Se l’edizione dello scorso anno del Fuorisalone della Milano Design Week aveva iniziato a dedicare un qualche tipo di attenzione alla bicicletta, la settimana del design che si è appena conclusa ha visto la bicicletta e il suo mondo tra i grandi protagonisti, soprattutto tra le installazioni, gli eventi e i vari product placement in tutta la città, tanto che una giornata intera non è stata abbastanza per vedere tutto quello che mi ero prefissato.
L’idea era quella di cercare la bicicletta, in bicicletta ed una volta arrivato in città grazie a BikeMi, il servizio di bike sharing messo a disposizione dal Comune di Milano, che tra le altre cose funziona molto bene, per quanto Milano rimanga un luogo non proprio bike-friendly, mi sono diretto subito nel cuore del fuorisalone: Zona Tortona.
La città non era ancora del tutto sveglia e lo scenario abbastanza “apocalittico” testimoniava i bagordi della notte appena trascorsa, una specie di 1° gennaio alle nove del mattino, peccato fosse il 12 aprile, però. Dopo un caffè alla vecchia bocciofila, che oggi ha più l’aspetto di un pub inglese con prato rasato in stile a coprire i vecchi campi per giocare a bocce e una fixed appesa al muro esterno, mi trovo di fronte dei veri quadri appoggiati sui pedali, come le definiscono i loro autori, due ragazzi di Ferrara trasferiti ad Amsterdam. Sono le biciclette di ACHAB, decorate o dipinte a mano e ispirate a temi e concetti che remixano film culto, libri o movimenti artistici. Non può mancare Moby Dick, ma si attraversano anche Apocalypse Now, Pulp Fiction, l’Ultimo Samurai, fino ad arrivare a Pollock e all’arte Shunga. Ognuna ha il suo stile abbinato ad una tipologia di telaio differente che esalta, rafforza e va a completare l’opera anche attraverso la fisicità bicicletta.
Rimango in Zona Tortona dove Peugeot ha il suo Peugeot Design Lab, il laboratorio di Global Brad Design di Peugeot. Oltre a presentare in anteprima mondiale il nuovo sofà ONYX, che fa parte del trio ONYX presentato per la prima volta nel 2012 partendo da una supercar, e che vede nella seduta scolpita la sua evoluzione – un oggetto impressionante sotto qualsiasi punto di vista, mix di altissima tecnologia e materiali naturali e grezzi che merita di essere visto – e il pianoforte rivoluzionario, anch’esso presentato per la prima volta in Italia, in uno spazio caratterizzato da giochi di luce che si animano insieme alla musica, non mancavano progetti dedicati alla bicicletta. Interessante la HYbrid Bike AE21, bicicletta elettrica per la città dalle dimensioni contenute e dallo stile unico. Decisamente funzionale soprattutto per il telaio “cavo” che diventa porta-pacchi e permette di posizionare tra le gambe borse da ufficio e pc.
Ultima tappa in “Zona” è il Temporary Museum For New Design. Qui c’è di tutto e si spazia davvero ovunque, dall’attrezzatura per scalare l’Everest, ai tasselli, passando per i nuovi treni progettati per Dubai, senza tralasciare l’interior design e i materiali per la casa. Ah, vedere funzionare le stampanti 3D è molto affascinante. L’attenzione ricade principalmente sulla bicicletta, interpretata da Dots Design Studio con manubri e parti del telaio in legno, mentre Takeo Sunami e Lianjum Shem firmano il design di Mindbike. Marco Ribola, invece, crea le Ribola’s, delle biciclette dal telaio imponente, che ricorda quello di una motocicletta, accostato a materiali leggeri e alla presenza dei pedali, ovviamente.
Di nuovo in sella ad una bici BikeMi mi dirigo verso il Duomo, perché mi interessava vedere e magari prendere parte alla rassegna “In a state of repair” in cui La Rinascente in partnership con la Serpentine Galleries di Londra e il designer Martino Gamper hanno spostato i confini della customer service non solo riparando oggetti, ma facendoli rinascere e rendendoli unici attraverso dettagli disegnati e inseriti dal designer; tra gli oggetti ai quali si poteva dare nuova vita c’erano anche le biciclette, peccato che tutto finiva venerdì e sabato non c’era più nulla se non una vetrina allestita.
In zona, però ho trovato le biciclette di UM – Urban Mobility, premiate con l’ IF Product Design Award 2014: Scindelhauer Bikes e la Sandwichbike. Se le prime sono portatrici sane di tecnica nuova nel mondo della bicicletta, tutti i modelli sono caratterizzati infatti dalla trasmissione a cinghia, la seconda è un progetto divertente e assolutamente innovativo. La Sandwichbike è una bici fatta da due “sandwich”, appunto, di laminato di legno che si assemblano senza saldature, ma tenuti insieme da giunti metallici. Arriva in scatola e chiunque sia in grado di farsi un sandwich può assemblare questa bicicletta, così come dichiara il produttore. Nella scatola ci sono anche tutti gli altri componenti, ma anche gli attrezzi necessari al montaggio. Ricorda qualcosa? Assolutamente si, anche se la qualità è decisamente più alta e con una libreria o un armadio non ci posso andare in ufficio.
Per rimanere in tema di biciclette in legno, Caterina Falleni ha disegnato per Woodencycle, la linea HER. Biciclette dal sapore antico, ma con una forte connotazione di modernità dovuta anche alla possibilità di integrare tutti i device hi-tech direttamente nella scocca. Minimalismo, eleganza e attenzione al nostro pianeta sono le parole chiave che caratterizzano questo progetto. Il tutto era esposto alla Cascina Cuccagna in un temporary store allestito da GoGoBags per Gooddesign, ed infatti era possibile vedere ed acquistare anche accessori per andare in bici e anche qualche stranezza come la copertura anti-pioggia che vedete qui sotto.
Ultima tappa del mio giro in bike sharing è la zona Garibaldi dove ho dato un’occhiata alle biciclette di Sartoria Cicli esposte insieme all’abbigliamento, da High Tech. Simpatica l’idea di offrire un’esperienza dal barbiere – alla vecchia maniera – a fronte dell’acquisto di qualcosa all’interno del concept store. Nel mio caso abbastanza inutile vista la mia barba intoccabile, se non dal sottoscritto, ma avrei comunque portato a casa una ritocccatina ai capelli.
Già che c’ero ho fatto un salto da Rossignoli, il tempio milanese di un certo tipo di ciclisti. La mostra Biciclette Ritrovate era già stata disallestita, rimaneva qualche traccia di BiciclART di ComunicareinEco che promuove il riciclo creativo per le due ruote a pedali e la follia di FixYourBike, vestiti adesivi per telai. Un salto qui comunque fa sempre piacere farlo.
Mi sarò perso sicuramente qualcosa e tra le altre cose il nuovo negozio Brompton Junction Milano, il sesto store nel mondo con licenza esclusiva e inaugurato proprio durante la design week, ma avrò un’altra occasione per farci un salto, anche perché so che una Brompton, prima o poi sarà mia.
tutt’altro, io ritengo che milano sia una città bike-friendly eccome, nonostante le piste ciclabili in sede separata (nei limiti di quanto possa essere “friendly” questa città per qualsiasi cosa). e lo ritengo sulla base di 25 anni di pedalate quotidiane a milano, 25 anni in cui ho visto aumentare in maniera esponenziale i ciclisti, il bike-sharing ecc…
un aumento che pero’ si interrompre bruscamente in alcune occasioni. la settimana del mobile è una di queste. il rapporto tra bici “esposte” e bici “pedalate” è sconfortante. sono tutti lì ad ammirare queste bici decorate nel minimo dettaglio, a commentarle o -più facilmente- a fotografarle, ma poi escono dalla boutique di turno e salgono in auto, in moto o tuttalpiù chiamano un taxi. il traffico della milano “mobiliera” è qualcosa di letale.
ciò che mi preme di più pero’ è proprio questo “svuotamento di significato”. sarò io vecchio e conservatore, è probabilissimo, ma continuo a credere che la bicicletta debba stare in strada. o in pista, o nel fango, ok… insomma, che debba essere in movimento, ecco.
la bicicletta da salotto è qualcosa che proprio non riesco a comprendere, e non credo aiuti in alcun modo la crescita del movimento, nemmeno dal punto di vista economico o comunicativo.
sarei lieto di essere smentito, ma aspetto ancora di vedere uno di questi “designer” con il culo sulla bici, anzichè con il culo al pc a disegnare decorazioni per bici da trasformare in lampadari. :)
Ciao Cauz, non voglio entrare nelle dinamiche della gestione dei picchi di traffico in occasione di alcuni eventi perché non ne ho le competenze e nemmeno l’esperienza :) Posso solo dirti che sabato scorso, penultima giornata della designweek, mi sono spostato per tutto il giorno nelle “zone calde” utilizzando le bici di BikeMi e le ho sempre trovate disponibili, ho sempre trovato lo stallo libero per la restituzione e non ho avuto nessun tipo di complicazione o problema. Fortuna?
Ma al di là di questo, non sono d’accordo sullo “svuotamento di significato” di cui parli tu anche perché di biciclette da salotto non ne ho proprio viste, anzi. Ho visto tante rivisitazioni e interpretazioni, questo si, ma è in qualche modo il senso del design, che comunque deve rielaborare degli standard o delle convenzioni, lanciando spunti e input che se sviluppati portano innovazione. Ben vengano quindi, perché anche queste cose servono al movimento, a creare attenzione e a farci pensare – o ripensare – ad alcune nostre convinzioni e magari a rivederle. Poi siamo tutti d’accordo che con una bici decorata come un lampadario non ci fai molta strada, ma magari ti ha acceso qualche lampadina in testa e ti ha fatto andare in cantina a rispolverare la tua vecchia due ruote a pedali.
la bicicletta sarà stata pure protagonista, ma soltanto nelle vetrine, perchè le strade sono state travolte dal solito caos automobilistico milanese.
è incredibile come questi “designers” riescano a svuotare di significato qualsiasi oggetto a cui si approccino. sicuramente in questo consiste il loro lavoro, e a quanto pare guardandosi intorno è pure molto redditizio, ma il dato di fatto è che sono riusciti a togliere la bicicletta dalla strada trasformandola, come ogni altra cosa, in un oggetto di arredamento. un oggetto morto, insomma.
Che Milano non sia una città bike-friendly è un fatto, ma bisogna anche guardare il lato positivo – e c’è – e dire che qualche passo avanti è stato fatto. Il bike sharing funziona, alcune vie hanno la pista ciclabile separata dal resto della carreggiata (vedi via Vittor Pisani) e io vedo sempre più gente che si sposta in bici, designweek inclusa, rischiando la buccia solo per andare al lavoro o a scuola. Questi sono segnali.
Quindi, dire che le biciclette sono state protagoniste solo in vetrina (il fuorisalone è comunque un’esposizione, dove dovevano metterle le bici?), dal mio punto di vista, non rende proprio onore al vero, così come l’approccio dei designers di cui parli. Tutte le bici che ho visto erano piene di significato, ognuna con delle particolarità, alcune con delle innovazioni, altre semplicemente diverse da come siamo abituati a pensare una bicicletta, ma questo non significa che siano oggetti morti, anzi, al contrario pieni di nuova vita e perfettamente pedalabili e funzionanti.