la termogenesi. Insieme ai trigliceridi si ha il consumo di glucosio sanguigno.
Nella review “Neuronal Control of Brown Fat Activity” (Koijiman, Trends in Endocrinogical Metabolism, 2015) viene mostrato come l’esposizione al freddo in sostanza abbatte i livelli di trigliceridi e glucosio nel sangue, aumenta il consumo calorico giornaliero e può addirittura stimolare la perdita di peso. Nel suo libro “What doesn’t kill us”, lo scrittore e antropologo Scott Carney sostiene di aver perso 7 kg di tessuto adiposo bianco in una sola settimana di allenamento con Wim Hof in alta montagna.
Concludendo: allenarsi con il freddo fa male?
Possiamo tranquillamente sostenere che “non uscire al freddo che ti fa ammalare” sia un falso mito al pari del “l’acido lattico fa venire i dolori del giorno dopo” o “il pesce aumenta la memoria”. Si tratta di idee prive di fondamento ma che sono ancora ben radicate nella nostra cultura. Allenarsi con temperature fredde, coprendo bene le estremità (piedi e mani), può non solo diventare un modo per perdere più peso ma anche per migliorare la termogenesi, aumentando così il consumo calorico quotidiano e migliorando l’efficacia del mantenimento dell’omeostasi.
Citando Paracelso: “Tutto è veleno, dipende dalla dose” e così vale anche per il freddo.
Se preso a piccole dose non solo non fa male ma ci rende più forti, più magri e più efficienti.
preparazione invernale
ciclismo indoor allenamento della forza Core Training
Articolo aggiornato a Gennaio 2023
Corretto
Perché i professionisti hanno bisogno di grossi volumi di allenamento, mentre il freddo fa bene solo a piccole dosi
E allora mi spiegate perché i professionisti vanno a fare la preparazione alle Canarie invece di fortificarsi in Norvegia??
Per quanto riguarda l’aria fredda nei bronchi le suggerisco l’uso dello scalda collo alzandolo alla bocca a discrezione quando necessita
Risposta adeguata a chi non vuole che si parli di quel passato in nessun caso -per l’articolo nella sua completezza grazie molto utile
Sempre molto interessante sfatare i falsi miti con evidenze scientifiche e dati concreti che aiutano i non professionisti a fare sempre meglio.
Complimenti gran bel articolo interessantissimo… molto professionale, come sempre d’altronde!
A quanto mi risulta i pneumologi pero’ asseriscono che l’aria molto fredda faccia male ai bronchi e non li fortifica.
Fuori luogo citare i campi di concentramento nazisti come fonte di esperimenti scientifici.
[Si tratta di un dato storico su fatti tragici e inumani ma purtroppo realmente accaduti > https://it.wikipedia.org/wiki/Esperimenti_nazisti_sul_congelamento_umano quindi in un articolo che tratta di esposizione al freddo mettere un link a questo contenuto contestualizza il tema in relazione agli episodi di cui si parla – Bikeitalia.it]