lunedì 30 maggio
Ore 07.15 si parte. Il rumore della saracinesca che si chiude alle mie spalle lo immagino come lo sparo dato da uno starter. Speravo di lasciare casa alle 07.00 ma alcuni ulteriori controlli alla bici e al fissaggio delle borse sono stati necessari per dare maggior sicurezza al viaggio.
La lunga pedalata che ho appena iniziato uscendo di casa erano anni che volevo farla, ed ecco che finalmente mi trovo in sella per compiere il giro della Sicilia lungo la sua costa.
Questo giro l’ho pianificando da tempo studiando le strade da percorrere, e dei 1.000 km che dovrò attraversare in bici un buon 60% già li conosco, perché fatti in bici o attraversati in macchina. Alcuni tratti li ho freschi in memoria, altri un po’ meno, perché ricordi di viaggi lontani.
Sono quel 40% che ancora non conosco, e che saranno tutti da scoprire, a stimolare ancora di più la voglia d’avventura.
Niente stradario, nessun navigatore Gps, come al solito farò affidamento su una buona memoria fotografica per quanto già pianificato e visto a computer. All’occorrenza e solo se ce ne fosse veramente bisogno, lo smartphone che mi porto dietro e una buona connessione internet possono tornare sempre utili.
Voglio precisare che questo viaggio non l’improvviso all’ultimo minuto, dietro c’è un inverno fatto di lunghi allenamenti e l’esperienza di altri lunghi giri fatti in passato, mai però così impegnativi.
Negli anni sono andato sempre alla ricerca di un qualcosa in più rispetto a quello fatto l’anno prima, e a oggi sono fermo ai 320 km compiuti in 14 ore, la scorsa estate, per andare da Bagheria a Siracusa.
Lascio Bagheria direzione Palermo e dopo 20 km raggiungo il centro del capoluogo siculo. Il quarantesimo chilometro scatta Carini, e al cinquantacinquesimo sono già arrivato davanti il bar Palazzolo di Cinisi, dove faccio la prima sosta del giorno per reintegrare l’abbondante colazione fatta a casa appena alzato.
Nel pianificare il giro avevo previsto una sosta ogni 50/60 km di circa 15 minuti, ma me ne bastano 9 per consumare una crostata di mele e un caffè macchiato. Ancora un minuto per reindossare casco e guanti e sono di nuovo in sella direzione Trapani.
Le gambe lavorano in agilità, la frequenza cardiaca è regolare sui 120/130 bpm e la velocità media registrata e appena sopra i 28 Km/h; tutto procede come da programma, e fin dai primi chilometri percepisco da come girano le gambe che il limitatore di fatica che si trova in chissà quale angolo remoto del mio cervello è impostato al massimo.
Avanzando verso Trapani un vento teso che soffia da nord nord-ovest, infastidisce non poco il mio procedere, mi faccio paziente e so che dovrò sopportarlo fino a Trapani, dove poi girando verso Marsala lo avrò alle spalle e da lì a me favorevole spingendomi fino a destinazione.
I chilometri di strada che da Bagheria mi separano da Trapani li faccio prima percorrendo la S.S. 113 sino al bivio per Balestrate, poi sulla S.S. 186. Questa tratta l’ho fatta diverse volte sia in auto che in bici e il paesaggio lo conosco a memoria chilometro dopo chilometro, curva dopo curva, per cui i panorami incontrati non mi regalano forti emozioni. In ogni caso faccio un paio di foto là dove credo i panorami siano più suggestivi e che possano documentare il mio passaggio su queste strade. Prima di cominciare la salita di Castellammare del Golfo, un’altra sosta mi è d’obbligo per comprare una bottiglia d’acqua per riempire le borracce, e già che ci sono anche due banane. Riprendo a pedalare con ancora in mente una scena curiosa vista qualche minuto prima di fermarmi: due cicloturisti incrociati per strada, credo marito e moglie sicuramente stranieri, con attaccato alla bici dell’uomo un carrello con cupoletta parasole che trasportava un cane bello grosso, credo un labrador, che se la godeva beato.
E a volerla dirla tutta, questa coppia di stranieri in bici sono gli unici ciclisti incontrati lungo gli 80 km di strada già percorsa, e se tanto mi dà tanto percepisco che forse trovare compagnia ciclistica lungo i 1.000 km sarà cosa rara.
I primi 100 km scattano nei pressi di Buseto Palazzolo, piccolo comune conosciuto dai tanti appassionati di bici perchè in esso trova sede la Lombardo Bici e anche perché da qui parte una delle manifestazione ciclistiche più belle di Sicilia, l’omonima Granfondo organizzata sempre dall’azienda Busetana.
Raggiungo e supero il bivio che porta a San Vito Lo Capo. Un buon cicloturista che si rispetti non si può permettere il lusso di girare la Sicilia e non fare una deviazione per San Vito. Oltre che godere di bellissimi panorami, una volta raggiunto il caratteristico paesino, dolcemente disteso su quella che è da considerare una delle più belle spiagge d’Europa, un bagno nelle sue acque cristalline è quanto di più si può desiderare da una vacanza in Sicilia.
Mi rammarica il fatto che questa località non sarà tra quelle attraversate durante questo mio giro, ma so che non mancherà occasione per ritornaci quanto prima.
Più avanti poi, attraversando Valderice, la sensazione già provata poche settimane prima, si ripresenta in tutta la sua cruda realtà: se non fossi sicuro di essere in Sicilia penserei di trovarmi a pedalare in un paese dell’Africa centrale. Non è l’architettura delle case a darmi quest’impressione, né il paesaggio, ma i tantissimi ragazzi di colore che si incontrano lungo le sue strade. Queste ragazzi credo che siano tra quelli visti in televisione e finiti in questo angolo di mondo, nell’illusione di trovare molto di più di quello che si sono lasciati dietro. Forse merito o colpa (fate voi) di tutto ciò è del governo Italiano, sostenuto con tacita complicità dall’Unione Europea, che sta regalando loro un’illusoria vacanza tre stelle. Il mio non vuole essere un sentimento razzista verso tutte queste persone che bisognose o no cercano rifugio e sperano in una vita migliore, ma verso una politica condotta in modo errato di cui credo le ripercussioni negative non tarderanno ad arrivare. Credo però che tutto questo poco centri con questo racconto di viaggio e voglio concludere questo pensiero nell’augurare a tutti questi ragazzi di tornare presto a casa loro e realizzare lì tutto quello che con falsa illusione immaginano di trovare qui in Italia.
Pochi chilometri dopo Valderice ed ecco raggiungere Trapani, il capoluogo di provincia più ad ovest dell’isola. Un breve giro tra le strette stradine del suo meraviglioso centro storico, una foto con alle spalle la Torre di Ligny e via direzione Marsala.
Dopo diversi chilometri fatti affrontando mangia e bevi, (che per chi non mastica ciclismo stanno ad indicare tratti di strada con il susseguirsi di brevi salite e altrettante brevi discese), circa 100 km di strade piatte come un biliardo mi condurranno fin quasi a destinazione. Tutta questa pianura e il vento che finalmente mi arriva alle spalle, mi permettono di andare veloce, ed è una sensazione veramente piacevole.
Appena fuori Trapani, la vista delle saline con i suoi antichi mulini e sullo sfondo le tre isole che compongono l’arcipelago delle Egadi sono un panorama da cartolina, ma è pedalando lungo la litoranea che costeggia le isole dello stagnone a pachi chilometri da Marsala che il panorama diventa di quelli che si imprimono nella memoria e no si dimenticano più! L’isoletta di Mozia, antica colonia Punica, le saline con i suoi pittoreschi mulini a vento, ammirati pedalando a pochi centimetri dalla riva del mare sono uno spettacolo per i miei occhi, e per tutti coloro che hanno la fortuna di poter ammirare.
Seduto di fronte l’imbarcadero per Mozia, mi gusto con grande soddisfazione il pranzo del giorno: due panini con prosciutto e formaggio e una mezza birra, e tra un morso al panino e un sorso di birra mi rendo conto che un pranzo consumato ammirando un paesaggio così, vale molto di più di quello che avrei potuto fare anche nel più lussuoso ristorante della zona! Il pane comprato poco prima in un negozietto lungo la strada, e appena mangiato era di quello fatto secondo la tradizione genuina degli antichi panettieri, dove la lenta lievitazione e la cottura in forno a legna, ne fanno un alimento nutriente, gustoso e saziante.
Con questa appagante soddisfazione data dal pasto consumato, rimonto in bici e rimessa la prora verso sud riprendo a pedalare per raggiungere Marsala.
Città antica Marsala, ha da secoli come fonte principale di ricchezza, la produzione dall’omonimo vino aromatico, e attraversandola percorrendo il suo lungomare cittadino, l’antico edificio della cantina Florio, da sempre una della maggiori produttori di Marsala, è la cosa che più mi colpisce. La struttura eretta tutta in tufo locale si estende per una lunghezza esagerata, ed anche se quella occupata dall’attuale omonima azienda vinicola, magnificamente tenuta è solo una parte di essa, è sempre comunque molto grande. Il resto avrebbe bisogno di un serio restauro conservativo per riportarla ai fasti di un tempo, ma la crisi economica degli ultimi anni che ha investito anche la florida economia marsalese, credo abbia postdatato a chissà quando l’inizio dei lavori.
Lasciando la periferia di Marsala alla volta di Mazara del Vallo ecco che inizia l’avventura nell’avventura. Avevo raggiunto Marsala pedalando su strade che già avevo fatto in bici, ma da lì in poi e per tanti altri chilometri sarebbe stato tutto un bel scoprire di nuovi paesaggi.. Sulla provinciale Marsala Petrosini, il susseguirsi di villette mi fa capire che questa deve essere zona di villeggiatura estiva, anche perché le uniche persone che incontro sono solo maestranze al lavoro per la sistemazione di villette e stabilimenti balneari.
L’ora calda del primo pomeriggio, e lo svuotamento della seconda borraccia, accendono la spia della riserva idrica, e fatico non poco a trovare dove poter acquistare una bottiglia d’acqua. Penso proprio che avventurarsi per questi posti nei mesi estivi più caldi, con solo due borracce di mezzo litro non debba essere cosa conveniente, vista la scarsa presenza di bar, alcuni dei quali trovati, tra l’altro pure chiusi in questa ora del giorno.
Fortunatamente a Petrosino ne trovo uno aperto e faccio il pieno alle borracce.
Questo piccolo comune agricolo trapanese si collega a Mazzara del Vallo anche tramite una strada di campagna che corre per diversi chilometri lungo ettari e ettari di vigneti. L’estensione si perde fino all’orizzonte, e vedendo tutte queste vigne ho come la sensazione che tutto il vino del mondo provenga da queste piante.
Scopro questo nuovo per me angolo di Sicilia pedalando su un nastro d’asfalto adagiato sulle dolci ondulazioni della campagna godendo di un leggero vento di maestrale, la cui presenza che aiuta il mio avanzare, la percepisco come la compagnia di un amico nel vivere questa avventura.
Attraverso Mazara del Vallo, con il consapevole rimorso di non dedicare una giusta e doverosa visita al suo centro storico, perché deciso ha non voler interrompere il buon ritmo di pedalata tenuto, considerando che per Sciacca mancano ancora molti chilometri.
Tanti sono i chilometri, come molte possono essere le insidie e gli imprevisti che la strada può avere in serbo per rovinare questa bella giornata di sport e d’avventura.
Uscendo da Mazara, una litoranea mi porterà sin quasi a Torretta Granitola, e da qui una provinciale sino al bivio per Tre Fontane, nota località balneare che si affaccia sulle gelide acque del canale di Sicilia, la cui spiaggia a detta di chi vi soggiorna conserva un antico fascino selvaggio.
La litoranea imboccata appena fuori Mazara tutta pianeggiante, è un susseguirsi di curve che seguono la linea della costa; a destra chilometri di bassa scogliera tufacea, a sinistra appezzamenti di terreni incolti recintati da vecchi e fatiscenti muretti in blocchi di calcestruzzo, al centro un deserto di asfalto. Per chilometri e chilometri non incontro anima viva!
Superato il bivio per Torretta Granicola, sparisce la vista del mare che mi aveva accompagnato per tanti chilometri, e poco dopo svoltando a destra, un altro bivio, mi conduce verso Tre Fontane. Raggiungo il centro abitato che ho già superato i 200 km. La lunghissima spiaggia che si perde all’orizzonte conserva quell’aspetto selvaggio di cui accennavo prima e le dune di sabbia formatesi ai bordi della strada mi danno anche l’illusione di trovarmi sul Sahara. Rimango deluso però dalla qualità architettonica delle sue abitazioni, e del paese in generale, per le quali non voglio esprimere giudizio.
Ancora si ripresenta la necessità di fare rifornimento idrico e ancora una volta prima il dubbio, poi la paura e infine la certezza di patire la sete prendono corpo nella mia mente. In giro trovo tutto chiuso, e le uniche persone che incontro sono sporadiche maestranze edili impegnate nei soliti lavori di manutenzione stagionale. Una fontana trovata per caso girando per Tre Fontane, risolve il problema del rifornimento idrico, e una bustina di sali minerali quello del sapore dell’acqua.
Lascio Tre Fontane con la convinzione che in Sicilia poche località balneari possono essere paragonate a San Vito Lo Capo e Cefalù, e questa è molto lontano dal poterlo essere.
Da Tre Fontane per raggiungere Sciacca è poi tutto un susseguirsi di strade provinciali, e anche se la segnaletica stradale lascia molto a desiderare so di trovarmi sulle strade giuste, quelle pianificate prima di partire. Qui il paesaggio muta la sua bellezza e abbandonata la costa, proseguo il mio viaggio attraversando un territorio fatto di basse colline anche qui coltivate a vigneti. Anche in questo tratto si strada le anime incontrate sono davvero poche, ad eccezione di due cicloturisti fermi sotto la fresca ombra di un grande albero intenti a rifocillarsi, e una pattuglia di carabinieri impegnata in uno sterile posto di blocco. E così che dopo aver percorso 263 km e aver pedalato per quasi 10 ore arrivo finalmente a destinazione. Il B&B Porta di Mare, prenotato per la notte si trova proprio nel centro di Sciacca e non mi è difficile raggiungerlo una volta entrato in paese. Fin da subito l’impressione risulta essere molto positiva, sia sull’accoglienza datami dal proprietario, sia sulla qualità e comodità dell’alloggio messo a mia disposizione.
Una bella e lunga doccia è quello che poi più ci vuole per cancellare parte della stanchezza accumulata durante il lungo viaggio, e anche se consapevole di fare torto alle bellezze di Sciacca, rimango ad aspettare disteso comodamente a letto l’ora della cena.
Cosa che ho imparato ormai da tempo è che in situazioni come queste, è sempre bene chiedere consiglio a persone del posto, e chi meglio del mio ospite può indicarmi una buon trattoria dove poter cenare. Così verso le nove raggiungo l’osteria Cappellino poco distante dal BeB, dove trovo però tutti i tavoli occupati e su invito del gestore mi metto di santa pazienza e aspetto che si liberi un tavolo. In verità la breve attesa, poi non mi pesa più di tanto, perché il viso allegro e soddisfatto dei commensali mi dà conferma che la dritta datami dal proprietario del B&B è quanto mai azzeccata. Un’insalata verde come antipasto e una porzione più che doppia di fettuccine con vongole e cozze, sono quanto di meglio potevo desiderare per deliziare il mio palato e per ricaricare al meglio le batterie.
Di ritorno in camera, dopo aver fatto una breve passeggiata per il corso principale di Sciacca, e sistemato per la notte, prima di addormentarmi do uno sguardo a quanto registrato dal ciclocomputer, durante la tappa di oggi, chilometraggio, media, ecc. consapevole però che tutti questi dati alla fin fine lasciano il tempo che trovano, perché l’unica cosa che veramente conta dopo aver compiuto così tanti chilometri, è una sola e cioè di essere arrivato a destinazione incolume sia dal punto di vista fisico che meccanico.
Con questa riflessione e con la mente già proiettata alla tappa di domani si conclude la prima giornata di viaggio.
Martedì 31 maggio 2016
La sveglia suona che sono le 06.30. Il proprietario del BeB mi ha promesso che per me oggi anticiperà l’ora della colazione, generalmente da lui servita dalle ore 07.30 in poi.
Infatti alle 07.00 arriva puntuale con un generoso vassoio di cornetti. I miei timori sul fatto che la colazione non risultasse all’altezza dei tanti chilometri che dovrò compiere durante il secondo giorno di viaggio, svaniscono di fronte alla generosità e alla varietà di quanto servitomi.
Finito di far colazione e con già tutto pronto per riattaccare le borse al portapacchi, scoprire la ruota posteriore bucata, getta un po d’ombra sul mio buon umore, ma vincendo la voglia di bestemmiare come spesso capita in questi casi, con molta calma rimetto tutto a posto sostituendo la camera d’aria bucata, ed è solo dopo il centesimo colpo di pompa, che finalmente tutto è pronto per riprendere là dove avrei sperato di trovarmi 15 minuti prima.
Lascio il B&B Porta di mare consapevole di aver trovato un’ospitalità e una struttura all’altezza del giudizio più che positivo sulle recensioni online.
Riprendo a pedalare da dove mi ero fermato il giorno prima e mi bastano pochi chilometri di strade cittadine per uscire da Sciacca e ritrovarmi sulla S.S.115 alla volta di Noto.
Affronto la prima ora di viaggio con il dubbio che dopo i tanti chilometri fatti ieri, i circa 250 km necessari oggi per raggiungere Noto possono essere troppi, e di conseguenza essere costretto a dover accorciare la tappa.
La piacevole sensazione di libertà e solitudine però mi trasmettono il giusto entusiasmo per vincere ogni timore e pedalata dopo pedalata, raggiungo prima Ribera e poi Montallegro. In questi primi chilometri di strada statale, i paesaggi mi trasmettono poche emozioni, ed anche se il manto stradale si presenta buono e scorrevole, la presenza di diverse gallerie, e il susseguirsi di lunghi rettilinei che alternano salite e discese, dal punto di vista ciclistico è poco esaltante.
Vinco la noia facendo a mente due calcoli su quante pedalate dovrò compiere prima di arrivare a Noto: “considerando che la velocità media tenuta sarà di 25 km/h; che la cadenza di pedalata media sarà di 90 pedalate al minuto; e che per compiere 250 km mi occorreranno 10 ore, alla fine dovrò fare 54.000 pedalate con la gamba destra e altrettante con la sinistra”.
Poco prima di giungere alla periferia di Montallegro, la noia lascia il posto a un leggera apprensione: la ruota posteriore riparata qualche ora prima tende a sgonfiarsi. Che forse un pezzettino di vetro o una spina siano rimasti conficcati al copertoncino causando una nuova foratura? Fermandomi e controllando la gomma vedo che la pressione si è abbassata non di molto, decido così di rigonfiare nuovamente la ruota per vedere quanto tiene. Raggiunto l’abitato di Montallegro chiedo di un gommista, perché nonostante l’aiuto dei santi elencati in perfetto ordine alfabetico, con la mini pompa ci vorrebbe troppo tempo per raggiungere la giusta pressione per una gomma da bici da corsa e per gonfiare la mia ruota a 7 atmosfere, l’utilizzo di un compressore ad aria sarebbe quanto mai d’aiuto.
Dopo un’iniziale incertezza, che mi fanno dubitare di aver parlato una lingua straniera, i due pensionati a cui ho chiesto informazioni, mi indicano un gommista appena fuori Montallegro che dovrei incontrare da lì a poche centinaia di metri ripresa la S.S. 115.
Così è infatti, e questa volta con estrema semplicità riesco a gonfiare la ruota alla pressione giusta e riprendere a pedalare con maggior scorrevolezza.
Poco prima di raggiungere Siculiana lascio la statale, per imboccare una strada provinciale che le corre parallela ma più a sud, più vicina al mare. Scoprirò poi con mio piacere che questa strada fa parte dell’itinerario ciclistico che unisce diverse località della provincia di Agrigento denominato SIBIT. Lasciata la S.S.115 il viaggio diventa meno scorrevole, a causa dei tanti incroci privi di indicazione e dall’asfalto che in alcuni tratti risulta davvero pessimo, il che mi ricorda con prepotenza, caso mai me ne fossi dimenticato, di essere sempre in Sicilia.
In Sicilia, ormai è noto al mondo intero trovi tutto e il contrario di tutto, ed e per questo motivo che a pochi chilometri di distanza si possono vivere esperienze contrapposte e emozioni contrastanti: neanche il tempo di cancellare dagli occhi la vista della meravigliosa “scala dei turchi” rara scogliera di rocce bianchissime meta di tantissimi turisti, ed ecco dopo pochi chilometri rimanere delusi dalla vista di Porto Empedocle. Come tanti altri comuni italiani questi è figlio dell’abusivismo, quando alla cultura del bello si preferiva la concretezza dell’utile, e si tiravano su edifici con la stessa frenesia di chi affamato cerca cibo o di chi assetato vuole acqua. Ora ce ne vergogniamo un po’ tutti, ma credo sia la stessa vergogna che può provare di se stessa una persona obesa guardandosi allo specchio dopo che ha consumato un vassoio di dolci.
La delusione provata nel raggiungere Porto Empedocle, svanisce appena entrato in uno dei tanti bar incontrati lungo la strada: un bancone ricco di deliziose bontà tra cui poter scegliere la seconda colazione, mi rimette in pace con gli empedoclini. Una generosa porzione di pizza al taglio condita con l’impossibile, tra cui anche peperoni, fanno dubitare il barista che io sia un vero ciclista, perché già alla richiesta della pizza lo vedo rimanere basito e considerando che dopo i peperoni gli ordino pure un bel cappuccino, si sarà fatto una convinzione tutta sua su quale fosse la mia vera indole sportiva. Credo sia abituato a vedere ciclisti fighettini che ordinano un caffè che poi dividono in due e che accompagnano poi con un paio di morsi ad una barretta energetica già cominciata e magicamente tirata fuori dalla tasche posteriore della maglietta.
Voglio aggiungere però, che dopo tutte le calorie consumate ieri, il mio metabolismo richiede talmente tanta energia che il mio stomaco riuscirebbe a digerire una suola di scarpa fritta in un olio vecchio di mesi.
La sosta si conclude con l’acquisto di due banane belle mature, di cui una consumata al momento e l’altra riposta come fosse un oggetto prezioso in una delle due borse che mi porto attaccate alla bici.
Riprendendo a pedalare, la piacevole sensazione di sazietà datami dalla seconda colazione, predispone il mio stato d’animo ad aver maggior fiducia sulla riuscita dell’impresa di oggi di raggiungere Noto.
Pochi chilometri separano Porto Empedocle da Agrigento, che raggiungo da lì a poco e attraverso percorrendo via La Loggia da dove so si può ammirare la piena vista della valle dei templi. Il panorama che si apre alla mia sinistra è quello classico delle più famose cartoline siciliane: ampie distesa di uliveto con sullo sfondo gli antichi templi agrigentini.
Superata le ultime case della periferia del Villaggio Mosè, piccola frazione residenziale di Agrigento, la statale 115 ritorna ad attraversare la campagna e le sole persone che incontro sono quelle alla guida di auto e camion che la percorrono in entrambi i sensi di marcia. Anche oggi i ciclisti incontrati per strada si possono contare sulle dita di una mano.
La statale continua a scorrere su dolci colline, ed è tutto un susseguirsi di leggeri saliscendi, e i chilometri segnati dal ciclocomputer già cominciano a prendere corpo.
Palma di Montechiaro e Licata sono gli unici due paesi incontrati prima di arrivare a Gela.
La S.S.115 nei pressi di Licata, non l’avevo mai percorso in vita mia, e la ricorderò sempre con piacere perché è un tratto di strada che si mantiene per diversi chilometri piatta e dritta, la più adatta alle mie caratteristiche di passista, che se hai la fortuna come l’ho avuta io quel giorno di percorrerle non avendo vento contro, si fanno in bici come se si fosse in moto.
Sono da poco passate le tredici quando raggiungo Gela, e l’ora è quella giusta per un bel panino. Chiedendo informazione, vengo indirizzato alla salumeria “zia Rosa” che imbottisce panini secondo l’antica concezione contadina “ri chirri ca annu pititittu”! per cui il panino ordinato risulta essere abbondante e ricco di condimenti: bresaola, scaglie di grana, impreziosite da succo di limone ed aromi. Una mezza birra bella fresca completa il pranzo improvvisato di oggi, e seduto comodamente su una panchina del lungomare colgo anche l’occasione per godere del mare di Gela al cui orizzonte scorgo una di quelle ormai famose trivelle petrolifere offshore.
Finita la pausa riprendo il mio cammino verso Noto, e mi convinco sempre più che salvo imprevisti, dovrei arrivarci con relativa tranquillità.
Veramente qualcosa c’è che seguita a darmi una certa apprensione: la ruota posteriore anche se in maniera molto lenta continua sempre a sgonfiarsi e ogni due ore ho la necessità di rigonfiarla.
Così approfitto anche questa volta di una pompa di benzina incontrata uscendo da Gela, per riportare la gomma alla giusta pressione. Sono consapevole che la camera d’aria è bucata, però siccome si sgonfia molto lentamente preferisco continuare a pedalare così, e risparmiarne una nuova tenuta di riserva per un’altra non poco improbabile nuova foratura.
Oggi è la seconda volta che noto uno sguardo strano negli occhi di chi vedendomi viaggiare in bici mi chiede da dove arrivo e dove sono diretto, e non capisco se è uno sguardo di chi pensa “minchia che forti chistu!” o “minchia che fuorri chistu!” comunque nell’uno o nell’altro caso ne apprezzo la gentilezza e la disponibilità che sono quella tipica del popolo siciliano e per questo mio motivo d’orgoglio.
Lascio Gela costeggiando il suo esteso polo industriale, il petrolchimico dell’ENI che da sempre è gioia e dolore di questa città, perché se da un lato dà parecchia occupazione, dall’altro toglie bellezza e salubrità a uno tra i più popolosi comuni della Sicilia. Immagino che i gelesi da anni ormai convivono con questo dubbio, se sia più utile l’uno o sarebbe meglio l’altro.
Oggi è una giornata di vento favorevole per attraversare Gela, perchè dei cattivi odori dovuti alla raffinazione non ne ho avvertito la sgradevole presenza né arrivando da ovest né allontanandomi verso est.
Da Gela continuo sulla SS 115 ancora per pochi chilometri, poi al bivio per Scoglitti, prima la SP 51 e poi tutta una serie di Provinciali mi condurranno ad attraversare cosi nell’ordine: Marina di Acate, Scoglitti, Santa Croce Camerina, Marina di Ragusa, Donnalucata, Sampieri e infine Pozzallo.
Avevo lasciato Gela con il dubbio di quanto l’inquinante realtà industriale pesi sulla vita dei suoi cittadini. Qualche chilometro dopo però e l’agricoltura è a farla da padrona, e ovunque il mio sguardo si posi scorgo serre a perdita d’occhio. Mai avevo visto una cosi vasta estensione di serre, e chilometro dopo chilometro mi faccio una discreta cultura, sulla loro varietà costruttiva, sul tipo di coltivazioni in esse praticate, e su come deve essere duro lavorarci nelle più calde giornate estive.
L’importanza che l’agricoltura riveste in quest’angolo di Sicilia, mi è chiara anche dal numero e della grandezza dei negozi che trattano attrezzi e materiali per l’agricoltura, alcuni grandi quanto un Ipercoop.
Attraversare questa porzione sud orientale dell’isola, lungo le provinciali che ne collegano i comuni, dal punto di vista paesaggistico, rispetto alla statale 115 è sicuramente più gratificante, ma spesso c’è il rischio di sbagliare strada, perché alcuni incroci sono privi di segnaletica stradale. Ed è per questo motivo che anziché dirigermi verso Punta Braccetto e pedalare poi lungo la litoranea per Marina di Ragusa taglio verso l’interno fino a raggiungere e superare Santa Croce Camerina. Subito dopo poi Marina di Ragusa mi sorprende per la qualità delle sue abitazioni, il che mi fa intuire che questo centro balneare della Sicilia sud orientale, debba essere alquanto ricco, molto ricercato e affollato durante la stagione estiva.
Finalmente dopo aver superato Donnalucata, e dopo aver viaggiato per più di 400 km affianco il primo ciclista in bici da corsa da quando sono uscito di casa il giorno prima. Tra ciclisti anche quando non ci si conosce è cosa spontanea e piacevole scambiare quattro chiacchiere giusto per conoscersi e condividere qualche chilometro in compagnia. Quasi come a farlo apposta la ruota che tutto il giorno avevo tenuto sotto controllo, decide di sgonfiarsi di colpo e sono costretto così a fermarmi per sostituire la camera d’aria, e dover lasciare la compagnia del ciclista appena incontrato.
Fortunatamente l’operazione mi viene facilitata dalla presenza di una pompa di benzina, dove mi fermo per riparare la ruota posteriore.
Dopo questo necessario intervento mi auguro che il problema ruota sia definitivamente risolto anche perchè avevo individuato la causa, dovuta ad un leggero taglio nel copertone, riponendovi rimedio inserendo in quel punto, un ritaglio di gomma ricavato dalla camera d’aria bucata appena sostituita.
Raggiunta Pozzallo e da qui, girando verso Nord per riprendere la Statale 115, lascio la vista del mare, godendo dell’ultimo panorama con sullo sfondo le gelide acque del Canale di Sicilia.
Attraverso la periferia di Pozzallo che sono già le 18.00 passate. Da un po ho superato i 200 km. da quando sono partito da Sciacca, e ne mancano per arrivare a destinazione almeno altri 50. Il dubbio
che di questi buona parte fosse in salita, viene fugato chilometro dopo chilometro. Infatti la strada procede scorrevole verso nord con l’alternarsi di leggeri saliscendi e lunghi tratti di pianura. Ai piedi di Ispica faccio l’ultima sosta del giorno in uno dei tanti supermarket incontrati lungo la statale.
Qui compro una bottiglia d’acqua e avvertendone voglia quasi come una donna incinta una bella fetta di Grana Padano. Sentendo le gambe girare ancora molto bene, nonostante i tanti chilometri fatti sia ieri che oggi, ho anche la consapevolezza di essermi alimentato in modo corretto: frutta, panini, qualche cosuccia consumata al bar, due buste di integratori di magnesio e potassio, e tanta acqua.
Da Ispica a Rosolini il tratto è breve e superato anche questo comune, un cartello stradale mi indica che per Noto mancano solo 16 km. Altri 40 minuti di strada.
Dopo Rosolini la statale si fa più stretta e i saliscendi più continui ed impegnativi. Anche il traffico si fa più rado. Avvicinandomi alla mèta, spero sempre che la collina superata sia l’ultima, e poter finalmente scorgere l’abitato di Noto. É solo quando arrivo a meno tre chilometri dalla città che finalmente ne posso ammirare il panorama. Confesso che l’impressione avuta appena avvistata sia stata abbastanza deludente, e più mi avvicinavo alla città, più mi chiedevo dove fossero nascoste le bellezze che rendono questo comune uno dei gioielli barocchi di Sicilia. Già il fatto di non trovare una bella insegna di benvenuto del tipo “Noto perla del Barocco Siciliano”, dove potermi mettermi in posa per una bella foto ricordo, mi lascia un po d’amaro in bocca.
Mi consola il fatto che anche oggi sono riuscito ad arrivare alla meta prefissata, pedalando per ben 258 km e che tutto sia andato per il meglio.
…e pensare che fino a poche settimane prima, dopo la caduta e la frattura al braccio, ero convinto che non sarei riuscito più a fare un chilometro senza incappare in un nuovo incidente.
Quando si è per strada a pedalare, tante possono essere le cause di spiacevoli incidenti, e spesso non basta la sola prudenza a scongiurarne il pericolo, è questa consapevolezza fa si che oggi, cosi come già accaduto tantissime altre volte, mi fa godere di questo regalo avuto dalla buona sorte.
Arrivo a Noto che sono già passate le 20.00, un po’ tardino rispetto alle previsioni di viaggio. Forse le soste per gonfiare la ruota, e le incertezze avute in qualche incrocio mi hanno rallentato un pochino, niente di cui starsi a preoccupare, perché già qualche ora prima avevo preso contatto e prenotato un B&B per la notte, proprio nel centro di Noto. Così senza indugiare più di tanto mi metto subito alla ricerca del B&B, che trovo anche grazie all’aiuto del Maps presente nel telefonino. Al B&B “Il sole del Mediterraneo” trovo ad aspettarmi, con calorosa accoglienza i suoi proprietari che mi indirizzano subito alla camera messa a mia disposizione per la notte.
Fatta una doccia veloce e cambiatomi d’abito, con l’urgenza di sta morendo di fame mi avvio a passo spedito verso la trattoria Ducezio, anche questa consigliatami dal proprietario del B&B. Avrei sperato di trovare qualcosa di più vicino dove poter cenare, così da evitare di fare ulteriore moto in aggiunta a quello già fatto durante il giorno. Diciamo che la cosa che mi avrebbe fatto più contento sarebbe stato un bell’invito a cena da parte del proprietario del B&B, e risparmiami di uscire di casa. Ma se veramente fossi rimasto a cenare al B&B, sicuramente avrei fatto grande torto alle città di Noto, perché l’idea che mi ero fatta di essa, per quanto visto fino a quel momento non mi avrebbe lasciato un bel ricordo. Il centro storico di Noto credo che sia un luogo dove ci si dovrebbe arrivare con gli occhi bendati, e scoprirli poco prima di varcare la “Porta Reale” ingresso Est della via principale del centro storico. Questa sarebbe un’esperienza che metterebbe a dura prova le emozioni di qualsiasi turista. Le bellezze architettoniche delle chiese e dei palazzi che si affacciano lungo Corso Vittorio Emanuele, la ricchezza che questi trasmettono all’occhio del visitatore, fanno di Noto uno dei luoghi turistici più belli di Sicilia, non a caso Patrimonio dell’umanità!
Con lo sguardo perso ad ammirare chiese e palazzi, ma con passo veloce, in pochi minuti raggiungo la trattoria Ducezio.
Qui a differenza della sera prima, trovo subito posto, ma la numerosa presenza di altri commensali mi mette un po’ in ansia sui tempi d’attesa. Fortunatamente il personale si dimostra all’altezza della fama del locale, e in meno di cinque minuti mi ritrovo già serviti sul tavolo un ricco antipasto rustico della casa, un cestino di pane casereccio, e un boccalone di birra alla spina. Completo la cena con un piatto abbondante di penne condite con un sugo di pesce spada e melanzane, pagato come un primo ma che valeva anche un secondo. Pagando il giusto, perché così deve essere se si vuole fare seria ospitalità turistica in Sicilia, ritorno al B&B ripercorrendo il centro storico della città e godendo, come i tanti turisti presenti lungo il corso, la piacevole frescura della sera. Credo proprio che Noto meriti una visita un po meno fugace, e mi riprometto di ritornarci presto con la famiglia, o con quanti di questi ci vogliono seguire. Quando i miei figli erano bambini era semplice metterli in macchina e convincerli a seguire mamma e papà. Ora che ormai sono belli cresciuti, la cosa non è più tanto scontata e le occasioni di condividere viaggi, come si faceva una volta è sempre più rara. Questi pensieri accompagnano il mio rientro al B&B, e senza indugiare troppo a guardare la TV presente in camera, spengo le luci e cerco di prendere sonno, perché la sveglia puntata per le 6.30 si farà sentire presto.
Mercoledì 01 giugno 2016
Ore 06.30, la sveglia con prepotenza mi dice che è ora di alzarsi. Prima di fare colazione fissata per le 07.00 ho giusto il tempo di riporre tutto nelle borse e lasciare la camera in ordine. Capita a volte di chiedermi, se lasciare la camera in modo ordinato e pulito, sia cosa comune a tutti, o sia solo un puntiglio di pochi. Anche queste piccole cose credo qualifichino una persona.
Puntuale a quanto assicuratomi la sera prima, la signora proprietaria del B&B mi serve la colazione, che anche se meno varia di quella fatta a Sciacca, è sempre abbondante e ricca di nutrienti altamente energetici, necessari per affrontare i tanti chilometri previsti anche oggi.
Ripresa la bici lasciata nel garage interno del B&B, mi rimetto in strada per iniziare il viaggio, e la presenza della pioggia che in modo leggero cade su Noto, mi mette un po’ in apprensione! Vincendo la voglia di imprecare, metro dopo metro mi rimetto a pedalare, e pazienza oggi doveva capitare così. Affronto in discesa le prime curve uscendo da Noto, e la prudenza con cui le percorro quasi mi fa sentire un principiante. Lo sgradevole ricordo della caduta fatta qualche mese prima sempre affrontando in discesa una curva bagnata, e la fastidiosa menomazione al braccio destro con tutti i conseguenti dolori, ancora è fortemente presente in me, e l’avverto come una limitazione al mio solito modo di guidare la bici. Piano piano riesco a trovare il giusto equilibrio tra la voglia di procedere spedito verso Siracusa e la voglia di non baciare di nuovo l’asfalto. Avola è il primo paese che incontro dopo aver lasciata Noto. Pedalando per il territorio di questo comune siracusano mi sarei aspettato anche qui ettari ed ettari di vigne, ma della presenza del famoso vitigno che prende il nome da questa città neanche una pianta. Credo forse che sia solo l’origine della pianta a regalare tanta notorietà vinicola alla città di Avola. …o forse mi sbaglio, boh!
Il tratto di statale che da Avola arriva a Siracusa è tutto in pianura, e i chilometri passano veloci. Lungo la strada incrocio tante deviazioni per rinomate località balneari, e tra tutte Fontanebianche mi riporta a ricordi lontani, quando da ragazzino vi avevo trascorso un paio di giorni in campeggio con i miei genitori. Allora avendo affrontato il viaggio in macchina, mi sembrava di essere arrivato ad un altro capo del mondo, ora 30 anni dopo arrivarci in bici non mi sembra che sia poi così lontana da casa; anche se a pensarci bene facendo il giro dell’isola, o in senso o in un altro, da casa sono sempre circa 500 km. Il tempo continua ad essere mutevole, sprazzi di sereno si alternano a leggere pioggerelle. Un po di chilometri prima di arrivare alla periferia di Siracusa, eccomi prendere la rivincita con le centinaia di macchine che mi avevano superato durante il mio avvicinamento alla città. La solita coda chilometrica formatasi alla periferia sud di Siracusa mi da l’occasione di apprezzare ancora di più la libertà che si ha nel viaggiare in bici. Volti e sguardi di persone già incattivite dal traffico si susseguono auto dopo auto.
A Siracusa sarebbe bello trascorrervi qualche oretta e da buon cicloturista girare per le vie della città e ammirarne le sue bellezze: Ortigia con il sua antico centro storico, la zona archeologica, ecc. ma i chilometri previsti oggi saranno tanti per cui la voglia di indugiare a girare Siracusa è pochina: giusto una visita al santuario della Madonna delle Lacrime e via verso Catania.
Uscendo da Siracusa direzione Catania, la presenza ingombrante delle raffinerie petrolifere, colpiscono l’occhio con un panorama di sgradevole bruttezza. Questo è il prezzo che la civiltà moderna deve pagare al benessere e alle comodità, non è giusto però che il conto sono solo in pochi a pagarlo!
Fortunatamente la strada che attraversa il polo industriale è un piattone che si estende sin quasi ad Augusta, per cui mantenendo una buona velocità, in pochi minuti riesco al lasciarmi alle spalle il brutto paesaggio. Nei pressi di Augusta la SS 114 comincia ad attraversare un territorio collinoso e per circa 10 km. sono costretto ad alternare tratti di saliscendi anche impoegnativi, arrancando un po in salita e recuperando bene in discesa. Controllando la distanza percorsa e la velocità media di
percorrenza, nonostante la pioggia incontrata a tratti, so di essere in orario sulla tabella di marcia. Sono consapevole che questi calcoli sono cavolate, però mi tornano utile quando la mente dovrà sopportare tante ore di bici.
Raggiunta la costa, la strada statale ritorna ad essere in pianura, e fino a Catania è tutto un alternarsi di lunghissimi tratti di rettilineo, dove posso inserire il pilota automatico e procedere a tutta birra.
Unica nota stonata in tutta questa sinfonia di chilometri fatti fino a Catania è la presenza di una pioggia battente che presto mi inzuppa come un pulcino appena uscito dall’uovo.
E se non bastasse all’acqua caduta dal cielo, anche i tanti Tir che mi sorpassano alzano nuvoloni d’acqua, che sommata pure a quella che sale dalle ruote della bici, mi da la sensazione che più che pedalare stia nuotando.
Guardando il cielo non scorgo a breve nessun segnale di miglioramento, quindi mi rassegno alla pioggia e continuo il mio avanzare verso Catania.
Sono le dodici in punto quando raggiungo piazza d’uomo a Catania, e l’ora è quella giusta per reintegrare le scorte di carboidrati. Prima di lasciare la piazza e mettermi alla ricerca di un panificio, è d’obbligo una foto con alle spalle “u Liotru”, la statua raffigurante un l’elefante sormontato da un obelisco, antico simbolo della città.
Il pranzo, grazie al fatto che ha smesso di piovere, anche oggi sarà consumato vista mare e due calzoni ripieni, la solita mezza birra e mezzo chilo di albicocche sono quanto di meglio la mia fame mi ha suggerito di comprare.
Vedendo il cielo farsi sempre più sereno, decido di cambiare la maglia e la canotta zuppe d’acqua e riprendere a viaggiare nella speranza di non bagnarmi nuovamente.
Lasciata Catania, le indicazioni ora da seguire lungo la SS 144 saranno quelle per Messina, ed fin da subito è tutto un susseguirsi di comuni a cominciare da Aci S.Antonio, Aci Trazza, Acireale, Giarre, Giardini e via via tantissimi altri, e per tanti di essi non si capiva dove finiva l’uno e cominciasse l’altro. Il fascino di Taormina arroccata su di una collina prospiciente le acque dello Ionio con ai suoi piedi l’isola Bella, mi fanno pensare a quante migliaia di turisti si sono sentiti rapiti da tanta bellezza, che la natura e l’uomo hanno creato.
Tranne pochi chilometri in cui la strada si discosta dal mare, la SS 114 può considerarsi una litoranea, e la vista delle scogliere, delle tante calette e delle lunghe spiagge che via via accompagnano il mio avanzare, sono una piacevole distrazione, e quasi senza accorgermene arrivo alla periferia di Messina, dove il traffico caotico cittadino mi inghiotte, rallentandomi mio malgrado. Raggiunto il centro di Messina i chilometri percorsi da Noto sono appena 202 e decido di procedere ancora oltre e raggiungere Saponara Marittima, distante ancora da Messina una quarantina di chilometri. Lasciata la città alle spalle approfitto di un panificio trovato lungo la strada per fare l’ultima sosta del giorno. Ormai più che panifici, molti sono veri e propri negozi gastronomici, infatti il bancone era pieno di pizza in vari gusti, rosticceria e pietanze pronte. Un bel trancio di pizza, e un’aranciata fresca sono quello che mi necessitava per completare la tappa senza patimenti di fame.
La zona costiera di Capo Peloro, che geograficamente si può identificare con il vertice superiore destro della Sicilia, offre un paesaggio unico. La presenza di due piccoli laghi a pochi decine di metri dal mare, uno chiamato lago Garzilli e l’altro lago di Faro, offrono all’osservatore un spettacolo di rara bellezza, ma è salendo sulle colline che sormontano il capo, da dove si può ammirare in un solo colpo d’occhio l’intero Capo Peloro con i suoi due laghetti, lo stretto, e la punta della penisola italica, che il panorama acquista una luce e dei colori come in pochi altri posti al mondo.
Terminata a Messina la SS 144, il mio viaggio prosegue poi sulla SS 113.
Volendo disegnare la Sicilia tracciandone il triangolo, i suoi lati si possono benissimo identificare con le SS 113, SS 114 e SS 115. La prima collega le città di Trapani, Palermo e Messina, la seconda le città di Messina, Catania e Siracusa, la terza le città di Siracusa e Trapani.
I 25 km di strada che da Capo Peloro mi portano a Saponara, sono una litoranea che si affaccia sulle azzurre acque del Tirreno, e in alcuni tratti la totale assenza di case mi da l’illusione di ammirare paesaggi antichi. Sempre più mi vado convincendo del fatto che attraversare la Sicilia in bici, a differenza che in macchina, da il tempo di godere maggiormente delle tante bellezze che questa terra sa offrire agli occhi dei visitatori.
E senza paura di poter essere smentito per quanto detto, ecco che dopo aver lasciato la vista di Capo Peloro, un altro panorama da cartolina, fatto dall’arcipelago eolico, impreziosisce i ricordi di questo bellissimo viaggio.
Sono le 18,00 circa quando arrivo a destinazione, e precisamente al BeB il “Palmeto” ubicato a
Saponara Marittima piccolo comune messinese. La distanza coperta oggi da Noto fino a Saponara è stata di 243 km. che sommata a quella già percorsa nelle due tappe precedenti fanno un totale di 764 km. Gran bella soddisfazione considerando i dubbi avuti all’inizio: ormai compiere il giro in 4 tappe sembra cosa fattibile, anche perché l’ultima tappa che sarà di 240 km. circa sarà su strade che ho percorso diverse volte, dove conosco bene ogni metro di salita, e tutti i posti dove all’occorrenza poter sostare per fare rifornimento.
La sistemazione travata a Saponara è quanto di più spartano avrei potuto immaginare, e comunque anche così va bene lo stesso. Tutto quello che serve per la notte, una doccia calda e un letto comodo, mi bastano per non desiderare altro.
La giornata si conclude in una pizzeria a pochi passi dal BeB, dove ceno con un piatto di verdure alla griglia, una pizza, e una classica birra Messina, che di messinese ormai conserva solo in nome. Ritornato poi in camera, la mancanza di televisione mi costringe a prendere sonno molto prima di quando avrei voluto fare.
Giovedì 2 giugno 2016
Oggi sono io a svegliare il telefono, infatti controllando l’ora mi accorgo che mancano ancora 10 minuti alle 6.30, e così non c’è bisogno di aspettare la sveglia per venire giù dal letto.
Anche oggi c’è tanta strada da fare per raggiungere casa, e prima si parte meglio è!
La prima colazione di quest’ultima tappa non la ricorderò ne come la più ricca ne la più abbondante, perché da quanto trovato in cucina mi sono dovuto inventare un bicchiere di te caldo che ho accompagnato con quattro fette biscottate sbriciolate e un po di marmellata, nient’altro! Unica consolazione la mezza barretta di cioccolata ancora conservata in borsa, rimasta dal giorno prima. Uscito in strada e ripreso a pedalare una splendida giornata di sole, mi convince che l’andatura di oggi dovrà essere quanto più cicloturistica possibile, per godermi tutti i 200 e più chilometri che mancano per arrivare a Bagheria.
Da Saponara a Milazzo la strada più che una statale sembra un lunghissimo corso cittadino, infatti per una ventina di chilometri è tutto un susseguirsi di case e anche qui dei tanti comuni attraversati non si ha percezione di dove finisca l’uno e cominci l’altro.
Oggi però a differenza delle altre volte è piacevole attraversare queste località messinesi; complice la festività del 2 giugno le persone sono ancora tutte a casa e per strada incontro solo pochi gruppi di ciclisti che pedalano verso Messina. Nei pressi di Milazzo decido che è il caso reintegrare la scarsa colazione fatta poco prima e così decido di lasciare la SS 133 per deviare verso il centro cittadino e trovare un bar che dia il suo giusto contributo per affrontare i tanti chilometri previsti.
Come già per Gela e Priolo, anche il panorama di Milazzo è sfregiato dall’ingombrante presenza di una raffineria petrolifera. A mio parere però, qui lo sfregio risulta essere ancora più pesante perché la bellezza del promontorio di capo Milazzo è superiore al paesaggio di Gela e Priolo.
Fin dalle prime ore della mattina il porto di Milazzo è preso d’assalto dai tanti turisti intenti ad imbarcarsi per le isole Eolie, e la loro presenza la noto ancora più massiccia all’interno dei tanti bar che si affacciano lungo la zona portuale. Così anch’io, credo scambiato per un cicloturista straniero, seduto in uno dei tanti tavolini vista mare, consumo una seconda colazione fatta da cappuccino e cornetto. Finito il breack riprendo la via di casa pedalando lungo la strada costiera che costeggia il litorale ovest di Milazzo, questa poi continua per altri 20 km. circa attraversando un paio anonime località marinare, ed è forte la sensazione che tutta questa marina è rimasta un’eterna incompiuta tra quello che avrebbero voluto che fosse e quello che è sempre stata.
Finalmente dopo 800 km riesco a prendere la ruota di un altro ciclista, e dopo un paio di timidi tentativi per provare a staccarmi, capisce che non è cosa e mantenendo un andatura regolare riesco a seguirlo per un buon tratto di strada. Il ciclista che mi sta davanti, è il classico cicloamatore fisico asciutto, specialissima in carbonio e gambe rigorosamente depilate, con il quale spenta sul nascere l’iniziale rivalità a cui facevo cenno prima, riesco subito ad entrare in confidenza. Incuriosito dal mio assetto da cicloturista mi chiede del mio viaggio, e così raccontandoci un po l’uno dell’altro, raggiungiamo Terme di Vigliatore, dove riprendendo la SS 113 ci separiamo lui per tornare a Milazzo io per proseguire verso Palermo. Ritornando a pedalare in assoluta solitudine, provo dispiacere a dover lasciare la compagnia appena trovata, e spero di trovarne presto di nuova. Oggi la speranza dovrebbe essere meno vana proprio perché essendo giorno festivo di gente in bici in giro ce ne dovrebbe essere un bel po!
Considerazioni queste che si dissolvono pochi chilometri dopo quando raggiungo i piedi del monte Tindari, nella cui sommità sorge uno dei santuari mariani più conosciuti di Sicilia. Cinque chilometri di salita per superare 300 metri di dislivello non sono certo come scalare il Mortirolo, però da fare con un bici che arriva a pesare sui 20 kg. è sempre un bell’impegno. La strada che si arrampica fin su al santuario è tutto un susseguirsi di curve e la vista del golfo di Milazzo appare e scompare ad ognuna di queste curve.
Al santuario di Tindari è legato il ricordo del mio primo lungo viaggio in bicicletta. Prima di allora pensare anche solo di fare 50 km. in bicicletta mi sembrava cosa impossibile, poi piano piano seguendo un gruppo di amici i chilometri sono aumentati e cosi anche la distanza dei miei giri. Sono passati quasi 10 anni da quel viaggio, ma lo ricorderò sempre con nostalgia perché è grazie a questa prima sfida ritenuta allora impossibile, che è nato in me l’amore per la bici.
Durante la salita vengo raggiunto e superato da diverse bici da corsa, e il non poter rispondere ai loro scatti mi rode un po’, ma purtroppo sia per il peso della bici, sia per la distanza che ancora debbo percorrere, sono costretto a procedere con il mio passo da cicloturista e lasciarmi superare mio malgrado.
Raggiunto il piccolo abitato di Tindari, li ritrovo poi tutti fermi al bar assieme a tanti altri saliti dall’altro versante.
La successiva discesa si apre sul golfo di Patti con sullo sfondo il promontorio di Capo Calavà, che raggiungo e supero pochi chilometri dopo.
Finalmente nei pressi del Capo Verro raggiunto da un gruppo di ciclisti incontrati poco prima su a Tindari, che fanno rientro a Brolo. Anche con loro subito si fa amicizia e ci si scambiano quattro chiacchiere.
Una recente frana che ostruisce completamente la SS 113 poco prima di raggiungere Gioiosa Marea, ci obbliga a deviare per una strada secondaria costruita con pendenze esagerate, 1 km. con pendenza del 15% – 18%: stavolta si che si può parlare di pendenze da Mortirolo. Superata in bici la durissima salita, (soffrendo un pochino e giocandomi fino all’ultimo pignone disponibile), credo di aver destato un po di ammirazione nei miei compagni di scalata, che prontamente raggiunta Gioiosa Marea mi invitano al bar per fare una sosta con loro. Al bar raccontandoci esperienze di gare fatte in giro per la Sicilia, ci si scopre poi antichi avversari di passate battaglie ciclistiche, dove con molta foga agonistica ci si giocava la volata per la centesima posizione come se davanti non fosse arrivato ancora nessuno. Una sosta non prevista ma per questo ancora più piacevole.
Riprendendo a viaggiare, rimango in compagnia del gruppo fino a Brolo pochi chilometri da Gioiosa, poi nuovamente solo.
Brolo, Capo D’Orlando e S. Agata li attraverso godendomi panorami vista mare, che grazie a una splendida giornata di sole, quasi non mi fanno sentire la stanchezza accumulata nelle gambe.
Raggiunto Acquedolci, l’ora è quella canonica per fermarsi e prendere qualcosa da mangiare, e così trovato un panificio con annessa salumeria compro un panino esagerato, acqua e birra: ormai a pranzo la presenza della birra ha assunto un rituale quasi scaramantico.
All’ombra di un salice e seduto su una panchina vista mare lungo la statale, tra un morso al panino e un sorso di birra, sento crescere le tacche della batteria, e a carica ultimata mi rimetto in viaggio per compiere gli ultimi 120 Km.
Questo ultimo tratto di strada che completerà il mio giro di Sicilia, che vanno da Acquedolci fin quasi a Bagheria sono il tratto di strada più bello e panoramico da fare in bici in Sicilia.
Per i primi 20 km. la strada è chiusa da entrambi i lati da una fitta vegetazione, che di tanto in tanto si dirada lasciando scorgere tratti di spiagge solitarie, qui il mare è talmente limpido che i fondali risaltano in tutta la loro naturale bellezza.
Più avanti è invece e la vista dei monti Nebrodi ricoperti da una rigogliosa vegetazione a sinistra e delle azzurre acque del Tirreno a destra, che la fanno da padrone.
La strada attraversando il piccolo paesino di Santo Stefano di Camastra diventa poi un tripudio di forme e colori. Qui la produzione delle ceramiche artistiche raggiunge con Caltagirone e Sciacca la massima espressione ceramistica siciliana.
Altra sorpresa per l’occhio del viaggiatore che percorre la SS 113 sono i murales che da pochi mesi colorano un anonimo muro in cemento armato appena fuori l’abitato di Castel di Tusa.
Sempre pedalando a pochi metri dal mare, ecco che superata una leggera salita dopo Finale di
Pollina, appare in lontananza la rocca di Cefalù. I 15 km. che percorro per raggiungere l’antico borgo normanno, a volte sembrano una pista ciclabile a doppia corsia, infatti da quando è stata ultimata anni fa l’autostrada Palermo Messina, di auto e soprattutto di camion se ne incontrano molto poco. Una volta no, una volta il tratto di statale da Cefalù fino ad arrivare a S.Agata era un viaggio nel viaggio, questi 60 km. erano tutta una coda di auto e soprattutto camion, ora invece è uno dei tratti di strada più belli e tranquilli di Sicilia.
Raggiunta Cefalù l’attraverso pedalando lungo il suo centro storico fatto di strette vie, dove la numerosa presenza di turisti e soprattutto quella dei bagnanti lungo la sua spiaggia da l’idea che qui l’estate sia già arrivata.
Superata Cefalù mancano meno di 60 km, comincio a sentire aria di casa. Lascari, meno 50 km.
Campofelice di Roccella meno 40 km.
Da Termini Imerese mancano 25 km. è ancora una salita da affrontare.
Lo strappo che collega la parte bassa alla parte alta della città, non è che sia una salita da far paura. Lunga un chilometro e con una pendenza media del 6% è tra quelle che si fanno in scioltezza, se non fosse che il promontorio su cui sorge la parte alta di Termini si eleva tra due lunghi tratti di pianura. Forse è per questo che alle volte la salita sembra molto più dura di quella che è in realtà.
Terminata la salita, si apre laddove una volta sorgeva l’antica fortezza della città, uno dei belvederi più panoramici della provincia. Lo sguardo che abbraccia un arco di circa 180 gradi, può godere della rocca di Cefalù, e delle Madonie a destra; del promontorio di Capo Zafferano a sinistra, con al centro quando le limpide giornate lo permettono, anche dell’arcipelago eolico.
Scendo da Termini quando sono le 16.30 e vista l’ora spero di trovare per strada qualche amico uscito in bici. Ma niente da fare, la strada è un deserto di bici! Se non conoscessi la Sicilia perché la abito, direi dopo l’impressione avuta da questo viaggio, che questa non è terra di biciclette, troppo poche ne ho incontrate lungo i 1000 km. percorsi per convincermi del contrario.
Arrivo a Bagheria che sono le 17.15 e addizionando i chilometri fatti oggi, 237 km a quelli fatti prima, raggiungo la considerevole somma di 1.001 km. bel risultato, considerando anche il fatto che sono stati compiuti in sole 83 ore.
Un’impresa del genere non può terminare senza un meritato premio finale, e cosa ci può essere di meglio di una bella brioche con gelato per concludere questo viaggio? Ed è con il dolce sapore della fragola e del limone appena gustati che pedalo l’ultimo chilometro per raggiungere casa.
Qui dopo avere riposto la bici in magazzino e seduto a togliermi le scarpe da bici, vedo la saracinesca chiudersi sulla strada, e penso che questo sia il giusto sipario per concludere al meglio questo mio viaggio in giro per la Sicilia.
Bravo, ma vedo leggendo il tuo articolo
che non sei alle prime armi.
Sono avanti negli anni,abito Torino,ho una bici ktm assistita 400wh.
Vorrei fare il giro in gennaio,circa 100km giorno,,che ne dici su clima vento pioggia?
Grazie Luciano
ciao e complimenti.
vorrei fare il giro dal 3 al 18 agosto.
partire da Messina verso palermo come te.
ma nn so come trovare le strade giuste da fare.
inoltre vorrei approfittare x vedere i luoghi più caratteristici e turistici della sicilia restando comunque sulla costa.
mi puoi aiutare e consigliare?
Ciao complimenti bravo, volevo chiederti dei consigli che volevo fare il giro della Sicilia della costa però all in contrario del tuo, volevo sapere se prima di gela ci sono delle gallerie,, e le strade statale 114-113- sono pericolose Ciao grazie
ciao. innanzitutto complimenti. settembre è ancora un mese ideale? grazie