Ciclica ode della bicicletta

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Questa mi è venuta così. Sarà che ho visitato la casa di Learco Guerra a Mantova, con le biciclette degli Anni Trenta ancora buone a pedalare e la prima Maglia Rosa della storia del Giro, infeltrita come certi maglioni che infilavo in lavatrice a vent’anni, nella mia prima lavatrice modello Bernini, come l’avevo ribattezzata perché era l’unica lavatrice al mondo che invece di lavare i panni li scolpiva, e li tiravi fuori che erano di marmo di Carrara. Sarà che la storia siamo noi, ma pure le biciclette che ci hanno portati in fabbrica e all’università, in montagna a scopare e in montagna a fare la guerra, e se provi a immaginartele tutte vicine, tutte insieme queste biciclette di cento anni, ti pare che siano un’unica bicicletta, un’unica bicicletta che si è riprodotta per partenogenesi lungo le strade sterrate dello stivale. Sarà che a forza di andare in bicicletta si diventa poetici, boh.

Ciclica Ode Della Bicicletta

La mia bicicletta ha dieci viti
Otto sul cambio, due sul sellino
La mia bicicletta ha dieci vite
Fanno quattro più di un felino

La prima vita è stata in giro
Con una donna in pantaloni
Alfonsina che corse il Giro
D’Italia al fianco dei campioni

La seconda è stata in montagna
Portava il pane e le maglie di lana
La seconda è stata compagna
di una staffetta partigiana

La terza vita è stata nell’orto
Con l’aratro di un contadino
Che faticava senza diporto
Per far studiare il suo bambino

La quarta vita è stata in cantiere
Insieme a Carmine, pendolare
Che da un ponteggio finì per cadere
E finì di pendolare

La quinta vita è stata in Bovisa
fuori ai cancelli in attesa di Gino
Che lasciata al paese la sposa
baciava la foto sul comodino

La sesta vita è scesa in piazza
Mentre la celere suonava la tromba
E la rivolta scoppiava in piazza
Mentre in piazza scoppiava la bomba

La settima vita è stata in questura
Insieme a Mario che aveva pagato
Due bistecche e un po’ di verdura
Con lo stipendio da disoccupato

L’ottava vita è stata in cantina
Mentre una macchina andava più in fretta
E non costava così la benzina
Nel medioevo della bicicletta

La nona vita è stata di Abdul
Che lavorava al nero di giorno
Per mandare i soldi a Kabul
Senza permesso di soggiorno

La decima vita coi raggi rotti
L’hanno portata in ciclofficina
Lì torna nuova con due cerotti
E ricomincia dalla prima.

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