Mobilità

Bologna | Mobilità post-Covid: nuove corsie ciclabili e sensi unici eccetto bici, poche pedonalizzazioni

Bologna | Mobilità post-Covid: nuove corsie ciclabili e sensi unici eccetto bici, poche pedonalizzazioni

Il 15 aprile 2020, quando tutta Europa era in lockdown e sembrava non ne saremmo mai usciti, a Bologna la Consulta Comunale della Bicicletta (organo consultivo del Consiglio Comunale composto dalle maggiori associazioni di cicloattivisti bolognesi come Fiab, e Salvaiciclisti) ha convocato la prima assemblea online dal titolo “La mobilità post-Covid” dove sono intervenute più di 100 persone che, guardando già al futuro, si preoccupavano del totale silenzio delle Istituzioni sulle prospettive e sulle prevedibili criticità dei trasporti, in particolare di quello pubblico, nella fase di ripartenza dalla pandemia.

Nuova corsia ciclabile in Via Saragozza

Due giorni dopo usciva il manuale di Bikeitalia su come disegnare il Piano Emergenziale della Mobilità Urbana post-Covid, segno che i pensieri delle associazioni bolognesi su come la bicicletta sarebbe passata dall’essere la Cenerentola delle pianificazioni ad un’alleata fondamentale per le amministrazioni, erano condivise.

Quell’assemblea ha generato molte idee e speranze: è partito subito il crowdfunding per la campagna #andràtuttinbici, pensata e finanziata dagli attivisti stessi e realizzata nei primi giorni della ripartenza post-Covid, la quale, dopo aver inondato di giallo le strade di Bologna, è stata messa a disposizione gratuita di tutte le amministrazioni e associazioni ed è stata diffusa già in 14 città (Modena, Reggio Emilia, Napoli, Trento, etc), tradotta in spagnolo, tedesco e ladino.

Campagna #andràtuttinbici affissa su un autobus

La seconda azione della Consulta è stata di aprire un confronto con l’amministrazione perché provvedesse a una rete ciclabile di emergenza, da realizzarsi tra maggio e settembre (in vista della riapertura delle scuole), seguendo l’esempio delle città tedesche e francesi, che si sono mosse per prime.

Dimostrandosi attento e preparato, il Comune di Bologna si è da subito attivato e il 15 maggio in una Commissione Mobilità convocata dal Consigliere Andrea Colombo che ha presentato un piano di ciclabili di emergenza di 15 km, basato sul Biciplan del 2015. Il piano era rimasto per lo più inattuato, ma la sua esistenza ha fatto la differenza in tempi e qualità progettuale rispetto agli interventi emergenziali delle altre città, le quali si sono mosse con più difficoltà, non avendo un contesto di pianificazione da cui partire; il Biciplan ha potuto disporre anche di specifiche – seppur limitate – risorse messe da qualche tempo nel bilancio comunale.

Rete Ciclabile Bicipolitana Bolognese

Al Comune è bastato così utilizzare le nuove norme nazionali per la realizzazione di corsie ciclabili in via emergenziale e le relative risorse per dare un’immediata accelerata a progetti ed opere che erano nel cassetto. Un vasto programma di interventi è stato portato avanti dal neo Assessore alla Mobilità Claudio Mazzanti (subentrato a Irene Priolo dopo la volata di questa in Regione) con decisione e senza tentennamenti di fronte a prevedibili resistenze politiche.

Il risultato a tutt’oggi, a lavori non ancora totalmente avviati, è senz’altro evidente ed è un grande balzo in avanti per la ciclabilità a Bologna che, prima, pochi avrebbero immaginato così immediato: finalmente abbiamo visto applicare alcuni standard progettuali che se non sono una novità assoluta per gli esperti, sono ancora qualcosa di nuovo per l’opinione pubblica italiana: le corsie ciclabili in carreggiata e i doppi sensi ciclabili.

Le corsie ciclabili sono state realizzate riservando semplicemente parte dello spazio precedentemente usato dalle bici nella normale viabilità: una modalità utilizzata per la prima volta su importanti e trafficate arterie di collegamento periferia/centro (via Saragozza/Porrettana, via Lenin) e di circonvallazione (via Casarini/Malvasia). In queste ultime vie, in particolare, sono state finalmente messe su strada le ciclabili di vecchia generazione, che erano condivise coi pedoni sui marciapiedi, segnando un importante conquista non solo progettuale, ma anche culturale: la ciclabile in carreggiata sancisce il diritto della bici a usare la strada, ad essere considerata un mezzo di trasporto a pieno titolo.

La reazione dell’opinione pubblica è stata forte su entrambi i fronti, anche tra gli stessi simpatizzanti della mobilità sostenibile: in molti hanno festeggiato nel sentirsi dedicare spazio sulle vie principali, ma tanti hanno sollevato paure e dubbi sugli effetti pratici della condivisione della strada. Al di là delle singole posizioni, in questa discussione pubblica abbiamo assistito a un cambiamento di prospettiva storico: anche i personaggi cittadini da sempre avversi alla ciclabilità non discutevano più il “se fare le ciclabili”, ma “il come”, ammettendo la necessità ormai largamente condivisa di incentivare l’uso della bicicletta.

L’uso intenso e quotidiano di queste corsie e l’assenza di particolari criticità (se non quelle legate ai parcheggi in doppia fila che necessiteranno di un po’ di tempo per conformarsi alla nuova realtà) è del resto la migliore risposta ai dubbi che tanti, anche legittimamente, hanno avuto su questa novità.

A breve, interventi analoghi partiranno sulle vie Corticella, San Donato e Murri/Toscana, tutti primari assi portanti del Biciplan per i percorsi periferia/centro. Ancora al palo invece l’importante asse della via Emilia, rallentato dalla probabile presenza della prima linea di Tram che però sarà completa solo nel 2024, e nel frattempo rimane uno degli assi a più alta incidentalità di Bologna. Altri due anni rimasti irrisolti da questa mandata di interventi sono via Andrea Costa (che inizialmente era stata inclusa e ora è sparita dai piani), via Mezzofanti, via della Barca, via degli Ortolani, viale Roma, via Salvemini e via Massarenti, un asse molto importante a Est della città perché ospita tutta la cittadella del Policlinico Sant’Orsola, enorme attrattore di traffico .

Un altro goal epocale è l’estensione dei “sensi unici eccetto bici” in alcune strade del centro (via Galliera/Strazzacappe sul percorso stazione/centro) che sta facendo da apripista per questa forma di condivisione della strada così diffusa all’estero, ma ancora di difficile adozione nel nostro Paese. C’è grande attesa per un altro doppio senso promesso dall’Assessore, e che tarda ad arrivare: quello di via Guerrazzi, senso unico che interrompe la possibilità di seguire in modo naturale una sorta di circonvallazione interna al centro la quale segue l’antico percorso della “cerchia del Mille” e che collega l’asse Sud del centro con la Zona Universitaria, altrimenti isolata, con grandi complicazioni e allungamenti di percorsi per chi pedala, come i tantissimi studenti universitari che abitano a Sud.

Anche su alcune operazioni di arredo urbano e segnaletica, proposte dalla Consulta, il Comune non si è trovato preparato: 50 incroci del centro storico da dotare di casa avanzata, l’installazione di nuove rastrelliere, apertura delle corsie bus alle bici sulle radiali principali e altri doppi sensi strategici in centro storico, dove all’epoca della dissennata campagna “ciclisti selvaggi” la Polizia Municipale faceva incetta di contravvenzioni (inutili in quanto strade a zero incidentalità, per lo più pedonali): via Azzo Gardino, via IV Novembre, piazza Puntoni, via Rialto, via Marsili.

Intanto vanno avanti anche alcuni interventi già previsti pre-Covid, su due importanti colli di bottiglia rappresentati dal superamento del fascio ferroviario sui trafficatissimi ponte di via Stalingrado e sottopasso di via Zanardi: anche qui si sposteranno su strada gli attuali asfittici e pericolosi percorsi condivisi con i pedoni, e lo stesso dovrebbe farsi a breve sul ponte ferroviario di via San Donato, completando così l’opera di ridisegno delle ciclabili più disagevoli disegnate negli anni ’90 direttamente sui ponti pedonali.

Sembra finalmente che si sia conclusa, almeno a Bologna, la triste guerra tra poveri che vediamo spesso sventolare come km di ciclabili dalle amministrazioni meno avvedute, le quali realizzano percorsi ricavati dai marciapiedi, anziché sottrarre spazio alle auto.

Crediamo che al termine di questa prima fase di cantieri tutti i bolognesi si renderanno conto della novità rappresentata dalle corsie ciclabili, poiché saranno diffusamente presenti sui alcuni dei principali assi di comunicazione della città, aumentando così la consapevolezza di dover condividere la strada anche con le biciclette.

Durante la “Settimana Europea della Mobilità”, in programma dal 16 settembre, verrà presentata una seconda fase della campagna #andràtuttinbici, sostenuta questa volta da Comune e Città Metropolitana, che ha l’obiettivo di rafforzare la promozione dell’uso della bicicletta anche alla luce delle nuove infrastrutture ciclistiche completate ed in corso di realizzazione, dimostrando di credere davvero a questa piccola lenta rivoluzione. Il claim della campagna è “una strada per tutti”, raccontando proprio la bellezza e la necessità di condividere lo spazio.

Sul fronte delle pedonalizzazioni e dell’allargamento delle zone a traffico calmierato (Zone 30, strade condivise 20 km/h con precedenza ai pedoni, strade scolastiche, spazi di rigenerazione urbana) invece l’intervento del Comune di Bologna è stato meno concreto, limitandosi ad approvare un piccolo piano – ancora da realizzare seppure “emergenziale”- che prevederebbe la creazione in quartieri periferici di quattro aree di pedonalità in prossimità di altrettante scuole, la realizzazione di due playground di basket e giochi a terra su spazi già pedonalizzati e la rigenerazione urbana di tre aree oggi in disuso, un intervento tardivo e poco ambizioso per una città che ha bisogno di aumentare gli spazi all’aperto a favore delle persone e della salute pubblica.

Le associazioni di base di genitori, ciclisti, abitanti di quartiere, urbanisti, uniti nel comitato Strade Aperte, stanno facendo pressione su questo fronte perché vengano adottate iniziative e piani, anche di tipo emergenziale, per estendere gli spazi da strappare all’uso automobilistico per riservarli alle persone, famiglie, bambini, anziani, soprattutto in periferia e nei punti dove è più pressante e caotica la pressione del traffico rispetto alla centralità sociale, ma la sensazione è che non ci sia ancora una maturità, sia culturale che progettuale, per portare avanti l’elementare diritto a camminare e muoversi a piedi in sicurezza, ancora prima che in bici.

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