Mobilità

Al centro del Codice della Strada dovrebbero esserci gli utenti, non le infrastrutture

Un Codice della Strada che metta al centro le persone e non le infrastrutture, perché per aumentare la sicurezza stradale è necessario un cambio di paradigma e ripensare la mobilità delle nostre città a partire dall’introduzione del limite di 30 km/h in ambito urbano. Sono diversi i temi toccati da Paolo Gandolfi – Direttore Area Sviluppo Territoriale, Comune di Reggio Emilia – nel suo intervento a MobilitARS 2022, evento realizzato da Bikenomist in collaborazione con il Comune di Reggio Emilia.

“In Italia abbiamo circa gli stessi abitanti delle Gran Bretagna, ma abbiamo circa il doppio dei morti sulle strade: 3.400 morti ogni anno, un numero assolutamente intollerabile, dice Gandolfi. E aggiunge: “La morte per incidente stradale è la prima causa di morte per tutti gli italiani maschi sotto i 50 anni di età. È un argomento assolutamente sottostimato da tutti e su cui non c’è un approccio coerente”.

Perché non si riescono a ottenere risultati apprezzabili? “Quando io ero bambino c’erano 12.000 morti sulle strade italiane: oggi 3.400, quindi la situazione è indubbiamente migliorata: però la violenza stradale continua a colpire in particolar modo i soggetti più vulnerabili della mobilità – pedoni, ciclisti, bambini, anziani. Dove è migliorata di più la sicurezza è sulle automobili, nelle strade extraurbane e sulle autostrade, per i conducenti e i passeggeri. Purtroppo non nelle città”.

E la ragione, secondo Gandolfi, è molto semplice: “Noi affrontiamo il tema della sicurezza stradale sempre nella stessa maniera dagli Anni Cinquanta in poi, ossia un approccio sostanzialmente passivo: ‘proteggi’ e ‘dividi’. Ad esempio a mio avviso i guard-rail nelle città dovrebbero scomparire: non proteggono, a volte uccidono (soprattutto i motociclisti) e inducono a pensare che siccome c’è il guard-rail ci si possa comportante in una certa maniera (cioè: correre, ndr)”.

Utenti della strada Codice della Strada pedonalizzazione sicurezza stradale

Quindi più che pensare alla separazione dei flussi tra le diverse utenze – che tanto prima o poi si troveranno ad interagire ad un’intersezione – per Gandolfi è necessario un netto cambio di paradigma: “Bisogna mettere in sicurezza le intersezioni e sconfiggere l’idea di sicurezza su qualcosa che viene da fuori bisogna esagerare un po’ nella direzione opposta: cioè forzare la mano nella direzione della condivisione e dell’attenzione”.

Condivisione in quanto chiave per l’attenzione: secondo Gandolfi è necessaria una legge perché nelle città ci sia il limite di 30 km/h: “La velocità dei 30 all’ora è un punto di civiltà da cui si parte: ci vuole un cambio di approccio. L’unica maniera per ridurre gli incidenti nell’area urbana è accrescere il livello di attenzione di chi guida il mezzo più pericoloso”.

Al centro del Codice della Strada dovrebbero esserci gli utenti della strada, non le infrastrutture. Mi spiegate a che cosa servono 5 metri di corsia in una strada a 50 km/h? È un controsenso! Ci vorrebbe una norma che dice ‘in una strada a 50 km/h la corsia non può essere maggiore di 3 metri di larghezza’, perché più di 3 metri di larghezza induce l’automobilista ad allentare il livello di attenzione e di responsabilità nei confronti degli altri utenti”, conclude Gandolfi.

Commenti

  1. Avatar RD ha detto:

    Condivido pienamente questo approccio.
    Prima gli utenti e soprattutto priorità a pedoni e ciclisti, per ritrovare una città a misura per le persone e non per i veicoli. Spazi dove sia bello “stare”, passeggiare, incontrare persone, quindi vivere. Poi e’ imprescindibile che i mezzi debbano avere il loro ruolo e sarebbe anacronistico pensare ad una città senza auto e mezzi. Ma importante e’ che ci siano le condizioni di convivenza e rispetto di tutti. Del pedone, del ciclista, dell’automobilista: pensare a tutto questo significa creare città vive e dinamiche che pensano alla qualità ma senza dimenticare le necessità.
    Complimenti a questi passi importanti.

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