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L’industria dell’auto non ce la farà, prendiamone atto e corriamo ai ripari

L’industria dell’auto non ce la farà, prendiamone atto e corriamo ai ripari

Ieri sono usciti i dati di vendita delle auto ad aprile 2020: l’Italia ha registrato un -97,6% rispetto all’anno precedente e così quasi tutta Europa tranne il Regno Unito. In questo modo il bilancio dei primi quattro mesi del 2020 registra un -50% rispetto all’anno precedente.

Promotor ha commentato così: “E’ il peggior calo di sempre.La causa principale di questi risultati catastrofici è naturalmente l’emergenza coronavirus, anche se va sottolineato che il mercato auto dell’Europa Occidentale era già debole anche prima del manifestarsi della pandemia”.

Intanto in Germania la Volkswagen ha interrotto la produzione della Golf e della Tiguan “perché i clienti non sono interessati all’acquisto di auto“. Magazzini e concessionari sono stracolmi di auto invendute e il mercato è saturo. Tutti coloro che potevano avere un’auto, ce l’hanno.

E anche il piacere della guida non è più quello di una volta, ce lo ricorda l’ultima campagna della casa di Wolfsburg che spiega la realtà delle cose:

La via, d’altronde, l’aveva già spiegata proprio Volkswagen nel 2018 pubblicò sul proprio sito istituzionale un articolo dal titolo: “Città future: panchine al posto delle auto“, una visione della città in cui le persone hanno più spazio e più luoghi di incontro all’aperto.

Conseguentemente, le città in giro per il mondo stanno togliendo spazio alle auto per darne alle persone e alle biciclette. Lo scenario futuro è davvero nero per il settore.

In questo momento FCA, con un titolo in borsa che ha perso il 75% del proprio valore negli ultimi 2 anni, sta chiedendo allo Stato italiano di fare da garante su un prestito da oltre 6 miliardi di euro.

Il motore dell’automobile si è fermato e quando un motore creato per funzionare senza fermarsi mai si ferma, non è dato sapere se e come ripartirà, se tutte le parti della filiera saranno in grado di ripartire. Le filiere dell’automotive sono molto lunghe e molto complesse e risulta improbabile che tutte le aziende sopravviveranno allo stop imposto dal covid.

Alcuni fornitori salteranno e questi ne faranno saltare altri. La domanda vera è a che punto si arresterà questa reazione a catena, anche perché non so quanto un mondo che non ha lavorato (né guadagnato) per due o più mesi senta l’esigenza di cambiare l’auto come prima cosa.

Se c’è una cosa di cui siamo certi è che dopo questa pandemia moltissime cose non saranno più le stesse e la cosa migliore che possiamo fare è cercare di capire quali parti del sistema reggeranno e quali sono più inclini al crollo. Perché non sarebbe saggio restare sotto le macerie. E il settore dell’automotive è quello che più di ogni altro sta scricchiolando sonoramente.

In tutto questo, ricordo, l’Italia sta per garantire un megaprestito a un gruppo di aziende dell’auto che pagano le tasse in Olanda e che hanno sede nel Regno Unito.

Quegli stessi 6,3 miliardi di euro posso essere utilizzato per chi perderà il lavoro nel settore e avviare una riconversione industriale. D’altronde se centinaia di aziende sono riuscite a riconvertirsi alla produzione di mascherine, respiratori, etc, non vedo perché non si possa trasformare un’industria che produce e distribuisce auto in una che produce e distribuisce microeolico, fotovoltaico, micromobilità, mezzi per la logistica e tutto ciò che serve all’Italia e al mondo di domani.

La cosa più saggia è correre ai ripari e cercare di limitare i danni.

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