Sono passati oltre venti anni da quando la Svezia lanciò la Vision Zero.
Era il 1997 e il paese scandinavo decise di prendere finalmente posizione sul tema dell’incidentalità stradale e della mortalità in strada.
Vision Zero veniva lanciata come un obiettivo per tutti coloro che si occupavano di sicurezza stradale per dire che la visione di zero morti sulle strade era raggiungibile e a portata di mano.
In questi vent’anni la Vision Zero è stata adottata in patria ed esportata all’estero in molte realtà, come nella New York di Michael Bloomberg e del suo successore, Bill de Blasio.
Ma a distanza di 20 anni in Svezia sono emerse delle criticità sostanziali, al punto che il Consiglio svedese per la sicurezza stradale e la mobilità attiva e sostenibile ha lanciato una nuova iniziativa chiamata “Moving Beyond Zero” (andando oltre lo zero).
L’obiettivo è quello non solo di portare a zero il numero di morti e feriti gravi sulla strada, ma di andare oltre e portare a zero anche il numero di feriti lievi.
Questo cambiamento di approccio, ha implicazioni fortissime perché significa passare dalla logica del “limitare i danni derivanti dalle collisioni” al “evitare qualunque forma di contatto tra gli utenti della strada” e, di conseguenza, invece di trovare soluzioni tecnologiche che riducano i danni, trovare soluzioni infrastrutturali e culturali che riducano la velocità e impediscano il contatto o lo scontro tra veicoli nel traffico.
Mentre la Svezia lancia quindi il guanto di sfida alla sicurezza stradale e decide di andare oltre la Vision Zero, in Italia non siamo ancora riusciti a riconoscere che quello della sicurezza stradale è un problema che merita di essere affrontato.
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