Viaggio in bici in Maremma (parte 4): da Marina di Grosseto a Cecina

Tratto dalla raccolta di viaggi: Abbondanti dozzinali

Il titolo può sembrare strano, ed è volutamente grottesco, nasce da un gioco di amici che auto-ironizzava sulla nostra scarsa organizzazione dei primi viaggi, sulla scarsa preparazione fisica, su tutto-ciò-che-non-è-romanzato.
E questo è anche un po’ il taglio della narrazione dei miei diari: grottesco, surreale, ironico, con un occhio disincantato sempre teso al lato antropologico dei posti visitati…

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Viaggio in bici in Maremma (parte 1): da Roma a Orbetello
Viaggio in bici in Maremma (parte 2): Orbetello, Albinia, Alberese
Viaggio in bici in Maremma (parte 3): da Alberese a Marina di Grosseto

11 luglio 2012 MARINA DI GROSSETO – CASTIGLION DELLA PESCAIA – FOLLONICA

Risveglio col sole, intorno a noi ci sono già i primi vecchietti che piantano l’ombrellone in cerca di raggi UVA non nocivi, e le impronte dei gabbiani sulla sabbia.
Lasciamo il nostro giaciglio notturno ripercorrendo a ritroso la pineta, per ritrovarci su una sconnessa ciclabile a lato della Statale 322.
La marcia prosegue tranquilla fino al nostro ingresso in Castiglione della Pescaia, vivace, allegra, bestemmiatrice come solo i maremmani sanno essere. Ci concediamo una colazione a base di cornetti e caffè in un bar affollato da adolescenti vestiti da mare e anziani signori muniti di sigaro.

Dopo esserci riforniti di zuccheri, la strada ci porta lontano dal mare, per inerpicarsi sulle colline dietro Punta Ala, unico tratto in salita del nostro percorso. Qui il paesaggio cambia lievemente aspetto, e anche il caldo si smorza un poco, fiaccato dal vento più forte. Attorno a noi, alberi più alti.
Breve galleria al “valico”, e inizia una lunga discesa fino al bivio per Punta Ala, che ci permette di arrivare in slancio a Follonica. Qui ci concediamo una pausa refrigerante ai tavoli di legno di un baretto in una pineta, dove una paffuta ragazza piercing-munita ci serve tè e succhi di frutta. Oltre a chiamarci “bimbi”, come s’usa da queste parti, deh, ci indica dove si trovano i “cannellini” più vicini, che secondo l’indigeno idioma non designano il pregiato fagiuolo, bensì le fontanelle d’acqua ove fare scorte.

Giungiamo alla nostra oasi per dissetarci lungamente; Gianluca cede il passo a un signore con casse e casse piene di bottiglie, che ci spiega che i cannellini sono una sorta di istituzione pubblica e risorsa per la mancanza d’acqua.

FOLLONICA – SAN VINCENZO – CECINA

Ripartiamo per campi lungo la provinciale, che dopo Venturina si riavvicina al mare, ed entriamo così a San Vincenzo che il sole è al suo apice. Qui decidiamo di fermarci per un boccone e per le ore più calde, scegliendo un baretto trendy e i suoi tavoli sotto un pergolato affollati da famigliole di bagnanti “in”, dove la nostra presenza è allegramente stridente.
Comitive di adolescenti con casco e sundek ci guardano smontare dalle selle con una curiosità annoiata. Stiamo per entrare per comprare qualcosa, ma Gianluca è colto da un attimo di panico: non trova il portafogli, e già si prospetta una impietosa ricerca verso Follonica, quando lo ritrova in una tasca diversa dal solito.

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Panino, birra e campari, menu ideale per pedalare sotto il caldo. Rimaniamo un paio d’ore al tavolino, a guardare squagliarsi l’inizio del pomeriggio.
Resta ancora molto da percorrere per Livorno, e Gianluca comincia a proporre quella che in seguito si rivelerà una preziosa necessità: tagliare gli ultimi chilometri di viaggio. Io non sono entusiasta, ma cedo di fronte agli orari degli ultimi treni che riportano a Roma, in relazione all’ora che si è fatta. Patteggiamo per un dignitoso arrivo a Cecina, con 177km complessivi in due giorni.

Ci mettiamo così in cammino verso Donoratico, per poi prendere la Vecchia Aurelia, un rettilineo costeggiato da pini ombrosi che ha conservato qualcosa del fascino dell’antica strada romana: qui il traffico è rado, e malgrado la strada sia stretta e a due corsie, la pedalata risulta molto piacevole.
Ciclisti in assetto da corsa ci superano tallonando i furgoni dei loro team di allenamento.

Proseguendo a ritmo sostenuto, a bordo strada ci appare come un’allucinazione il cartello di ingresso a “La California”. L’ultima, doverosa pausa prima dell’arrivo la spendiamo qui, al chiosco di una pittoresca cocomerara locale, ad imbrattarci di rosso visi e mani affondando il grugno in pingui fette d’anguria.
Ancora qualche chilometri, e facciamo il nostro trionfale ingresso nella nostra meta, Cecina; qui ci aggiriamo come balle di fieno tra le case basse di mattone rosso, soddisfatti della missione compiuta e in congruo anticipo per l’ultimo regionale della giornata.

Si festeggia stappando Campari al bar della stazione, eleggendolo così a sponsor dell’intera sortita.
Si pasteggia a base di farinata di ceci, lieti dei bassi costi e dell’abbondanza dozzinale.
C’è anche il tempo di guardare il tramonto su una ciclabile nei campi subito fuori Cecina, su una panchina a parlar de’ vecchi tempi, mentre la luce dorata illumina i covoni e il vento fischia tra le canne.

Ritorno serale sul regionale, dove lo stordimento regna sovrano.

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