Nelle discussioni sulle “Città 30”, e intendiamo qui discussioni serie e non gli sproloqui sgangherati dei soliti noti, si ripropone tipicamente la posizione delle aziende di trasporto urbano che paventano nel limite dei 30 km/h un significativo fattore di riduzione dell’attrattività del servizio e di aumento dei costi di esercizio.
Altre fonti, riferibili a soggetti meno aziendalmente interessati, non confermano affatto tale rischio (basti pensare che la velocità media dei bus a Milano è di 13 km/h, e che con una distanza media tra le fermate di 250 metri un bus può raggiungere i 50 km/h giusto per una manciata di metri), ma non è questo il punto che si vuole qui sollevare.
La sosta selvaggia nuoce gravemente al trasporto pubblico
Il punto è piuttosto che vi sono anche altri e più rilevanti aspetti che condizionano la circolazione del trasporto pubblico, a cominciare dalla sosta più o meno selvaggia che in tutte le nostre città causa ben più pesanti riduzioni nelle velocità commerciali e nella regolarità di esercizio.
È questo un fatto a tutti noto e stranoto, davanti al quale nulla si è fatto e si continua a fare, attribuendo implicitamente con questo maggior valore a chi deve parcheggiare la propria auto (e può poi partecipare alle elezioni) rispetto a chi muore in un incidente (e alle elezioni non partecipa più).
Che si sollevi il problema dei ritardi dei bus quando sono in gioco le vite dei cittadini e non lo si faccia quando si tocca il diritto di sosta ‘a prescindere’, è cosa ben difficile da accettare.
È vero, avete ragione, si tratta del solito ‘benaltrismo’; ma questa volta l’altro di cui sarebbe meglio occuparsi è davvero di ben maggiore importanza.
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