Sogniamo politiche di ampio respiro, ma le promesse elettorali hanno il fiato corto. Ce ne accorgiamo sempre, dopo. Prima, in campagna elettorale, è tutto bellissimo: avete notato anche voi quanto siano ben fatti e quasi reali i rendering delle future ciclabili, delle ex Tangenziali trasformate in Giardini Pensili di Babilonia, delle piazze pedonalizzate con alberi frondosi e comode panchine per ristorarsi tra una pedalata e l’altra? Il dramma è che, nella maggior parte dei casi, quelle proiezioni di bellezza e di modernità restano tali o vengono realizzate in tempi molto più lunghi di quelli promessi, con costi che lievitano, cantieri che si protraggono negli anni e risultati scadenti.
Non è una questione di schieramenti politici: la trappola della promessa-dal-fiato-corto è sempre in agguato dietro l’angolo e bisogna fare attenzione a non venirne irretiti. Quale candidato politico o aspirante tale non sottoscriverebbe la frase: “Vogliamo strade più sicure e un ambiente più pulito per il futuro dei nostri figli?”. Soprattutto in un’epoca come la nostra – dove ormai lo smog è una presenza costante e palpabile, impossibile da negare – promettere interventi a favore dell’ambiente non presenta controindicazioni, anzi: un po’ di greenwashing riesce a far tornare pulite ed ecosostenibili anche le coscienze nere di chi per anni ha avallato politiche legate ai combustibili fossili e all’automobile come totem da idolatrare.
Queste sono settimane di grande fermento: i diversi schieramenti in campo stanno scegliendo i propri candidati per la prossima tornata elettorale, le amministrative che porteranno al voto milioni di persone in città importanti e strategiche per lo sviluppo del Paese. E siccome Bikeitalia, nel suo piccolo, si batte per trasformare l’Italia in un Paese ciclabile, credo sia opportuno ricordare – proprio ora che la competizione sta entrando nel vivo – che le promesse elettorali hanno il fiato corto e da sole non bastano più: per poter cambiare davvero la mobilità italiana è necessario cominciare a fare scelte impopolari, limitando la diffusione e la circolazione delle auto private, incrementando il trasporto pubblico in maniera capillare e ridisegnando gli spazi pubblici per far tornare le strade luoghi a misura di persona. Cose che un sindaco eletto può e deve fare per migliorare la vivibilità e la fruizione da parte di tutti i cittadini, non solo di quelli che l’hanno votato.
Milano, Torino, Bologna, Roma, Cagliari, Napoli: al voto andranno, tra gli altri, Comuni strategici per poter dare un’impronta anche alle relative Regioni di appartenenza. Città spesso difficili da amministrare, dove è necessario oggi più che mai portare avanti politiche in linea con una mobilità in cui la bicicletta sia un mezzo di trasporto messo al centro e non ai margini, della considerazione così come della carreggiata. Correva l’anno 2012, quando il movimento #Salvaiciclisti che aveva appena cominciato a pedalare si rivolgeva ai sindaci in carica chiedendo di applicare un decalogo per la ciclabilità urbana e la mobilità nuova: oggi quell’elenco di cose da fare, a quattro anni di distanza, resta ancora valido. Il tempo delle promesse dal fiato corto deve finire: per le politiche di ampio respiro bisogna avere cuore e polmoni, pedalare parecchio e guardare avanti. Senza avere paura del futuro.
Ciao, da amministratore dico che se sulle opere funzionali alla Mobilità tutte le sante volte si parla di interventi per la mobilità alternativa, poi però, se si vanno a vedere gli stanziamenti ogni 100 milioni di euro, neanche un milione è finalizzato a queste opere, ci stiamo prendendo in giro. In provincia di Modena saranno realizzate nei prossimi anni una cosa come un miliardo di euro per fare delle strade funzionali alle automobili. A Carpi in due anni di amministrazione non sono riusciti a chiudere 500 metri di piste ciclabili (che poi faranno anche schifo). Smettetela di prenderVi in giro.
Da amministratore vi dico che non è così semplice come sembra, e anche fare scelte impopolari rischia di ritorcersi contro, e lo dico con cognizione di causa.
Lo strumento più importante che abbiamo è quello della pianificazione, ed è l’unico in grado di garantire un minimo di continuità amministrativa.
Ciao Daniele, grazie per il tuo commento. Sullo strumento della pianificazione siamo d’accordo: il problema è che troppo spesso la pianificazione resta chiusa in un cassetto perché spuntano fuori altre “priorità/emergenze” – guarda caso subito dopo il voto – e gli interventi a favore della mobilità ciclistica promessi in campagna elettorale non vengono realizzati, se non in parte, vanificandone la portata innovativa.
Sottoscrivo la risposta di Manuel Massimo e comprendo quella di Daniele, ma non posso credere che sia così difficile rispettare o progettare “pianificazione”. Le associazioni si impegnano molto ai tavoli dedicati presso il Comune di Torino, ma mi sembra fiato sprecato e quello che ottengono sono nella maggior parte dei casi “contentini”. Io mi muovo solo in bicicletta, vado ovunque quindi parlo con cognizione di causa. Nella mia città ci sono molti cantieri in corso, le rivisitazioni delle ciclabili esistenti, sono una presa in giro! rotonde da attraversare, non da percorrere, ciclabili rifatte ANCORA in comune con i pedoni, quando lo spazio per ricavarle ci sarebbe. Sono letteralmente allibita. A chi mi dice che vorrebbe andare in bici ma ha paura, vorrei rispondere incoraggiandolo, ma hanno ragione! Io non mollo, ma devo viverla come una battaglia per la sopravvivenza?!