10 motivi per cui Roma ha bisogno di un responsabile alla ciclabilità

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Perché Roma ha bisogno di un bravo responsabile alla ciclabilità : non è una domanda, è un’affermazione. I motivi per cui la Città Eterna, eternamente alle prese con i problemi generati da un traffico motorizzato abnorme, deve dotarsi di una figura chiave per lo sviluppo della mobilità ciclistica con ricadute positive sull’intero settore trasporti è a mio avviso riassumibile in 10 punti programmatici:

1. Ridisegnare la viabilità

Lo stato delle strade di Roma, dove le buche hanno preso il sopravvento in molti quadranti, è messo a dura prova dal passaggio continuo e ininterrotto di mezzi pesanti (ivi compresi i torpedoni a due piani per turisti che attualmente possono parcheggiare all’ombra del Colosseo e scorrazzare per il centro creando caos e ingorghi, ndr) e dall’assenza di una rete ciclabile cittadina, con percorsi segnalati e interconnessi per consentire a chi pedala di trovare la propria strada senza dover fare gimkane tra auto in doppia fila e altre varie insidie prodotte dal traffico motorizzato.

2. La competenza sul campo

Per la promozione e lo sviluppo della mobilità ciclistica non basta un tecnico, per quanto preparato, né tantomeno un politico, per quanto attento ai bisogni di chi pedala: per far sì che le buone pratiche sulla carta vengano messe in pratica sul campo è necessario che la figura apicale cui è delegata la ciclabilità di Roma sia una persona che sa di che cosa si sta parlando perché ha pedalato tanto sulle strade e, da ciclista urbano, conosce esattamente i problemi su cui intervenire e non ne ha una vaga idea, solo per sentito dire.

3. Più sicurezza per tutti

Un responsabile alla ciclabilità – attraverso un’azione mirata e sinergica per mettere in rete i vari quadranti della città e creare una ragnatela ciclabile impermeabile alle auto ma aperta a tutte le diverse tipologie di utenti in bicicletta – riuscirebbe a creare una struttura snella e a basso costo per irreggimentare il traffico veicolare e aumentare il livello di sicurezza – reale e percepito – di chi pedala, favorendo l’uso della bici in città.

4. La bici come stile di vita

Che pedalare faccia bene alla salute non è certo una novità: il compito di un responsabile alla ciclabilità dovrebbe essere quello di far passare il messaggio che pedalare a Roma – come in qualsiasi piccola/grande/media città – non solo è auspicabile ma anche possibile, perché sono state messe in campo molteplici soluzioni per agevolare questo stile di vita che porta benefici al corpo, allo spirito ma anche al portafoglio (con i soldi risparmiati per gli spostamenti e quelli per le cure delle malattie favorite dall’eccessiva sedentarietà).

5. Reale riqualificazione urbana

Sulle colonne dei giornali uno dei temi più trattati, soprattutto dalle cronache locali, riguarda il “degrado”: concetto che spesso viene declinato a uso e consumo dell’editore e/o degli interessi contingenti, per cui viene additato come deprecabile un dato comportamento solamente perché nuoce a una determinata categoria che ha voce in capitolo. Premesso questo, il fatto che la doppia fila crei degrado è lampante ma rappresenta anche uno dei comportamenti meno sanzionati e più tollerati anche da chi sarebbe preposto a far rispettare le regole: un bravo responsabile alla ciclabilità con pieni poteri potrebbe creare una reale riqualificazione urbana attraverso l’istituzione di bike lanes a pioggia in tutte quelle strade dove la sosta selvaggia impera, mettendo in condizione di non nuocere l’automobilista indisciplinato di turno e il degrado creato dalla doppia fila.

6. Un volàno per il commercio di prossimità

Su Bikeitalia lo abbiamo scritto a più riprese: la bici fa bene al commercio e sono proprio i commercianti che dovrebbero chiedere meno parcheggi e più ciclabili per migliorare l’aspetto delle strade su cui affacciano le loro vetrine ma anche per aumentare il fatturato, visto che chi fa shopping in bicicletta è indotto a spendere e si ferma volentieri a fare acquisti, contrariamente a quanto si potrebbe pensare. Un responsabile alla ciclabilità che sappia coniugare l’esigenza di ciclabilità con pedonalizzazioni-chiave nei punti nevralgici della città darebbe anche un impulso al commercio di prossimità, contro la logica spersonalizzante dei centri commerciali a ridosso del GRA e raggiungibili solo in auto.

7. Tessuto cittadino per fare rete

Il problema delle grandi città come Roma è quello dell’eccessivo frazionamento: non solo tra i diversi Municipi – che sono XV – ma anche all’interno delle diverse macro-aree e di parti inglobate in un determinato quartiere, con il risultato che un’azione portata avanti in un ambito circoscritto spesso non riesce a trovare lo sbocco per potersi espandere e resta relegata a una dimensione che la condanna a esperienza-pilota – bella e interessante, per carità – ma senza la possibilità di “fare scuola” ed essere riproposta anche in altri quadranti della città. Per quanto riguarda le politiche ciclabili di Roma, un responsabile alla ciclabilità che sa il fatto suo potrebbe essere il punto di riferimento degli assessori alla mobilità dei vari Municipi per fare rete tra le diverse esperienze ciclabili, ricreando il tessuto cittadino a partire dalla bicicletta come mezzo di spostamento.

8. Progettare una città-a-pedali

Le infrastrutture ciclabili della Città Eterna, in molti casi, sono così malfatte e inadeguate che non si capisce come possano essere state fatte “proprio lì” e “proprio così”. Le piste ciclabili in sede separata, laddove presenti, sono realizzate per dare il meno fastidio possibile alle auto: in zone remote e scarsamente accessibili ma, soprattutto, con connessioni praticamente assenti tra loro. Anche i tentativi di dorsali-a-pedali – come quella che segue il corso del fiume Tevere – devono fare i conti con le contingenze legate alle stagioni (pista spesso impraticabile nel periodo autunno/inverno) o ad altri eventi (i gazebo dell’Estate Romana che limitano di fatto il normale utilizzo dell’infrastruttura ciclabile in più punti). Per questi motivi la nomina di un responsabile alla ciclabilità dovrebbe dare un netto segnale di discontinuità rispetto al passato e la persona designata dalla sindaca Virginia Raggi non dovrebbe appartenere alla schiera dei tecnici e/o dei burocrati che hanno contribuito a creare la situazione attuale fatta di piste smozzicate senza capo né coda.

9. Una vera intermodalità

Il trasporto delle biciclette sui mezzi pubblici – parlando di Roma – risente di un approccio sbagliato: le tipologie ammesse gratuitamente e in tutte le fasce orarie sono solo quelle pieghevoli, con un ingombro circa pari a quello di un borsone, mentre invece per le “bici intere” esistono tutta una serie di limitazioni e vincoli dovuti in parte alla fattura stessa dei mezzi (evidentemente non pensati per chi usa la bici) ma anche al concetto che considera la bici come un ulteriore passeggero, dunque mezzo soggetto a pagare il biglietto (costo coperto invece se chi viaggia con la propria bici al seguito è abbonato, ndr). Tutto questo per dire che una vera intermodalità è possibile soltanto con l’adeguamento dei mezzi del trasporto pubblico e un atteggiamento di apertura da parte dell’amministrazione comunale verso chi viaggia assieme alla sua due ruote. Un altro punto all’ordine del giorno nell’agenda del responsabile alla ciclabilità che verrà.

10. La visione strategica

Senza una visione d’insieme, tante piccole/grandi mosse scollegate tra loro non producono l’effetto desiderato: come negli scacchi, il difficile compito che attende chi prenderà in carico la ciclabilità di Roma sarà quello di avere una visione strategica entro cui muoversi, prevedendo le contromosse dei tanti avversari che vorranno mettere i bastoni tra le ruote a questo grande progetto di cambiamento e agendo di conseguenza, lavorando giorno per giorno per costruire un futuro possibile in cui Roma possa finalmente volare alto grazie a politiche ciclabili degne delle migliori esperienze europee.

Per tutti questi motivi credo che la sindaca Virginia Raggi – che in campagna elettorale aveva espresso idee chiare in merito alla mobilità – sia di fronte a una scelta importante: Roma ha bisogno come il pane di un responsabile alla ciclabilità capace di mettere in atto tutte le azioni necessarie per dare un’impronta ciclabile capace di cambiare in meglio la città, non con manovre di piccolo cabotaggio ma governando sulla tolda di comando e navigando per l’alto mare aperto.

Commenti

  1. Avatar Flavio ha detto:

    Complimenti per l’articolo. Dubito però che sulle strade di Roma, ridotte a parcheggi, si possano realizzare corsie ciclabili che di fatto toglierebbero posti per parcheggiare l’auto. I cittadini romani,molto legati alla macchina (..e spesso schiavi di essa..) protesterebbero.
    Complimenti anche per il sito internet, sempre ricco di articoli interessanti.
    Ciao

  2. Avatar Stefano Gerosa ha detto:

    Ottimo articolo, l’istituzione dell’Ufficio Biciclette affidato ad un Bike Manager è sempre stata una delle richieste principali di FIAB, di cui faccio parte.
    Manca in questo articolo la ragione più tecnica. A volte si prende un Ufficio, magari mobilità o peggio ambiente, e lo si incarica della cosa. Qui sorgono un’infinità di problemi (tra cui la nota propensione di un Ufficio di non lasciarsi comandare dal dirigente di un altro Ufficio). Lavorare sulla ciclabilità significa mettere in connessione e far lavorare molti uffici tecnici anche di assessorati diversi. Serve una figura, dotata di un Ufficio proprio, che possa fare da “ponte”.
    Una figura, tra l’altro, capace di mettere il naso in tutto quel che succede. Faccio un esempio. Qui a Mestre abbiamo degli ottimi sotto-passaggi ciclabili ferroviari su alcuni dei quali, anche anni dopo la realizzazione, sono state innestate delle ciclabili.
    Ordunque non è che siano nati a caso, ma dal fatto che a suo tempo l’Ufficio Biciclette (che in quei tempi era affidato a una persona competente dei “nostri”) anche se non chiamato si fece vivo ed intervenne nella progettazione (non so che ruolo avesse avuto il Comune e quale le Ferrovie) quando si decise di chiudere un bel po’ di passaggi a livello e realizzare sottopassi. Capite anche voi che se non ci fosse stato quell’intervento oggi avremmo, come in altre parti d’Italia vedo spesso, sottopassi solo per automobili (magari solo con uno stretto passaggio pedonale difficilmente utilizzabile dai ciclisti).
    Questo per dire che l’Ufficio Biciclette va si coordinato da un “ciclista urbano” ma deve anche essere una persona che abbia sviluppato competenze per muoversi tra i vari Uffici e capire per tempo dove mettere il naso (anche se non chiamato, perchè, come nel caso dei sottopassi ferroviari .. chi tra i progettisti pensa mai alle biciclette?). E su questo deve avere l’appoggio incondizionato della Giunta cioè essere considerato importante politicamente, per non trovarsi il lavoro sbarrato da una serie infinita di “niet, tu non centri”.

    1. Paolo Pinzuti Paolo Pinzuti ha detto:

      Ordunque? Ma come fai a scrivere “ordunque” nel 2016?

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