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Rischio improvvisazione nel cicloturismo: i fattori da valutare

Rischio improvvisazione nel cicloturismo: i fattori da valutare
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Rischio improvvisazione nel cicloturismo: i fattori da valutare

Rischio improvvisazione nel cicloturismo: i fattori da valutare

Sono numerosi i report, le indagini e gli studi che confermano il trend in ascesa del cicloturismo. Molte Regioni, ATP e Comuni italiani stanno investendo o cercando fondi per la promozione e per interventi strutturali (piste ciclabili, servizi, infrastrutture). È un ottimo segno, giusto?

Giusto. Però.

Bando all’improvvisazione

Però c’è il dubbio che non sia tutto così semplice e che dietro l’angolo ci sia un rischio, quello dell’improvvisazione. Operatori turistici che senza esperienza cominciano a progettare vacanze in bici e outdoor, guide turistiche non certificate, bike hotel che non lo sono, ma soprattutto una promozione basata su dei vorrei-ma-non-posso di alcuni territori che vedono l’opportunità ma non hanno le carte (o le infrastrutture) per convertirsi a destinazione cicloturistica.

Gli stessi operatori turistici sono alla ricerca di certezze, si prenda ad esempio il Piemonte. Gli operatori del cicloturismo piemontese, come risulta dalla prima indagine condotta dall’Osservatorio Turistico della Regione con un focus sull’estate 2022, chiedono di migliorare l’offerta e la comunicazione delle attività, di potenziare la promozione di alcuni territori, di far crescere le reti di collaborazione tra soggetti e di intervenire con nuove norme sugli accompagnamenti. Queste richieste sono più che legittime perché se mancano queste condizioni il risultato, per i viaggiatori, può essere un disastro.

Basilicata app cicloturismo
Imprevisti nel cicloturismo: rischio improvvisazione

Cicloturismo: le tre aree di rischio

Personalmente ho individuato tre aree di rischio, che abbracciano tre temi principali: infrastrutture e destinazioni “impreparate”; le guide cicloturistiche; la promozione.

1. Destinazioni “impreparate”

La prima area riguarda proprio il territorio. Cosa succede quando una destinazione si comunica come meta cicloturistica ma poi mancano le infrastrutture e i servizi? Vi sarà capitato di attraversare zone bellissime ma con gravi mancanze, io penso ad esempio ad alcune strade piene di buche e male asfaltate, che intersecano strade a grande percorrenza o che si infilano in campi coltivati o aree isolate. Luoghi in cui spesso manca la segnaletica, non ci sono punti di servizio come ciclofficine o colonnine per piccole riparazioni o ricaricare le e-bike e dove gli alloggi non sono attrezzati per ospitare le biciclette. In questo caso se i ciclisti più esperti se la possono comunque cavare egregiamente, i cicloturisti meno abituati possono ritrovarsi nei guai. E che dire della mancanza dei trasporti? Ci sono zone in cui non ci sono treni né bus attrezzati e l’intermodalità diventa un’utopia. Non basta dichiararsi destinazione cicloturistica per esserlo veramente. È necessaria una seria pianificazione che preveda ogni aspetto.

2. Guide cicloturistiche

Area di rischio numero due: le guide cicloturistiche. È un tema che crea dibattito, visto che ci sono, è vero, alcune regioni che riconoscono, in seguito a corso di formazione, esame ed abilitazione, figure abilitate ad operare in ambito professionale e turistico; ma non in tutte le regioni esiste un albo specifico per la figura della “guida in bicicletta”. In vari corsi organizzati dalle Regioni non viene neppure toccato il tema del turismo in bicicletta e le problematiche connesse all’essere professionalmente preparati ad affrontarle. In questi casi si cerca di colmare la lacuna con la cooperazione. Ma con quali risultati? Non è possibile dare una risposta univoca, ma, senza linee guida, l’incertezza e le incognite sono dietro l’angolo. Non basta conoscere un po’ il territorio e saper andare in bici per poter guidare un gruppo di turisti. Bisogna conoscere i luoghi in maniera approfondita, avere competenze in primo soccorso, essere in grado di fornire assistenza tecnica e conoscere almeno l’inglese, considerando che i cicloturisti stranieri sono in crescita sul territorio italiano.

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3. La promozione

Area di rischio numero tre: la promozione / comunicazione. Un errore comune è l’uso di linguaggi, mezzi e strumenti non adeguati. Ancora oggi molti enti e siti pubblicano tracce e percorsi non convertibili nelle app: vengono caricati sul sito dei documenti in pdf, spesso anche molto curati e corredati di lunghe spiegazioni e consigli, ma poco “maneggevoli” durante un viaggio. In taluni casi le pagine del sito internet non sono compatibili con la lettura da mobile. Altri hanno strutture talmente complicate che condannano alla resa, non si riesce ad approfondire.

In altre situazioni vengono emessi altisonanti comunicati stampa che raccontano di nuove ciclabili, percorsi, progetti, ma poi i siti di riferimento non riportano che poche informazioni. A volte mancano le informazioni pratiche. Spesso mancano i contatti, i punti di appoggio e di informazione specifica e se ci sono, non sempre il personale è qualificato.

Per quanto mi riguarda la comunicazione e la promozione sono fondamentali ma devono essere ancorate su basi solide. Non vi tedierò con le regole base della comunicazione efficace, ma se devo promuovere un prodotto turistico per chi viaggia in bici devo tenere a mente tre fattori:

  • non mentire sull’offerta, la trasparenza è fondamentale. Devo raccontare solo quello che esiste veramente. Se ti racconti come Bike Hotel, devi avere i servizi da bike hotel, non basta avere il noleggio delle biciclette e un opuscolo con gli itinerari intorno a te;
  • decidere a chi voglio parlare. Usare termini troppo tecnici e ridondanti per comunicare percorsi cicloturistici “per tutti” non ha senso. Quello che è necessario è trovare il linguaggio giusto e dare tutte le informazioni utili in forma adeguata, utilizzando sempre i mezzi più appropriati;
  • affidarsi ai professionisti. Non siamo tutti graphic designer o professionisti della comunicazione. Per non incappare in errori madornali, rese grafiche di basso livello o testi incomprensibili, fate affidamento su chi ne ha le competenze.

Opportunità alla Fiera del Cicloturismo 2024

Questi sono i rischi. Ovviamente ci sono moltissime opportunità che in tanti hanno saputo cogliere e sviluppare in prodotti eccellenti che sono stati comunicati in modo straordinario. Per conoscere queste eccellenze, non dimenticate di partecipare alla Fiera del Cicloturismo, a Bologna dal 5 al 7 aprile 2024.

FIERA DEL CICLOTURISMO 5 – 7 aprile

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Commenti

  1. Avatar Fabrizio ha detto:

    Ottimo articolo e chissà quando verranno normate queste figure di accompagnatori.
    Personalmente per riuscire a organizzare delle escursioni ho fatto una formazione prima come accompagnatore e poi come maestro istruttore con AMIBIKE , con relativo investimento formativo ed economico.
    Questo tipo di attività , non essendo riconosciuta, da modo a chiunque si metta in sella di organizzare tour/escursioni senza un minimo di preparazione e senza assicurarsi delle condizioni di salute delle persone e polizze assicurative assenti…
    Purtroppo vengono sempre valutate solo le offerte economiche.

  2. Avatar Chris ha detto:

    Da un lato sono d’accordo con la maggior parte di questo articolo, ma dall’altro mi sembra un approccio tipicamente italiano. Va bene fino a un certo punto, visto che è pensato per il cicloturismo italiano, ma il punto lo fa nell’articolo sui turisti stranieri. Ed è qui che non sono sicuro di essere completamente d’accordo:

    1. Non sono sicuro di essere d’accordo che sia necessario che ogni attività di cicloturismo parli inglese… c’è spazio anche per le aziende che puntano sul mercato italiano
    MA
    2. se si accetta il presupposto che la capacità di comunicare in inglese è un prerequisito per chi cerca turisti stranieri, beh allora in quel caso direi che la capacità di parlare/scrivere/tradurre la lingua è insufficiente… bisogna anche capire le abitudini culturali e le aspettative dei tuoi potenziali clienti.

    Secondo me c’è anche il rischio dell’eccesso di regolamentazione (che ovviamente è stereotipicamente italiano) e del protezionismo (sicuramente l’innovazione è un’opportunità non un rischio?)… e anche qualcosa che è più difficile da definire… sanificare tutto troppo organizzazione, eliminando tutti i rischi (che le persone giustificano in nome della sicurezza), eliminando tutta l’eccitazione e la spontaneità… e uccidendo ogni senso di avventura. Il cicloturismo italiano deve trovare una strada che non lo faccia, perché l’avventura è ciò che sognano gli stranieri quando pensano al ciclismo in Italia!

  3. Avatar Lucia ha detto:

    Sono FIAB da 17 anni e affermo che spesso le persone quando salgono in bici scordano di essere anche autisti della propria auto. Pedalano in mezzo la carreggiata,fino ad invadere quella contromano . Tanto si sentono ” giustificati” dal gruppo . E se hanno l’ e.bike non aspettano nessuno .

  4. Avatar attilio pecchenino ha detto:

    Non basta conoscere un po’ il territorio e saper andare in bici per poter guidare un gruppo di turisti. Bisogna conoscere i luoghi in maniera approfondita, avere competenze in primo soccorso, essere in grado di fornire assistenza tecnica e conoscere almeno l’inglese….parole sante

  5. Avatar Enzo ha detto:

    Per esperienza e delusione personale posso affermare che il Veneto è ricco di offerte turistiche ed opuscoli con descrizioni di “ciclabili” che poi tali non sono. Strade di comunicazione locale con traffico ragguardevole e l’investimento sempre in agguato non possono essere definite “percorsi ciclabili” giocando sull’ambiguità. Qualche tomo di canale con fondo da ciclocross e totale assenza di qualsivoglia servizio, non deve essere spacciato per viclovia. !!

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