“Ciclofattorini come lavoratori dipendenti”, i rider vincono in Tribunale

“Ciclofattorini come lavoratori dipendenti”, i rider vincono in Tribunale

La sentenza 26/2019 della Corte d’Appello di Torino pronunciata l’11 gennaio segna un punto di svolta per i ciclofattorini e il riconoscimento dei loro diritti: ribaltando la sentenza di primo grado, il Tribunale ha accolto parzialmente l’appello di 5 ex rider di Foodora – società di food delivery recentemente acquistata da Glovo, ndr – sancendo che vanno considerati come lavoratori dipendenti, dunque hanno diritto a tredicesima, ferie e malattia “come da contratto collettivo” logistica-trasporto merci. Una decisione che peserà nelle scelte per regolamentare gli addetti al settore delle consegne di cibo in bicicletta, in crescita come fatturato ma ancora poco strutturato dal punto di vista giuslavoristico.

La battaglia legale dei 5 ex ciclofattorini di Foodora era iniziata più di due anni fa: nell’autunno del 2016 in seguito alle proteste e agli scioperi in cui rivendicavano condizioni di lavoro migliori, sia sotto l’aspetto economico che sotto quello normativo, erano stati “di fatto” licenziati. Nell’aprile 2018 il Tribunale, nella sentenza di primo grado, aveva respinto in toto il ricorso dei rider, che denunciavano mancate tutele di sicurezza, violazione della privacy (il monitoraggio invasivo attraverso l’app è ancora un tema caldo, ndr) e chiedevano il riconoscimento di lavoro subordinato.

Il pronunciamento di Torino è stato accolto positivamente dai ricorrenti e dai loro legali presenti alla lettura della sentenza:

A che punto è il tavolo di confronto governativo voluto dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio per regolamentare il settore della consegna di cibo in bicicletta? Secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, è allo studio un documento che contiene alcune novità: divieto di pagamento a cottimo, un massimo di tre consegne l’ora, paga oraria minima, un massimo di 35 ore a settimana, rimborso spese per la manutenzione dei mezzi utilizzati per le consegne e anche un forfait come indennità di fine rapporto.

Un corollario di tutele che, alla luce della recente sentenza di Torino, potrebbe costituire soltanto un punto di partenza di “minimo garantito” verso il riconoscimento di fatto dello status di lavoratore dipendente per tutti i ciclofattorini: un netto cambio di paradigma che inciderà sul modello di business delle piattaforme di food delivery.

Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda il monitoraggio digitale e reputazionale attraverso l’algoritmo dell’app: il documento approntato dal ministero vieta di utilizzare meccanismi di ranking e garantisce il diritto alla disconnessione; non sarà possibile avvalersi di personale con partita Iva, per la retribuzione dei ciclofattorini non si potranno utilizzare voucher o buoni lavoro.

La sentenza di Torino, dicevamo, ha alzato l’asticella del “minimo garantito” ed è stata ben accolta anche dai sindacati confederali, come confermano le parole del segretario generale della Cisl Annamaria Furlan: “Questa è strada da seguire per estendere le tutele anche ai lavoratori della gig economy”. Tiziana Bocchi della Uil sottoscrive e rilancia: “La sentenza con cui la Corte di appello di Torino ha accolto il ricorso di cinque ex rider di Foodora è davvero una buona notizia. È un atto di giustizia che certifica la correttezza della nostra battaglia per il riconoscimento di diritti contrattuali a questi lavoratori. Come è noto, infatti, Cgil, Cisl, Uil hanno chiesto l’applicazione di un contratto nazionale della logistica e, comunque, precise garanzie in termini di tutele e di diritti”.

Anche il presidente del Cnel Tiziano Treu, già ministro del Lavoro nei governi Prodi e Dini, considera la sentenza un punto di svolta per regolamentare il settore e dà una sua lettura: “In un momento di accesa discussione sulla tipologia di lavoro dei rider e in cui ci si interroga se il lavoro da loro svolto sia di tipo subordinato o autonomo, la sentenza di Torino indica la loro giusta collocazione in quel contenitore nuovo creato dal Jobs Act che sono le collaborazioni etero-organizzate, lavori a metà tra subordinato e autonomo”.

Mentre Foodora Italia incassa la decisione in attesa delle motivazioni per valutare le prossime mosse, in una nota sottolinea che “la Corte di Appello di Torino ha accolto parzialmente il ricorso dei 5 ex-rider della società” e precisa che “ha respinto le domande avversarie di riqualificazione del rapporto come rapporto di lavoro subordinato, nonché quelle sull’illegittimità del licenziamento, sulla violazione delle norme antinfortunistiche e sulla violazione della disciplina a tutela della privacy”.

I ciclofattorini aderenti a Riders Union Bologna, intanto, con un post su Facebook fanno sapere che sono stanchi di aspettare e che il tavolo ministeriale è “fallito a causa della palese mancanza di volontà da parte delle piattaforme di giungere a un accordo. Dopo mesi di tentativi, dunque, è ora giunto il momento di dare seguito alla promessa di regolare attraverso un decreto legge”. Sarà questo lo strumento legislativo per regolarizzare il settore della ciclologistica?

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