Non so dire perché in box abbiamo due mountain bike. L’entusiasmo motivatore di un amico appassionato di granfondo e noto sottovalutatore di difficoltà (“ma dai che ce la fate!”) ha spinto me e mia moglie, cicloturisti di non lunghissimo corso ad iscriversi ad una Granfondo di Mountain Bike. Abbiamo scelto la Granfondo Alta Valtellina: non lontanissima da casa, organizzata in una rinomata località turistica mai visitata prima: Bormio. A fine Luglio, ci siamo detti, la montagna dà il meglio di sé. Il fresco della Valtellina, per chi ha passato Luglio a Milano, non ha prezzo. Per tutto il resto ci sono una carta di credito e sito davvero ben fatto.
Tre click su Club Lombardia Team, ed è fatta: le iscrizioni online sono così, un po’ come il videopoker o le televendite dei coltelli. Paghi e non pensi a cosa stai facendo. Lo fai e basta: se i coltelli poi non tagliano è un’altra storia :) Siamo iscritti al Percorso Classic. 39 kilometri per 1430 mt. di dislivello. Lasciamo il Marathon (60km per 2000mt di dislivello) ai professionisti. Nei mesi che hanno preceduto la corsa (che nella nostra fantasia abbiamo continuato ad immaginare come una sorta di “Stramilano”, ma in bicicletta..) ci siamo avvicinati cautamente al mondo della Mountain bike come non avevamo mai fatto prima. Abbiamo scoperto che esistono riviste specializzate, ci siamo iscritti ad un forum dove persone di tutte le età fanno le ore piccole discutendo di bulloncini anodizzati e di cerchi da 1000 euro al paio. Abbiamo cercato con pazienza – ma non sempre trovato – percorsi in salita che ci permettessero di avvicinarci alla data fatidica e di differenziare i nostri allenamenti. Abbiamo comprato delle strane scarpette che ti agganciano alla bicicletta, e che una volta sceso ti permettono di ballare il Tip Tap. Insomma, abbiamo cercato di meritarci la tabella porta numero da agganciare al manubrio il 29 di Luglio. Soprattutto, non abbiamo messo da parte nessuna giustificazione.
Il 29 Luglio alle ore 9,45 siamo là. Sotto al gommone con la scritta “ARRIVO”, chiusi in griglia come polli d’allevamento e il numero in bella vista sul manubrio avvertiamo sensazioni contrastanti. La colichetta pre-gara e l’ombra di un gigantesco “ma chi ce l’ha fatto fare!?” si danno il cambio nei nostri pensieri mentre il cielo si fa nero ed un classico temporale estivo fa capire che vuole esserci anche lui in corsa, oggi. Bang!! Si parte. Dopo un paio di chilometri – di salita su asfalto – una moto da trial (la temutissima moto-scopa) ci supera, lasciandoci intendere che passeremo la maggior parte della giornata da soli. Abbiamo percorso pochi chilometri e già non percepiamo più a vista nessuno dei 1198 concorrenti che ci precedono e, come ciliegina emozionale, sbagliamo anche percorso. Un’anziana signora sull’uscio di casa vede i nostri numeri e ci dice: “guardate che la corsa non passa di qua: avete sbagliato!!” Accidenti: quasi due chilometri di salita buttati al vento..che nervi. Ringraziamo i deliziosi nonni della Valtellina e giriamo le bici: errore da principianti. Un chilometro più giù sbagliamo di nuovo, e un po’ di sconforto fa capolino. Stavolta l’errore ci costa un bel po’ di salita su sterrato.
Ci rendiamo conto che da ora e in avanti la sfida non sarà con il cronometro, ma con noi stessi. Non tutto può andare storto però e uno splendido sole estivo ritorna a dare luce a questa meravigliosa valle. Siamo nel cuore del parco nazionale dello Stelvio, fatichiamo sulle nostre bici ma abbiamo preso il nostro ritmo. Ogni due chilometri, ingurgitiamo barrette che a me sembrano salame di cioccolato. Saliamo, in silenzio. Ci guardiamo, ogni tanto, senza dire nulla. Testa bassa sui pedali e si sale. Siamo a Calvarana e inizia la discesa…che goduria ragazzi!
Concentrati, attenti e fuori sella come studiato nei tutorial su Youtube arriviamo a S.Antonio dove in extremis (stavano già sbaraccando) raggiungiamo il primo ristoro. Da qui comincia il vero “inferno verde”: la storica strada Militare dell’Ables che porta all’Alpe Solaz. Ancora non lo sappiamo, ma questa salita sarà la più grande fatica sportiva della nostra vita. Sette chilometri e mezzo di salita mai vista prima ci separano dal Gran Premio della Montagna, collocato a 2050 mt. Impiegheremo ore per arrivare all’alpe Solaz, addentrandoci su sentieri stupendi in mezzo ai pini. Un soave odore di resina accompagna i nostri sospiri – ammazza come si respira male a 2000 metri! – fino all’alpe Solaz. Innaffiamo il sentiero con il nostro sudore al ‘salame di cioccolato’ marchiato Enervit e ci facciamo forza, talvolta spingendo la bicicletta a mano per 500 metri e tirare un po’ il fiato.
Sul percorso un membro dell’organizzazione ci comunica che “siamo ufficialmente fuorigara” e che se intendiamo proseguire lo facciamo “a nostro rischio”. Tenta di spaventarci preannunciando pericolose discese su pietra di lì a poco. La sola idea di una discesa – per quanto pericolosa – ci dà la forza di proseguire. Lasciamo che prenda nota dei nostri numeri e lo rassicuriamo sul fatto che noi questa corsa la porteremo a termine, costi quel che costi. D’altra parte quello sui cui si svolge la Granfondo è un percorso aperto tutto l’anno, siamo pertanto determinati ad arrivare a Bormio con puro spirito cicloturistico. Arrivati in cima lo scenario che si presenta ai nostri occhi è da favola. Anneghiamo nel verde per 5 minuti (tanto alla classifica chi ci pensa più?), scattiamo qualche foto e ci lanciamo in discesa. Avevano ragione, per dei principianti questa discesa è un po’ pericolosa – in certi tratti arriva al 25% (!) ed è tutta su pietra e sabbia, molto tecnica. Nel tratto più critico scendiamo dalla bici. Ci interessa arrivare a Bormio entro sera è vero, ma non in eli-ambulanza! Risaliamo in sella dove il percorso torna abbordabile, e percorriamo l’ultimo spettacolare tratto di spettacolari single track.
Viaggiamo piuttosto veloci e rimaniamo concentrati, anche se siamo sfiniti, ormai manca poco al traguardo. Quando iniziamo a scorgere Bormio sullo sfondo sembriamo il mozzo che avvista la terra dall’albero maestro ed iniziamo ad urlare, l’entusiasmo è alle stelle. Non stiamo nella pelle. Rimettere le ruote sull’asfalto, in paese, è una sensazione quasi strana. All’arrivo i nostri amici (arrivati da ore, ormai) ci attendono dietro le transenne mentre lo speaker grida i nostri nomi e ci incita. Alcuni in prossimità del traguardo ci incitano chiamandoci per nome e applaudono. E’ uno di quei momenti che entra di diritto nelle dieci cose più belle che hai mai fatto nella vita. 29 Luglio 2012. Arrivati al traguardo in 6h 56min. Ci fiondiamo al Pasta Party per un piatto di pizzocheri fumanti alle 4 di pomeriggio. Il sole splende, ci sediamo su una panca e inforchettiamo la nostra pasta mentre il famoso sottovalutatore di difficoltà dell’inizio recita orgoglioso il suo: “visto che ce l’avete fatta? Lo dicevo io…“.
Ora so dirvi perché nel box ci sono due mountain bike.
Intanto complimenti a tutti e due. Anch’io quest’anno ho affrontato “con lo stesso spirito” una 24h in MTB sottovalutando un sacco di difficoltà (che salite ci saranno mai a Cremona ???).
Alla ventiquattresima ora ho tagliato anch’io il traguardo (ok ok ho dormito qualche ora di notte :D) massacrato come non mai ma felice per avercela fatta!