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La Ciemmona senza confini conquista Roma

La Ciemmona senza confini conquista Roma

Ho cercato di fissare nella memoria le emozioni e le sensazioni di tre giorni di pedalate in giro per la mia città, Roma, che nell’ultimo weekend di maggio per la Ciemmona è diventata una tavolozza dove alcune migliaia di persone in sella alle biciclette più varie e di tutti i colori hanno disegnato percorsi inconsueti, riappropriandosi di spazi ogni giorno invasi dalle automobili, che noi romani chiamiamo “maghine”. La Critical Mass interplanetaria mancava da cinque anni nella Capitale, dopo 4 edizioni in giro per l’Italia (Milano, Bologna, Bari, Firenze): le aspettative erano tante e le attese, a mio avviso, non sono state deluse.

In questi tempi dove manifestare liberamente il proprio pensiero sembra essere diventato una “provocazione” i partecipanti alla Ciemmona, organizzata dalle ciclofficine popolari, hanno semplicemente utilizzato il mezzo di trasporto che inforcano quotidianamente per spostarsi come uno strumento politico: “Noi siamo il traffico” lo slogan, auto e moto ferme in coda il risultato. Ma giusto il tempo per far passare la carovana lenta di qualche migliaio di biciclette, al massimo un quarto d’ora di pazienza in cui poter riflettere sul mezzo con cui si compiono i propri tragitti quotidiani. “È davvero indispensabile prendere l’auto per fare 4 chilometri e poi dover anche cercare parcheggio?”. “In bici sarei già arrivato e a costo zero”. E così via.

Il primo giorno, venerdì 31 maggio, la consueta Critical Mass di fine mese ha visto una partecipazione almeno dieci volte superiore: le biciclette sono partite sul calar del sole da Piazza Vittorio e hanno pacificamente invaso il centro storico, sfilando davanti al Viminale, passando per Via Nazionale, attraversando il Traforo Umberto I recentemente vietato alle bici da un’assurda determina dirigenziale dei vigili urbani (pare emessa a seguito di “una singola” segnalazione, ndr), riempiendo Via del Corso, bloccando Piazza Venezia e sfilando in Via dei Fori Imperiali dove fervevano i preparativi per la parata del 2 giugno. Colosseo, Circo Massimo, Piramide: l’itinerario ha seguito le fermate della metro B(ici) e poi la serata si è conclusa all’Acrobax.


Il secondo giorno, sabato 1 giugno, la ciclocarovana è partita nel pomeriggio da Parco Schuster e si è diretta verso Via Cristoforo Colombo bloccando il traffico ma incassando anche clacsonate di approvazione da parte di qualche automobilista fermo in coda ma soprattutto condividendo la gioia di Fabrizio e Sara: una coppia di sposi freschi freschi che è scesa dal maggiolone bianco per festeggiare con migliaia di sconosciuti in bicicletta il loro giorno più bello. Io mi sono trovato al posto giusto, nel momento giusto e ho ripreso la scena:

Ma l’obiettivo di giornata, il territorio simbolico da conquistare, era la Tangenziale Est: le biciclette ci sono arrivate inerpicandosi per Via Druso e Via dell’Amba Aradam, superando San Giovanni e poi imboccando la sopraelevata a Viale Castrense, passando davanti al terrazzino da cui il ragionier Ugo Fantozzi si era buttato per prendere l’autobus al volo dicendo “non l’ho mai fatto, ma l’ho sempre sognato”, pedalando fino a Portonaccio ed entrando a Casalbertone per poi concludere al Forte Prenestino.

Domenica l’evento più atteso della Ciemmona, la pedalata verso Ostia, è stato anche il più rilassato: la partenza prevista da Piramide alle 11 si è abbondantemente spostata in avanti, quasi alle 13, con il sole che era già alto sull’orizzonte e una temperatura di circa 30 gradi. Non può piovere per sempre e se c’è una cosa che non è mancata in questi tre giorni di pedalate anarchiche in giro per Roma è stato proprio il sole, che è tornato a splendere dopo quasi un mese intero di assenza, nel maggio più freddo e umido da molto tempo a questa parte.


La corsia centrale della Colombo è stata occupata interamente dalle bici: un blocco unico e variopinto di cui dalla fine non si scorgeva l’inizio e viceversa. La salita del Presidente si è fatta sentire ma piano piano tutti sono arrivati a destinazione, al ritmo del più lento e senza lasciare nessuno indietro.

Le notizie della Ciemmona sui mass media generalisti sono state riportate quasi esclusivamente in relazione al bollettino della viabilità: “traffico in tilt”, “lunghe code”, “disagi per gli automobilisti” sono alcune delle espressioni utilizzate; soprattutto da un quotidiano che non ha perso occasione di sottolineare il senso di fastidio verso questo tipo di iniziativa, senza spiegarne né evidentemente coglierne il senso.


L’arrivo al mare di Ostia della Ciemmona 2019

Credo che sulla questione della viabilità delle grandi città, come Roma, ci sia un grosso fraintendimento di fondo, che poi è lo stesso che oggi notiamo tra meteo e clima: il traffico motorizzato fuori controllo da decenni a causa delle scelte dissennate dell’uomo è ormai diventato una costante della nostra società (come i cambiamenti climatici), ma noi operatori dell’informazione ci ostiniamo a trattarlo come un fatto episodico (come il meteo del giorno, “la bomba d’acqua”, l’evento eccezionale) senza collegare i puntini e senza dunque vedere il disegno generale che ci indica chiaramente la strada della demotorizzazione come percorso di riabilitazione per decongestionare le città e rendere gli spazi pubblici più vivibili per tutti.

Il motto della Ciemmona di quest’anno era “No Borders”, senza confini: un messaggio di inclusione pro-migranti veicolato dalle biciclette ma declinato anche in chiave interplanetaria, con carri-astronave e ufociclisti che hanno invaso pacificamente le strade per mostrare agli umani chiusi negli abitacoli delle loro automobili che una mobilità diversa – a misura di persona e rispettosa dell’ambiente – è possibile pedalando verso l’infinito e oltre.

Commenti

  1. gispovolante ha detto:

    Avrei voluto partecipare! Perchè condivido in linea di massima il concetto di mobilità urbana: meno la presunta provocazione di “riappropiarsi del territorio” : attegiamenti che avevano una valenza nel ’68/70 (che ho fatto), ma che oggi necessitano di altri tipi di interventi.
    Così alle 11 insieme a “poch”i altri scemi – orario previsto per l’incontro – ero davanti alla stazione piramide. A mezzogiorno è cominciato ad arrivare qualcuno con bottiglie di birra in mano, bicilette improbabili, vestiari e aspetti barricaderi: sapevano che potevano venire quando gli pareva!
    A mezzogiorno e mezza il mio piccolo gruppo e qualcun altro un po’ incazzato – abbiamo provato a chiedere lumi a qualcuno…ma apparentemente una organizzazione acefala: nessuno sapeva perchè si stava li’ tutti fermi – ormai circa un paio di cento persone – ad aspettare che e cosa, nessuno sapeva dare spiegazioni….Alcuni arrivavano alla spicciolata ( dopo un ora e mezza!) altri come noi abbiamo desistito e ce la siamo fatta da soli con grande piacere e divertimento.
    Dopo ho saputo che si stavano aspettando gruppi dai centri sociali che avrebbero infoltito il gruppo! con grande dispiego di retorica spicciola come questo articolo.
    Non sono un parruccone, mi ritengo progressista. Mi piacciono questi raduni – ne ho fatti tanti.
    Ma piantiamola con queste pagliacciate: andiamo in bici – è diventata una esigenza – andiamoci in tanti – andiamoci in gruppo ma dobbiamo essere organizzati dai centri sociali?…

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