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Da qualche anno le vie delle nostre città sono state teatro di un fenomeno, sempre più crescente, che riguarda allo stesso tempo un mezzo di spostamento e un mezzo di sostentamento. Ovvero l’uso della bici abbinato alle consegne di cibo a domicilio.
Non è una realtà nuova (e qualcuno forse avrà in mente immagini in bianco e nero di bici cargo usate per lavoro) ma quello dei “rider” (o ciclofattorini) è un mondo sempre più presente nelle nostre quotidianità.
Forse associamo le consegne a motorini sfreccianti nel traffico. Ma quanti di voi hanno visto un ragazzo o una ragazza in sella ad una bici con uno zainone sulle spalle con quelle scritte sgargianti?
Sì, sono proprio loro ed ora vi scrive uno di quelli.
Quanto guadagnano i ciclofattorini che vi portano il pranzo o la cena a domicilio?
Va detto prima di tutto che, in Italia, nonostante le deliberazioni di vari tribunali ed enti competenti in merito, i rider, in bici e no, non sono dipendenti delle aziende per cui lavorano. Prestano servizio in maniera autonoma e al di sopra di una quota di guadagno (5000 euro lordi) devono aprire partita Iva.
Sul guadagno lordo, in regime semplice, il 20% è versato come ritenuta d’acconto, con partita Iva vanno aggiunti i contributi Inps.
Va da sé che, essendo autonomi, sono a nostro carico i mezzi di trasporto, la bici e il cellulare che usiamo per accettare gli ordini e dirigerci dal cliente.
Solo il recente contratto collettivo nazionale del settore – firmato tra l’Assodelivery (che riunisce le grandi aziende come Deliveroo, Just Eat
ecc..) e un sindacato largamente minoritario (Ugl) ed entrato in vigore a novembre (e “accolto” dai rider con uno sciopero) – ha stabilito il dovere per le aziende, di fornire i dispositivi di sicurezza, come giacche catarifrangenti e casco, nonché l’assicurazione sugli infortuni (quella sul mezzo e a conto terzi è a nostro carico).
Lo stesso contratto ha stabilito anche un’uniformità di guadagno, per quanto riguarda il compenso minimo: 10 euro lordi l’ora, calcolati sul tempo stimato di consegna dell’ordine. Più consegni (e in meno tempo) e più guadagni. Di fatto il solito basilare cottimo.
Al costo della consegna, che si aggira di solito, in media sui 5 euro lordi (4 euro netti), se si è fortunati si potrà aggiungere un incentivo, soprattutto nelle ore di maggiore richiesta e nelle aree di nuova apertura, oltre che a limitate indennità per le ore notturne, la pioggia e le festività (che vanno dal 10% al 20%).
Se si riescono a fare un paio di consegne all’ora per tre ore, potete tornare a casa con circa 25 euro in tasca.
Le piattaforme non garantiscono un numero minimo di consegne: spesso le ore passano con una consegna o due e a volte con nulla di fatto. Solo in alcuni casi (nelle aree di nuova apertura, fino a 4 mesi) viene corrisposto un minimo (7 euro all’ora) anche in assenza di consegne o in caso di una sola consegna in un’ora al di sotto di quella cifra.
La possibilità di ottenere consegne dipende spesso dalle quantità di “slot” e ore ottenute che l’azienda assegna in base a statistiche di produttività e di merito (a volte molto oscure da capire).
Durante il primo lockdown, ho lavorato personalmente 3 ore al giorno per 7 giorni a settimana, arrivando a guadagnare anche 200€ a settimana (con tutti gli incentivi).
Ma i guadagni hanno l’andamento della domanda e soprattutto della disponibilità di ore. Sempre più ciclofattorini si lamentano che con il nuovo contratto gli ordini e il guadagno sia diminuito, anche a causa del maggiore afflusso di rider che le piattaforme favoriscono.
C’è chi assicura di riuscire a guadagnare, nelle grandi città, anche 1.200€ al mese, ma a condizione di lavorare a tempo pieno tutti i giorni.
Chi di voi se la sentirebbe di pedalare tutto il giorno a queste condizioni?
Ho visto dei riders nella mia città (Torino) in sella a delle e-bike che costano qualche migliaia di euro. Non conoscendoli personalmente non posso sapere quali sono le loro disponibilità economiche ma mi sembra difficile che siano di loro proprietà. Non è possibile che vi siamo organizzazioni che fanno accordi con i ristoranti e poi subappaltano a questi ragazzi? Siete a conoscenza di qualcosa del genere? Grazie. Gianni
Come fa a dire che si tratta di ebike “che costano qualche migliaia di euro”? E perché ritiene che sia “difficile che siano di loro proprietà”?