Santiago non è certo quel tipo di città che ti stupisce per la sua bellezza, soprattutto se si è abituati agli standard europei di città ricchissime di opere d’arte dislocate ad ogni angolo di strada.
Qui gli edifici storici non possono essere considerati dei capolavori architettonici e le cose che stupiscono maggiormente sono i nuovi grattacieli tutti vetro e acciaio che si giustappongono alle vecchie minuscole botteghe, coloratissime, a due piani e che ospitano le attività commerciali più tradizionali.
La prima cosa che colpisce di Santiago è la sua capacità di essere sospesa: tra l’alto e il basso, tra ricchi e poveri, bianchi e mapuchos, colletti bianchi e classe operaia, liberismo sfrenato e voglia di socialismo, Stati Uniti e Sud America.
E’ difficile camminare per questa città senza sentire il peso del passato: non solo quello spagnolo e coloniale, ma anche il colpo di stato del 1973 con cui il generale Pinochet destituì con la forza il presidente Allende, democraticamente eletto, e diede inizio ad un periodo di crescita economica senza precedenti accompagnato da un uso indiscriminato e diffuso di violenza e terrorismo di stato.
L’enorme numero di carabineros dispiegato in città quasi in perenne assetto antisommossa è indice che i conti con il passato non sono ancora stati chiusi e che i contrasti interni alla società sono ben lontani dall’essere risolti.
Segue: Santiago – Mendoza
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