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Via Libera, buona la prima: ma ora facciamo le bike lane

Via Libera, buona la prima: ma ora facciamo le bike lane


La sperimentazione Via Libera, una rete ciclopedonale di oltre 20 chilometri promossa dalla sindaca Virginia Raggi che si è ispirata al W:E.B (Way Endless Bikelane) dell’Associazione Salvaiciclisti Roma, ha avuto il merito di dimostrare plasticamente che un’altra mobilità è possibile anche in una città ultramotorizzata e dalla viabilità complicata come la Capitale d’Italia. Certo, si è svolta di domenica per 9 ore in un campione di strade prevalentemente in centro: ma questa iniziativa va considerata come un primo passo verso un cambiamento più radicale e permanente, che non può più aspettare. Anche se durante la giornata non sono mancate alcune criticità, che pedalando lungo il percorso ho notato e documentato (scarica la cartina completa qui).

L’iniziativa è partita alle 10 del mattino, ma le numerose transenne che delimitavano il tracciato erano state posizionate nel corso della notte: il percorso avrebbe dovuto essere ininterrotto e le intersezioni con le strade principali lasciate aperte al traffico ben presidiate dai vigili per tutta la durata dell’evento, ma non è stato sempre così. I punti deboli dell’anello sono stati proprio alcuni attraversamenti lasciati sguarniti dagli agenti, ma nel complesso la rete ha retto, come ho avuto modo di verificare sul campo.

Ieri mattina alle 11 ho pedalato lungo via Merulana e sono entrato nel circuito ciclopedonalizzato all’altezza di Via Labicana, proseguendo poi per Viale Manzoni: entrambe le strade erano state parzialmente chiuse al traffico, che scorreva separato sul lato opposto. E così fino a Via Giolitti, dove il flusso delle biciclette intersecava il flusso di auto provenienti dall’Esquilino e dirette verso la Tiburtina.

Il tunnel di Santa Bibiana, per l’occasione, presentava la carreggiata separata a metà: sul lato sinistro i motori, sul lato destro una bike lane bidirezionale larga 4 metri circa: una sistemazione sicuramente più funzionale rispetto a come è stata realizzata la ciclabile, molto criticata dai cittadini e dalle associazioni di ciclisti.

A San Lorenzo il tratto di Via Tiburtina ciclopedonalizzato è stato riempito di contenuti dallo stand dell’Associazione Salvaiciclisti Roma, che ha funzionato come punto informativo sull’iniziativa ma anche come luogo di aggregazione per promuovere la creazione di misure permanenti di ciclabilità in città: gli attivisti hanno disegnato con i gessetti sull’asfalto i pittogrammi delle bici e delimitato una bike lane posando in terra il nastro adesivo bianco/rosso. E, nel pomeriggio, la sindaca Raggi e l’assessora alla Città in Movimento Linda Meleo sono passate in bicicletta per pedalare su quel tratto insieme con gli attivisti tra cui anche l’architetto Piero Ventura, tra gli autori del W:E.B. vale a dire il biciplan di #salvaiciclisti che è stato il secondo progetto più votato nella consultazione online sui Pums.

Via Libera è stata pubblicizzata sui canali social istituzionali del Campidoglio e ripresa dalle agenzie di stampa e dai mass media, ma molti cittadini che ho incontrato pedalando lungo il tragitto erano comunque ignari dell’iniziativa. “A che ora passa la gara?”. “Non c’è nessuna gara: è una sperimentazione del Comune di Roma che ha chiuso una rete di 20 chilometri di strade ai motori e oggi questo anello si può percorrere soltanto a piedi e in bicicletta”. La signora appoggiata alle transenne che delimitano il corridoio ciclopedonale in Viale Regina Elena sorride e mi ringrazia per la spiegazione. Io continuo a pedalare lungo il percorso che è stato ricavato su strada, destinando in tutto o in parte la carreggiata che ogni giorno è invasa dai motori e dal rumore.

La sensazione, nonostante il caldo, è molto positiva: su strade che di solito sono appannaggio dello smog e della doppia fila si riesce a pedalare tranquilli, senza paura di uno sportello aperto all’improvviso e senza respirare i gas di scarico. Il percorso, con una strettoia su viale del Policlinico, prosegue verso Porta Pia dove pochi giorni fa è stato investito un ciclista che stava attraversando l’incrocio.

La segnaletica di Via Libera è stata carente: chi non conosceva il tracciato doveva seguire le transenne ma spesso questa indicazione non era sufficiente per imboccare la strada giusta. Dopo via XX Settembre esco dal tracciato e proseguo dritto per Piazza Venezia: mi rendo conto che pedalare lungo Via del Corso sarebbe impossibile vista l’altissima concentrazione di persone a piedi e quindi proseguo passando per il Senato verso Via Cola di Rienzo. Qui la sensazione è straniante: l’ampiezza della carreggiata completamente priva di automobili dove di solito alberga la doppia fila ambo i lati è un qualcosa di indescrivibile per chi non ha presente il problema. Una gran bella visione.

Proseguo verso Piazza del Popolo, salgo su per i tornanti del Pincio fortunatamente all’ombra, entro a Villa Borghese e sbuco in Via Veneto: la discesa verso Via Bissolati mi riporta all’incrocio con Via XX Settembre. Faccio un’altra variazione e scendo verso i Fori Imperiali per pedalare anche l’ultimo tratto mancante dell’anello: molti pedoni e qualche auto di servizio autorizzata a circolare spezzano un po’ la mia pedalata ma tutto sommato il bilancio della giornata è positivo.

Se l’amministrazione sarà in grado di recepire le istanze di mobilità nuova, implementando gli spazi per pedoni e ciclisti e riducendo le aree urbane colonizzate dai motori, allora questa sperimentazione si sarà dimostrata utile ed efficace. Se, viceversa, non seguiranno azioni concrete e permanenti ma solo altre sperimentazioni domenicali, magari condite anche da convegni pieni di belle parole sulla sicurezza stradale, allora Via Libera resterà uno sbiadito ricordo fine a se stesso: un “vorrei ma non posso”, un’occasione mancata, la nostalgia di un futuro che non abbiamo avuto l’occasione di vivere.

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