Bici

“Tutti i corpi in bici”, il cortometraggio che promuove la body positivity contro gli stereotipi

“Tutti i corpi in bici”, il cortometraggio che promuove la body positivity contro gli stereotipi

Magro e tonico infilato in una tutina di lycra attillata, possibilmente senza un filo di pancia ma con muscoli e polpaccetti scolpiti ben in vista e con volto incorniciato da una barba hipster (per lui) o da una treccia ordinata che spunta dal caschetto (per lei). È questo il corpo del Ciclista Sportivo rappresentato nelle immagini che ci circondano, è questa la “bellezza in bicicletta” che ci consegnano molti media e brand ancora inzuppati di stereotipi. Ad allargare gli orizzonti per il nuovo millennio e portare una voce fuori dal coro in questo immaginario standardizzato ci provano due donne americane, Kailey Kornhauser e Marley Blonsky, le protagoniste di All Bodies on Bikes, il cortometraggio di Shimano uscito il 29 marzo 2021.

Kaily cresce nella periferia di Chicago ma ama la natura e la montagna, tanto da trasferirsi nell’Oregon per seguire un dottorato sulla gestione delle risorse naturali. A 4 anni usa per la prima volta la bici giusto per andare a prendersi un panino alla gastronomia locale. Ama viaggiare su lunghe distanze, lentamente, scoprendo fin dove le due ruote possono portare il suo corpo grasso, felice e potente.

Shimano All Bodies on bikes

Marley abita a Seattle, si occupa di sostenibilità ambientale, è un tipo sportivo, si sposta in bici e con una cargo bike porta in giro i suoi cani. Come Kaily non solo è una donna grassa ma soprattutto non si vergogna di esserlo, rispetta e celebra il suo corpo e invita le altre donne a fare lo stesso.

Le nostre due donne si conoscono su instagram tra gli hashtag #BodyPositive #bikes #bikepacking  #WhithTheesThings #shredthepatriarchy #fatbiker: cose per chi ha un corpo di grandi dimensioni, per chi fatica a trovare il vestiario adeguato per pedalare e per chi, nonostante gli stigmi, non si arrende e decide di rivendicare il diritto di essere rappresentato nel mondo sportivo, chiedendo che questo diventi più accogliente e inclusivo con le grandi taglie. Perché a guardarle bene, le immagini che ci raccontano lo sport e la bicicletta, si assomigliano parecchio e ci inducono a credere che NON tutti i corpi sembrano fatti per pedalare.

All bodies on bikes Shimano in sella

Da qui l’idea e il titolo del cortometraggio All Bodies on bikes con il racconto del viaggio che Marley e Kaily decidono di fare insieme. Si tratta di due giorni in bikepacking lungo il Corvallis fino a Coast Trail, un percorso di 65 miglia dalla soglia di casa fino all’Oceano, attraverso il verde della splendida Oregon Coast Range. Una sfida personale e mediatica che ha un obiettivo preciso: da un lato mostrare queste due donne, i loro grandi corpi in sella, stanchi, felici e liberi in bicicletta come quelli di tutti gli altri cicloavventurieri. Dall’altro lato si vogliono far emergere i loro vissuti che escono fuori strada facendo con parole semplici e intime.

Mentre le due donne pedalano si raccontano e affrontano temi delicati come i disturbi alimentari, le discriminazioni legate alla grassofobia o al fat shaming, l’ossessione della nostra società per il peso e anche il vuoto della comunità ciclistica relativo alla cosiddetta “size inclusion” e all’impossibilità di trovare capi tecnici in taglie grandi, vuoto in cui loro si sono inserite per dare un contributo e fare la differenza. Da tempo infatti organizzano workshop, scrivono e fanno da consulenti alle industrie del settore su questo tema.

Dice Kornhauser: “Le persone associano dei significati negativi alla parola grasso, pensano che grasso significhi pigro, indesiderabile, brutto ma grasso è solo la descrizione del tuo corpo. Noi ci riprendiamo questa parola e lasciamo i suoi significati negativi indietro”. E poi spiega: “Non è semplice parlare dei propri corpi, le persone si emozionano, indipendentemente dalla loro taglia. Io ho avuto un rapporto negativo col mio corpo e questo mi ha limitata, ho sempre creduto che se fossi stata in un corpo più piccolo la gente mi avrebbe presa diversamente, più seriamente, mi sarei sentita molto meglio nei vestiti. Fin da piccola ricordo di essere stata più grande degli altri bambini e sempre con l’obiettivo di dover cambiare per somigliare a loro”. Aggiunge Marley: “Quando tutto il mondo ti dice che sei grasso e brutto, che non va bene come sei, fatichi ad andare avanti”.

Shimano body positivity

E poi Kaily ricorda l’incontro col nutrizionista e i giudizi pesanti ricevuti dagli adulti che non hanno compreso il problema: “Questo ha fatto male e ancora fa male”.

Ciò che lei e Marley stanno facendo è quindi cambiare la narrazione stigmatizzata che le ha schiacciate, impegnandosi per le donne di oggi e soprattutto per le prossime generazioni.

Nel cortometraggio, che  dura 13 minuti, i loro discorsi intensi e a tratti commoventi si alternano con le immagini lungo il percorso: sforzi e soddisfazioni, salite in cui si scende e si spinge la bici, discese e risate. Dice Kaily: “Siamo qui per divertirci. Vorrei che la gente si sentisse incoraggiata, si può andare in bici ovunque si vuole. E non è la velocità a rendere un ciclista esperto!”.

Al termine della prima giornata Marley – che non ha mai fatto un viaggio così impegnativo –  racconta che è stata dura ed emozionante: “La bicicletta mi fa sentire viva, mi dà gioia e ora, dopo la fatica, mi sento più forte di prima”.

Si guadagnano così la mèta, al tramonto del secondo giorno arrivano all’Oceano. Le due in spiaggia pedalano fra le onde, Marley in sella nel suo vestito a fiori a piedi nudi, le scarpe sono appese ai bagagli, mentre ascoltiamo i pensieri di Kaily in sottofondo che dice che la loro è una lotta costante, quotidiana, non è semplice raccontarsi chi siamo e trovare il proprio ideale dentro di sé, al di là di tutto.

Il filmato però non si chiude con un tuffo catartico nell’Oceano, strappandoci una lacrimuccia, ma anzi rilancia. Ritroviamo infatti le nostre protagoniste in città, in bicicletta insieme a molte altre donne. Come a dire che il cambiamento culturale e sociale è già per le nostre strade, va riconosciuto e rispettato. Le persone come Kaily e Marley non hanno più intenzione di nascondersi: siamo nel 2021 e anche nel mondo della bicicletta c’è spazio per questi temi e soprattutto si respira un nuovo grande entusiasmo.

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Commenti

  1. Ludovico ha detto:

    Molto intenso ed istruttivo, grazie per aver dato spazio e risalto a questa tematica.

  2. Maurizio ha detto:

    Da studi pubblicati dal CENTER FOR DISEASE CONTROL il 70% degli americani è obeso.
    Il video è stupendo ed appassionante come tutti i video di viaggi in bici, e loro sono motivanti e incoraggianti, ed il messaggio è si può fare perciò fallo” jast do it”.
    Ma per me lo stereotipo rimane, anzi deve rimanere il punto di riferimento.
    Io sono un pò in sovrappeso e non lo sono sempre stato, pedalo e non mi vergogno, pero quando ero più magro, era nettamente meglio sotto tutti gli aspetti e punto a ritornare in forma.
    Una condizione debilitante non deve essere un ostacolo ma nemmeno un PRIDE se no il messaggio diventa fuorviante, perchè in ballo non c’é sempre e solo l’immagine e il riconoscimento sociale ” LIKE..LIKE…LIKE” Ma anche la salute.
    Dice Kaily: “Siamo qui per divertirci. Vorrei che la gente si sentisse incoraggiata, si può andare in bici ovunque si vuole. E non è la velocità a rendere un ciclista esperto!”.
    Se pedalando dovessero dimagrire e tornare in forma non penso che farebbero di tutto per tornare grasse, come non si preoccuperebbero se non succedesse.
    Maurizio ciclista 365, 366 nei bisestili.

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