Pedalate in Faccia | La libertà della guida ha ucciso Giovanni
Si fa fatica anche solo a pensare a quello che è successo a Porcia di Pordenone, dove un ragazzino di quindici anni, Giovanni Zanier, è stato travolto e ucciso da un’auto irresponsabilmente guidata da una militare americana ubriaca.
Si fa ancora più fatica a scriverne, per il rispetto dovuto di fronte a dolori così grandi e irreparabili.
Però una cosa va pur detta: come si fa ancora a tollerare che le nostre vite dipendano dalla maggiore o minore consapevolezza e abilità di chi ha in mano un oggetto capace di uccidere? Dobbiamo aspettare che la guida autonoma divenga – chissà quando – un obbligo o possiamo pretendere che sulle auto vengano sin d’ora inseriti tutti i meccanismi di controllo automatico dei comportamenti che saranno intrinseci nelle auto a guida autonoma, a cominciare da quelli sulla velocità?
L’auto per come la conosciamo è un oggetto barbaro, nonostante tutti gli accessori che oggi vi si installano; la barbarie infatti non è tecnologica ma culturale: sta nel continuare a voler comunque garantire con immorale protervia la ‘libertà’ della guida, quella libertà in nome della quale una persona qualsiasi, poco importa chi fosse, ha potuto disporre della vita di un ragazzino di quindici anni, mettendovi fine.
Addio, Giovanni.
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