La polemica è sempre dietro l’angolo e troppo spesso quando un’amministrazione decide di realizzare una ciclabile si trova a dover affrontare gruppi di cittadini difensori dello status quo e del parcheggio libero, meglio se selvaggio. A nulla servono le valide argomentazioni con cui l’amministrazione di turno illustra il progetto, elencandone i vantaggi dal punto di vista dell’ambiente e della vivibilità delle strade: se la ciclabile elimina posti auto il cittadino autodipendente vedrà soltanto un ostacolo in più per trovare l’agognato parcheggio, quella ricerca spasmodica per cui spende centinaia di ore l’anno. Troppo facile prendersela con la ciclabile: “In fondo non si capisce perché la debbano fare proprio lì e non altrove e poi, diciamocelo, quanto verrà utilizzata? Vuoi mettere una bella sfilza di parcheggi a bordo strada ambo i lati quanto sarebbero più utili per tutti…”.
Ecco: finché in Italia il livello del dibattito sul tema sarà questo, la ciclabilità resterà al palo perché lì l’hanno lasciata gli amministratori pro tempore che per creare meno malumori possibili e garantirsi la rielezione hanno scelto di ipotecare il futuro della mobilità nuova in cambio di un presente dove l’automobile è ancora considerata un totem e chi pedala viene messo ai margini, della carreggiata così come dell’agenda politica. La direzione che stanno prendendo le principali città dei Paesi più attenti all’ambiente, alla vivibilità e alla salute pubblica è decisamente quella della ciclabilità: incrementare gli spostamenti in bicicletta fa parte della soluzione, continuare a privilegiare i motori è un serio problema.
Nel suo piccolo, il caso della ciclabile di Via Armando Diaz a Sassari rappresenta in modo abbastanza chiaro il tema: la realizzazione di una corsia ciclabile su strada, protetta da un robusto cordolo di cemento, che crea continuità negli spostamenti a pedali tra la periferia e il centro della città è diventata motivo di scontro e attacco all’amministrazione che ha deciso di realizzarla al posto dei parcheggi destinati alle auto. Il tutto su una strada a senso unico dove la sosta era consentita su entrambi i lati: grazie alla realizzazione della ciclabile non solo è stata riasfaltata *tutta* la via dopo 20 anni, ma gli stalli del parcheggio (ridotti da 128 a 68) sono ora *tutti* gratuiti. Una soluzione apparentemente win-win, ma destinare spazio alle bici “sottraendolo” alle auto fa ancora effetto e in alcuni cittadini genera malcontento.
E così la ciclabile diventa motivo di contesa, pietra dello scandalo e finanche pretesto per attaccare l’operato di un’amministrazione comunale: perché eliminare il parcheggio significa minare le certezze di chi si sposta in auto anche per andare a comprare il giornale all’edicola in fondo alla strada, dove legge articoli di cronaca locale che pompano il caso della “ciclabile della discordia” perché in fondo la colpa del traffico a qualcuno o a qualcosa bisogna pur addossarla “e non sarà mica colpa di chi si sposta in auto, ma di chi non gli dà gli adeguati spazi per potersi muovere e fermare in santa pace. E poi qui non siamo mica a Copenaghen…”.
Le motivazioni addotte dagli oppositori della ciclabile in questione è che, a loro dire, la larghezza della carreggiata sarebbe insufficiente a garantire il passaggio dei mezzi di soccorso, ma la risposta dei tecnici non lascia spazio a interpretazioni di sorta: se 3,10 metri vi sembran pochi, sottolineano altresì che si tratta di una larghezza di 35 centimetri superiore ai 2,75 metri minimi previsti per una corsia urbana. Nel mirino dei no-ciclabile sono finiti anche i cordoli in cemento larghi 50 centimetri, ma la motivazione alla base di tutto guardando le immagini sembra essere un’altra: con questo tipo di sistemazione su quella strada sarà impossibile sostare in doppia fila e chi era abituato a trovare sempre subito parcheggio dovrà modificare le proprie abitudini rendendosi conto che la scelta di utilizzare l’automobile sempre-e-comunque non è quella giusta.
Una ciclabile non fa primavera, soprattutto in un contesto dove mediamente i percorsi destinati alle bici fioriscono in un ginepraio di strade realizzate quasi esclusivamente a uso e consumo dei mezzi a motore: ma se in quelle giungle d’asfalto – che sono le nostre città – qualcosa può cambiare in meglio sarà di certo perché sbocceranno nuovi spazi per chi pedala, non perché sarà realizzata l’ennesima corsia per aumentare la portata di una strada già congestionata dal traffico motorizzato.
Spero venga usata. Nel caso di Roma e di altre città metropolitane credo si dovrebbe decidere comunicare in maniera più semplice possibile che:
1) in bici risparmi benzina, tempo, multe, salute (mentale & polmonare)
2) per questo una rete di macro percorsi VA realizzata, di conseguenza
3) si fanno delle ciclabili
4) mettendo in linea dei parcheggi a spina o togliendo dei parcheggi in linea
5) al fine di risolvere alcuni “colli di bottiglia” TERRIBILMENTE PERICOLOSI.
6) questo per ambire ad avere un 10% degli spostamenti senza motore in 3 anni.
Il punto (5) va deciso, identificato e risolto presto. Mi piacerebbe vederlo su mappa.
L’eliminazione di alcuni parcheggi a spina, va di pari passo con il dispiegamento di stalli bici dove si lavora e nei cortili condomiiali dove si dorme (basta una delibera municipale).
uno dei punti fondamentali di questa realizzazione e da tenere a mente nella realizzazione di altri interventi sulla viabilità (quindi non solo piste ciclabili) è il seguente:
“con questo tipo di sistemazione su quella strada sarà impossibile sostare in doppia fila”.